Testimoniare Cristo dentro la vita di tutti

Parola tra noi
Luigi Giussani

Criteri per capire le indicazioni di Dio Appunti da una conversazione di Luigi Giussani con un gruppo di giovani impegnati in un cammino di verifica della vocazione

Premesse

a) Costruire il Regno di Dio nella storia
La Bibbia termina con l’invocazione «Vieni, Signore»1. Tutto l’itinerario storico di migliaia di anni, creato da Dio come luogo della verità e della salvezza, tutta la storia da Adamo ed Eva fino a Cristo e poi tutto l’inizio della storia nuova dopo Cristo finisce con le parole «Vieni, Signore». Se uno riconosce veramente Cristo ed è stupito della sua presenza - come Zaccheo, la Samaritana o la peccatrice - desidera che Egli venga: cioè che si manifesti. E «che si manifesti» non è alla fine del mondo, è da subito. Come ha detto il Papa: il Regno di Dio incomincia dentro alla storia e questo Regno è la missione data agli Apostoli2, cioè alla Chiesa, cioè a noi. Scopo della vita è fare il Regno di Dio dentro la storia. Ma come capire ciò che Dio vuole da ciascuno di noi? Occorre seguire le indicazioni di Dio. Il modo per prepararsi a capire i sintomi, i segni che Dio mette nella nostra vita, non è pensare alla vocazione, ma desiderare profondamente nella propria vita ciò che diciamo tutte le volte nel Padre Nostro e nell’Angelus: «Sia fatta la Tua volontà», «Avvenga di me secondo la Tua parola».

b) La disponibilità
Questo vuol dire educarsi alla disponibilità. La cosa più importante è questa. Perciò, solo se cresciamo nella disponibilità, nel desiderio che avvenga di noi secondo la Sua parola, saremo più capaci di individuare quali siano i segni della nostra vocazione. «Chi si perde si trova»3. Bisogna perdere l’attaccamento o l’ansia di sapere qual è la vocazione. Se perdi te stesso per il Signore, allora ti trovi. E questo è vero in tutte le cose. Un uomo che si deve sposare, per esempio, per volere veramente bene a sua moglie deve perderla, deve affermare il suo rapporto con Dio prima che quello con sua moglie, cioè deve vivere il rapporto con sua moglie alla luce del suo rapporto con Dio. Facendo così, si ha l’impressione di perdere, e invece si ritrova. Bisogna perdere l’attaccamento alla definizione di che cosa uno farà, per disvelare, per far diventare normale in sé il desiderio che avvenga la volontà di Dio. Perciò, prima del problema della forma della vocazione sta la disponibilità alla volontà di Dio. La vocazione nel senso stretto del termine suppone la vocazione fondamentale, che è quella di essere cristiano: creatura chiamata a Cristo. «La mia vita, o Cristo, è alla tua mercé. Rendimi capace di essere fedele a quello che tu vuoi da me. Non so ancora cosa vuoi, ma non è questo ora che mi interessa». Bisogna innanzitutto favorire questo punto di vista, bisogna favorire il fondamento della questione: la grande vocazione alla volontà di Dio, come creature e come cristiani. Bisogna perciò far sì che la propria vita sia disponibile a Dio. Occorre essere disponibili come il giovane Samuele che ha sentito la voce di Dio di notte: «Samuele, Samuele». Credendo che fosse il sommo sacerdote Elia, subito è corso a dirgli: «Mi hai chiamato?». L’ipotesi di lavoro era: «Il sommo sacerdote mi chiama». Dunque è subito corso là e quello gli ha detto: «Ma io non ti ho chiamato». E ancora: «Samuele, Samuele». Corre di nuovo là: «Mi hai chiamato?». «Ma io non ti ho chiamato». Per la terza volta: «Samuele, Samuele». Egli corre: «Mi hai chiamato?». Allora Elia gli dice: «Guarda, figlio mio, è Dio che ti chiama; un’altra volta rispondigli: “Parla, che il tuo servo ti ascolta”»4. Il silenzio, che siete invitati a fare, è il momento in cui si pensa a questo. Questa è la verifica: vedere che la scoperta nuova di Cristo, data dalla ipotesi della vocazione, cambia la vita, cioè la rende più umana. Queste cose non le sapete, bisogna impararle; esse rappresentano un modo di vedere nuovo, più giusto e consapevole, cioè l’esperienza del movimento in atto.

