Un momento della presentazione.

IL CARDINALE CAFFARRA «Don Giussani, dono di Dio alla sua Chiesa»

A Bologna la presentazione del libro di don Massimo Camisasca. Al tavolo dei relatori c'era anche l'arcivescovo, che ha ricordato il fondatore di Cl, «struggente amante di Cristo e dell'uomo»
Stefano Andrini

«Attraverso don Giussani Dio ha ora deposto un carisma nella sua Chiesa, un carisma che ha preso corpo nella Fraternità di Comunione e Liberazione per il bene della Chiesa. I cristiani che ricevono carismi fondazionali sono donati affinché la Chiesa tutta sia aiutata a rimanere, a dimorare dentro l’Origine per poter vivere sempre rinnovandosi. Sono itinerari nuovi verso Ciò che è al principio». Lo ha detto il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, concludendo la sua presentazione del libro di monsignor Massimo Camisasca Don Giussani. La sua esperienza dell’uomo e di Dio (Edizioni San Paolo). L’incontro, promosso dal Centro culturale “Enrico Manfredini” e dall’Istituto “Veritatis Splendor”, si è svolto al cinema “Antoniano”, affollato in ogni ordine di posti. «In Giussani», ha esordito il cardinale, «la chiave interpretativa del tutto non è un’idea: è un fatto storicamente accaduto». Forse, ha osservato «tutto era già in germe nel cuore di questo grande uomo quando, poco più che adolescente seminarista, ebbe quel sobbalzo interiore, quando lesse per la prima volta la poesia di Leopardi Alla sua donna. Anche un altro grande spirito del Novecento, don Barsotti, si confrontò lungamente con Leopardi. Se non sbaglio, sono stati solamente questi due grandi spiriti che nella Chiesa hanno capito che la proposta cristiana non poteva ignorare la “provocazione teologica” di Leopardi». Caffarra ha individuato nel realismo della salvezza l’elemento che più caratterizza la proposta giussaniana. «Per lui o la proposta cristiana è significativa per tutta la vita, o essa gradualmente scompare per delegittimazione esistenziale: non è legittimata a parlare dell’uomo all’uomo, poiché essa non c’entra con la vita dell’uomo. Su questo punto fu di una preveggente lucidità spietata: ebbe veramente la coraggiosa chiarezza del profeta-sentinella». Nella trilogia del PerCorso Giussani, ha annotato il Cardinale, giunge alla conclusione che si deve partire dall’osservazione dell’uomo in azione. Un punto di partenza che coincide singolarmente con quello di Persona e atto, la principale opera filosofica di Karol Wojtyla. «Quello di Giussani è un pensiero antropocentrico, ma perché è cristocentrico; ed è cristocentrico perché antropocentrico», ha sottolineato Caffarra. «È la grande domanda che si è piantata nel cuore dei credenti e non l’ha più lasciato: Cur Deus homo? E la risposta: ut homo fieret Deus. Il cristianesimo è il dono offerto all’uomo di una pienezza di essere che al contempo risponde adeguatamente al desiderio dell’uomo e lo supera infinitamente, per cui lo stupore è incessante». Ma, purtroppo, ha ricordato il relatore, dall’ambito della proposta cristiana si può uscire. In due modi, pensava don Giussani: impedendo alla propria ragione di esercitarsi secondo la misura intesa della sua capacità e con la decisione di bastare a se stessi. Sul primo punto, ha annotato ancora il cardinale, la sua battaglia in favore della ragione ha precorso una delle grandi sfide del magistero di Benedetto XVI. Per il cardinale non si può comprendere fino in fondo il pensiero di don Giussani senza la categoria del Mistero. «Il Mistero è Gesù il Cristo: la Sua vita, la Sua passione e morte, la Sua risurrezione. Dentro la storia umana: il Mistero è la Chiesa. La Chiesa è, infatti, per don Giussani, Gesù il Cristo che incontra oggi la persona umana. Con un’espressione molto forte, il sacerdote ambrosiano parla di una “continuità fisiologica” fra Gesù e la Chiesa. In sostanza la tessitura del secondo e terzo volume del PerCorso è tutta tesa a mostrare la possibilità reale offerta all’uomo in Cristo di incontrare il Padre. E c’è un solo modo di verificare una possibilità: provarla, sperimentarla». Nella concezione del fondatore di Cl, ha osservato il cardinale, «l’Occidente ha eliminato il Mistero riducendo il cristianesimo ad una proposta morale, esemplificata in Cristo: ha eliminato il Mistero, cioè, separando la proposta salvifica dalla storia. Perché, in fondo, lo scandalo cristiano è tutto in questo: la salvezza prende carne». Don Giussani, «questo struggente amante di Cristo e dell’uomo, alla fine del suo percorso ha raggiunto l’ultima profondità del Mistero», ha ricordato Caffarra. «San Tommaso dice che fra tutti gli attributi di Dio, il più divino di tutti, quello in cui si manifesta maggiormente il suo Essere, è la Misericordia. “Dio per l’uomo è misericordia e la pace in noi ha solo un nome: la misericordia di Dio”. E dentro a questa sintesi di tutta l’opera di Dio, don Giussani vede illuminarsi di nuova luce la persona e la missione di Maria, Mater misericordiae, “di speranza fontana vivace”».
«Ho avuto in questo una nuova conferma di ciò che vado pensando e dicendo da molti anni», ha concluso l’arcivescovo. «Tutti i grandi cristiani di una modernità che si sta dissolvendo come promessa non mantenuta, hanno portato il peso della miseria umana vivendola dentro l’esperienza della misericordia divina. Così Teresa del Bambino Gesù, così Gemma Galgani, così Padre Pio, così Teresa Benedetta Stein, così Teresa di Calcutta, così Giovanni Paolo II, così don Giussani». Al termine dell’incontro, monsignor Massimo Camisasca, superiore generale della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, ha espresso la sua gratitudine all’arcivescovo per la ricchezza del suo intervento. Parlando del suo libro monsignor Camisasca ha detto: «L’ho scritto spinto da qualcosa che dovevo a don Giussani. Conoscere i nostri padri è importante e non ho ancora finito di conoscere completamente il mio padre spirituale. Il mio libro nasce qui, dal desiderio di poter fare incontrare don Giussani, soprattutto a coloro che non l’hanno ancora visto, incontrato, conosciuto». Il volume è, secondo l’autore, prima di tutto la storia di un uomo «che aveva una straordinaria capacità nell’uso delle parole e una creatività che gli consentiva di esprimere l’inesprimibile». Per don Giussani, ha ricordato ancora monsignor Camisasca «ogni uomo era significativo e tutto per lui era un’occasione per parlare, con i tassisti come con gli intellettuali, Don Giussani è stato un uomo che ha sempre parlato del cielo con la terra e della terra con il cielo. Capace di uno sguardo non moralistico sulle persone perché in ciascuna vedeva l’immagine di Cristo».