"Vespro della Beata Vergine" di Monteverdi.

Note dolci per Maria, tra pulpiti e navate

È un'unione di musica e arte. ll "Vespro della Beata Vergine" di Claudio Monteverdi, registrato nella Basilica Palatina di Santa Barbara di Mantova, risuona nella vivacità delle sue forme ritmiche, in un "solenne" studio di registrazione
Andrea Milanesi

«Quando un paio d’anni fa sono entrato nella chiesa di Santa Barbara e ho rivolto lo sguardo verso l’alto, mi sono rivisto più giovane di vent’anni. In quello stesso luogo, seduto davanti alla tastiera di un clavicembalo, suonavo il basso continuo in un gruppo musicale (quello diretto da Jordi Savall, ndr.): registravamo il Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi, era il 1987. Lavoravamo lungo la navata centrale, a terra, ma alzavo spesso gli occhi in alto, verso l’organo. Ero organista diplomato da un paio d’anni, quello strumento e il suo repertorio erano allora tutta la mia vita e di una cosa ero già sicuro: quella musica andava cantata e suonata da lassù, dalle cantorie, che anticamente venivano chiamate anche “cori” (“ad ecclesiarum Choros”, scrive Monteverdi)...».
Comincia così la storia di questo disco così come ce la racconta il direttore Marco Mencoboni nelle note di copertina scritte di suo pugno, in cui sembra quasi idealmente rivelare all'ascoltatore anche l'inizio della sua attività di ricercatore, studioso e interprete da sempre dedito agli antichi repertori, alle opere più affascinanti e ai luoghi in cui queste sono state concepite.
E nella Basilica Palatina di Santa Barbara, la chiesa di corte inserita nel complesso del Palazzo Ducale di Mantova (dove Monteverdi era stato nominato maestro della musica dal duca Vincenzo I Gonzaga), nella nuova registrazione realizzata da Mencoboni il Vespro di Monteverdi (dato alle stampe nel 1610) trova una naturale scenografia artistica e architettonica, ma anche un’eccellente cassa acustica di risonanza. Ogni galleria, pulpito, stallo o balconata diventa così l’ambito sonoro adeguato da cui il direttore marchigiano guida il suo ensemble Cantar lontano e intreccia tra loro i dialoghi tra cantanti e gruppi strumentali, gli effetti d’eco e i raffinati giochi contrappuntistici: assecondando “teatralmente”, con una sapiente regia musicale, la vivacità di soluzioni ritmiche e timbriche offerte dalla ricchezza formale e stilistica della partitura.
I grandi mosaici sonori dei salmi, ma ancor più il clima riflessivo dei mottetti, risplendono così della nuova consapevolezza artistica dell’autore, mirabilmente forgiata nel campo del madrigale e del nascente melodramma e ora pronta per il suo rigoglioso debutto in ambito sacro; facendo liberamente sfoggio delle più disparate tecniche compositive e delle cangianti prospettive formali offerte dallo “stile da concerto”, o ancora opponendo in tutte le combinazioni possibili le voci soliste al coro e alle diverse sezioni strumentali. Il tutto condotto sempre all’insegna dell’alta valenza taumaturgica della musica che, come Monteverdi asseriva nel «Prologo» dell’Orfeo (pubblicato nel 1609), «ai dolci accenti sa far tranquillo ogni turbato core».
Con l’intento di raggiungere le elevate vette espressive, senza mai tradire i più alti valori della tradizione, musicale innanzitutto, ma ancor più intimamente religiosa. I fondamenti di quella sincera devozione che, in una lettera datata 2 febbraio 1634, portò lo stesso Monteverdi ad ammettere serenamente: «Per gratia spetiale riceuta da la somma bontà de la Santissima Vergine l’anno contagioso di Venetia, son in obligo d’andar alla santissima Casa di Loreto di voto…». Esemplare coerenza tra arte e vita.

Claudio Monteverdi
Vespro della Beata Vergine
Cantar Lontano, Marco Mencoboni
E lucevan le stelle Records / Sound and Music (2011)
€ 28 (2 cd)