c) La proposta diventa ipotesi di lavoro
La vocazione è una proposta: non ti costringe, ma deve diventare ipotesi di lavoro. Se la proposta te la fa uno che passa per la strada, non gli dai retta, ma se è fatta dal Signore allora deve diventare ipotesi di lavoro, cioè deve determinare subito l’impostazione della vita, per capire se abbiamo capito bene o no (come fanno i farmacisti che tentano nuove medicine). È solo prendendo in considerazione questa proposta che si capisce se noi siamo disponibili ad essa o no, se siamo disponibili a Dio o no. Se io sono Dio e ti propongo: «Vieni qui», tu sei leale con me se subito cerchi di venire qui. Magari in mezzo ti ho scavato una fossa e tu ci cadi dentro. Allora dici: «Non ero fatto per arrivare fin lì». La fossa sono le obiezioni insuperabili. Come si dice ne Il senso religioso: per capire se un’ipotesi è vera, si deve prendere la strada positiva; se è vera, trovi la meta; se inizi a dire: «No, sarà un’illusione», anche se è vera, non la trovi più! Di fronte a una proposta, l’unico modo per capire se è vera o no è prenderla sul serio. Questo vale anche per l’esistenza di Dio: chi parte con l’ipotesi scettica o negativa non lo trova più. Ci si prepara a capire i segni che Dio mette nella nostra vita, cioè le Sue indicazioni, non pensando immediatamente alla forma della vocazione, ma desiderando che nella nostra vita avvenga secondo la Sua parola: questo si chiama disponibilità.

<1. La testimonianza a Cristo

Il primo criterio per capire il disegno di Dio sulla propria vita sta nel fatto che ciascuno di noi si chieda: «Come, così come sono, posso servire di più il Signore? Come posso in tutte le circostanze in cui verso, nella mia concretezza, servire di più il Signore? Come la mia vita può testimoniare di più il Signore? Come la mia vita, così com’è, può dare più gloria a Dio, più gloria a Cristo?». Il Regno di Dio, la gloria di Cristo, la testimonianza a Cristo, coincidono - come realtà fisica e sperimentabile - con il bene della Chiesa. La gloria di Cristo è il benessere della Chiesa. La testimonianza a Cristo è l’incremento della vita della Chiesa. Allora il primo criterio per capire il disegno di Dio sulla propria vita è chiedersi quale sia la necessità più grande che la Chiesa sembra avere in questo momento e mettersi a disposizione in questo. Di che cosa ha più bisogno la Chiesa oggi? La testimonianza a Cristo con che cosa coincide? Il mondo oggi è ateo, tutto il mondo, spesso tante volte anche quello che si dice cristiano. Un mondo ateo è un mondo dove Cristo non c’entra più con la vita. Allora il bisogno più grande della Chiesa oggi è quello di una testimonianza che renda presente Cristo nella vita comune. E questo coincide col testimoniare che Cristo realizza l’umanità dell’uomo più di qualsiasi altro che si segua: compie l’umano, libera l’uomo proprio dentro la vita di tutti, dentro la situazione di tutti. Che Cristo sia testimoniato vuol dire che Cristo sia fatto apparire come Colui seguendo il quale l’uomo diventa più umano. Soprattutto in quello che oggi nella vita comune è più stimato: il lavoro, che è la religione di oggi. Nell’epoca moderna si è detto: «L’uomo è misura di tutte le cose», l’uomo è il valore del mondo, allora il lavoro, cioè l’espressione dell’uomo nel mondo, è ciò a cui bisogna tendere. La storia della filosofia di Abbagnano dice così: questa è la ragione: una forza umana per rendere umano il mondo. E il lavoro è la ragione applicata al mondo. In che cosa ha sbagliato Abbagnano? La ragione non rende più umano, ma più disumano il mondo, perché c’è il peccato originale; tanto è vero che siamo giunti a un punto in cui Reagan e Gorbaciov si sono messi insieme perché avevano paura di creare un disastro troppo grande, cioè la distruzione dell’umanità. Quello di cui ha più bisogno la Chiesa è dimostrare che Cristo non solo può essere presente nella vita, ma che, se è presente, rende più umana la vita del singolo e della società. C’è bisogno di testimoniare che le persone che vivono così - seguendo Cristo - stanno meglio di chi così non vive, realizzano cioè un’umanità più intensa, più carica d’intelligenza dello scopo e di affettività, più aperta agli altri e più costruttiva di quella degli altri. Che un prete parli di Gesù Cristo, tutti lo danno per scontato; ma non è scontato che una giovane laureata in ingegneria che lavora all’Iri, sempre lieta, sempre puntuale al suo lavoro, discutendo della costruzione della strada Livorno-Civitavecchia con i capi dell’azienda, dica che è dedicata al Signore e che vive una vita di verginità. Questa è la testimonianza di cui c’è bisogno oggi. Immaginate che di persone così, invece di diecimila, ce ne fossero centomila o un milione. Nel Medioevo è stato così. Con una popolazione che era un decimo di quella di adesso, ogni dieci chilometri c’era un’abbazia con 200, 300, 400 uomini: e così tutta una società è stata trasformata da una trama di gente dedicata a Dio. Perciò, a prescindere dalla forma più particolare, ciò che costruisce è l’immanenza alla vita mondana di una testimonianza che diventa miracolo inconcepibile. Niente dimostra più di questo la verità che Dio è presente, che Dio c’è. Questa osservazione è molto importante: anche nelle varie forme già stabilite, recentemente si è assistito al tentativo di rendersi presenti nel mondo come tutti gli altri. Non dico che questa immanenza concreta sia necessaria, dico che questo è il bisogno più immediato, più impellente e chiaro che il mondo e la Chiesa hanno. Se il mondo ha bisogno di Cristo e se la Chiesa è il luogo della testimonianza di Cristo, nella Chiesa la testimonianza più urgente e più grande è quella che ho descritto: la testimonianza dentro la vita del mondo secondo le modalità del mondo. Lì è la sfida. Il mondo oggi ha come detto a Cristo: «Chi ti vuole, ti venga dietro, però stia da una parte! La religione stia in Chiesa, nelle associazioni cattoliche». La nostra risposta invece è: Cristo dentro il mondo. Perché Cristo dimostra la Sua dignità cambiando il mondo, e per cambiarlo deve esserci dentro. Cristo sfida il mondo sul suo terreno. Il mondo ha collocato nel lavoro la sua speranza di felicità, e Cristo deve dimostrare la Sua presenza, che rende il lavoro più vero, proprio dentro l’ambiente stesso di lavoro. È per questo che il nostro movimento sottolinea intensamente che il cristiano ha innanzitutto come dovere fondamentale della vita quello di portare la testimonianza suprema a Cristo dentro la vita di tutti. Questa esigenza ha realizzato il Gruppo Adulto, che ha come formula significativa il titolo Memores Domini, coloro che vivono la memoria di Cristo, vale a dire la coscienza della Sua presenza, nel lavoro, cioè nella espressione normale con cui l’uomo vive manipolando le cose per modificarle secondo il suo ideale.

