Carisma e storia

Parola tra noi
Luigi Giussani

Sorpresa di spunti che il dialogo tra i responsabili di Comunione e Liberazione insieme a don Giussani, specialmente in due ultime occasioni, ha reso possibile - Gennaio 2001

La cosa che più mi colpisce in questi tempi è che qualunque sia il momento che un uomo sta attraversando – anche il più drammatico, quello in cui non si fa altro che subire colpi -, può tranquillamente offrire a Dio. E subito ti ricordi di avere detto a decine di migliaia di persone che bisogna fare la volontà di Dio e che la volontà di Dio è nel concreto dell’esistenza. E che, quindi, se tu non offrissi a Dio quel che fai, la tua vita non arriverebbe al livello del Salvatore, non parteciperebbe alla vita del Salvatore, alla funzione redentrice di Cristo. Ma – e questo è il punto più interessante (i Salmi hanno pagine intere che ne parlano) - Dio non è fermato dal tuo male, dal tuo peccato; non si fermerebbe quando non trovasse la coscienza della grazia ricevuta. La Chiesa, il corpo di Gesù Cristo, va avanti, si apre la strada in mezzo alla tempesta, a tutte le tempeste, alla confusione e al dissesto che vengono nella vita terrena: proprio a questo livello si crea una sorgente che nell’uomo non c’è - non ci può essere se non come tentativo -, una sorgente che è una forza, la forza di un amore misteriosamente, inspiegabilmente capace di perdonare il male: misericordia (per cui il nostro atteggiamento verso di Lui e verso tutti quelli che ci sono vicino, dovrebbe essere fondato, ultimamente fondato, sul dolore del proprio male. E poi sul perdono. E quindi, dopo di questo, pace e consolazione).
Siccome tutta la nostra debolezza è lasciata da Dio fino alla fine, la misericordia è l’aspetto segreto, la parola più segreta di Dio. Come origine è la più segreta di Dio; ed è la più vasta come applicazione.
È mistero l’Avvenimento
Dio non si capisce, Dio è mistero e se il Mistero si è rivelato in un Uomo, quell’Uomo lo capisce chi riconosce che è Egli stesso Mistero, chi lo guarda come Mistero. Infatti i primi apostoli e i primi che hanno seguito gli apostoli “bofonchiavano” fra di loro, come dice il Vangelo, ma alla fin fine ammutolivano di fronte al Mistero, all’incomprensibile.
Il paradosso più grande sta proprio qui. Come possiamo noi spiegare che Giancarlo, con la tragedia che l’ha colpito, potesse essere aiutato, potesse trovare la forza, potesse trovare quello che ha trovato pur nel confuso guazzabuglio di dolore e di non speranza che il momento poteva essere capace di dare? L’avvenimento è un mistero, ma è un mistero cui ci si può ricondurre per spiegare l’origine esistenziale di tutto.
Il sito di questo Mistero, dove il Mistero si fa sentire - sentire! - è la presenza di Cristo nella storia, cioè la Chiesa. Per questo soltanto chi svolge la conoscenza della natura delle cose nel modo che la tradizione ci rimanda, soltanto quell’uomo è nella posizione giusta di fronte al Signore. Posizione giusta di fronte al Signore non è quella di chi non sbaglia o non ha sbagliato, ma quella di chi non pretende (pre-tende); non pretende qualche cosa prima, prima della Sua venuta. Per questo la parola misericordia deve essere consapevolmente innalzata davanti agli occhi del popolo cristiano il più possibile. Perché è l’unica parola che si può dire non sotto l’arma, dietro l’arma di una cosa difficile, bensì di una cosa che arriva a noi in sezione facilissima, ma la più difficile da accettare.

L’antefatto
L’io consiste di conoscenza e libertà. Ma non possiamo arrivare a identificare bene i passaggi della conoscenza e le mosse della libertà, se non avendo già come antefatto la coscienza dell’io. Dov’è l’io? Che cos’è quel qualcosa che c’è nel mondo, la cui autocoscienza e la cui libertà sono come strumenti per l’educazione?
Prima di parlare della dinamica di conoscenza e libertà, quindi, c’è un antefatto di cui prendere coscienza: l’io. Non è un “prendere coscienza dell’io” fondato a livello psicologico, ma un “prendere coscienza dell’antefatto dell’io come fatto storico”: c’è l’avvenimento, qui c’è l’avvenimento.
Cosa è questo pezzo di diamante che c’è sulla terra e che chiamiamo “io”? Prima di fare l’analisi chimica del materiale di una pepita che trovi in riva al mare, trovi la pepita. Perciò l’io è una cosa che trovi, la persona è una cosa che trovi; trovandola, la prendi da una parte e dall’altra, la osservi, la leggi. Ma prima bisogna trovarla.
La prima cosa che dobbiamo capire per una presa di coscienza è il nesso di questa pepita che trovo sulla riva del mare con le ondate della storia: l’origine e la spiegazione di questa connessione è il popolo ebraico, la sua vicenda storica.

Avvenimento e storia
L’avvenimento ci raggiunge attraverso una storia. Dovendo sviluppare il capitolo più importante del nostro discorso – l’educazione dell’io alla conoscenza e alla libertà -, domandiamoci prima: come avviene questa entrata dell’avvenimento nella realtà?
Leggendo il breviario in questi mesi, mi ha sorpreso l’insieme dei Salmi e come la Chiesa recepisce i Salmi - tutta la Liturgia è il commento ai Salmi o, prima ancora, un guardare, uno scoprire le cose in funzione di una unità che hanno i Salmi come fattori dinamici di una storia -. Così percosso dall’avvenimento che tocchi - uno è toccato o ha visto l’avvenimento –, ecco il punto: che cosa sia questo avvenimento per potere poi parlare del nesso dell’io con quello.

Abramo
Senza Abramo, se non ci fosse stato Abramo, non ci saremmo noi qui, adesso.
La salmistica ebraica o il profetismo ebraico, l’impegno ebraico o il modo di vivere ebraico nel mondo, non sono come i vestiti di una figura, ma l’origine della figura, la figura nella sua origine. Per cui non si può capire cos’è l’io, l’io che piange, che ride, che si impegna, l’io che vive o che muore, un uomo non può capire se stesso, né può amare l’altro come se stesso, se non per Dio da cui nasce. Altrimenti l’avvenimento si smaglia tutto nella sua fisionomia, distrugge la sua precisione. La maggior parte dei cristiani – specialmente quelli che hanno studiato teologia - non si sono resi ancora conto del valore della storia del popolo ebraico per loro. Perché tutte le mosse di Dio con l’uomo passano attraverso quella storia, quei nomi: Mosè, Davide, Isaia, Geremia…: storia di una preferenza, espressione di Dio.
Questo è l’essenziale del pensiero ebraico, e questa è la nostra prima mossa. Non si capisce l’io, se non si parte da Abramo. Dio ha chiamato Abramo. Che cosa ci insegna la sua vicenda? Che l’io è vocazione, scelta come preferenza. Per cui, dal giorno di quella chiamata in poi, l’io si capisce come avvenimento nella storia. Avvenimento di dipendenza da Dio e di appartenenza a Dio. La storia è il rivelarsi dell’io in questa vocazione, che diventa appartenenza e dipendenza. L’io si capisce nel tempo, in questo rapporto con Dio che è una storia: l’Alleanza.
Gesù si capisce nel dipanarsi di uomini a partire da Abramo, Mosè, Davide; e solo dall’interno di questa storia si sviluppa la concezione cristiana dell’io e della realtà: una rivoluzione nel modo di guardare il mondo.

Da dove viene fuori l’io?
Su questo io che domina formalmente la situazione, possiamo noi fare qualche passo decisivo per un chiarimento che faciliti, faccia fluire, renda più fluente il nostro parlare? In questo senso domandiamoci: da dove viene fuori questo io? E da dove procede, in questo io, una sicurezza? Di che genere è questa sicurezza e come si erige in noi? In che cosa consista questa sicurezza deve per forza riassumere l’abbraccio che ci dà la storia, il rapporto col grande Mistero.
Quel Lui, quell’Uomo, quell’Umanità deve essere studiata nel senso più elementare della parola, perché è questo elemento storico – l’Avvenimento - che produce, salva e assicura, fino a farla diventare esauriente coefficiente per la vita di questo io, una compagnia di cui il Mistero stesso diventa il centro o l’origine ultima e totale, la spiegazione totale della sicurezza, da cui sempre dipende un grande obbligo, un grande dovere, da cui dipende la documentazione della grandezza che un uomo può arrivare a vivere.
Nell’addentrarci in una cosa nuova (nuova come origine e come fattura), descriviamo come questo Io è diventato grande, come ha voluto dimostrare e documentare la grandezza che esso è nella nostra vita e quello che vuole e ha voluto da noi: storia e grandezza di azione, grandezza di pensieri e di azione, di azione nel bene, di operare nel bene, di opera nel bene.

C’è ben altro!
È una cosa nuova e noi non ne siamo capaci. La coscienza dell’avvenimento si identifica per me col pregare. Per dire “è avvenuto” mi metto in ginocchio a recitare: Salve Regina, Ave Regina Coelorum, Ave Dominum Angoelorum. Jesus Dulcis Memoria. Non è una cosa sentimentale! L’essenziale della creatura di fronte al Creatore è la preghiera. La preghiera abbatte tutte le cime, spazza via i nasi, le orecchie! C’è ben altro in quel che facciamo, qualcosa d’Altro che illumina tutto e mette a posto tutto, tutto si confà.