<2. Le circostanze

Il secondo criterio per capire le indicazioni di Dio sono le circostanze attraverso le quali uno è chiamato, la situazione in cui uno si trova. Per esempio, uno vorrebbe diventare un eremita, ma ha un fratello che precocemente si sposta e va in Oceania, e il padre e la madre sono ottantenni. Questa è una circostanza tale per cui tutto il processo che l’ha condotto a decidere per l’eremitaggio può essere bloccato; primo dovere è che deve aiutare suo padre e sua madre. Farà quello che potrà, ma deve scegliere qualcosa che lo renda capace di aiutare i suoi vecchi genitori. Nel Gruppo Adulto, per esempio, è obbligatorio mettersi insieme in case, ma se uno ha un problema di questo genere sta a casa sua e si riferisce soltanto, fa cioè parte di una compagnia, ma restando logisticamente a casa sua. Queste sono circostanze che determinano la strada. Ma c’è un’accezione della parola “circostanze” nell’identificare la strada che occorre prendere in considerazione. Se uno vive la vita di Cl o trova nella realtà del movimento un aiuto alla vocazione, cerca una soluzione secondo la vita del movimento. E la vita del movimento ha creato una strada, proprio di dedizione a Dio dentro il mondo, che si chiama Memores Domini o Gruppo Adulto. Proprio seguendo il primo criterio, il movimento ti offre innanzitutto l’esistenza dei Memores Domini: è la testimonianza a Dio dentro la vita di tutti, perfino logisticamente: un appartamento come quello delle famiglie vicine.

3. La libertà dello Spirito

Terzo criterio. La scelta deve avvenire dal di dentro del cuore. Tutto è stato dato dallo Spirito, anche le circostanze, anche la percezione dei bisogni della Chiesa, anche la necessità della testimonianza a Cristo come cosa più importante della vita. Lo Spirito dal di dentro può, con una chiarezza crescente, senza artificio e pressione, portare ad una riflessione, ad una traduzione della propria volontà di testimoniare Cristo nel mondo. Certo, se uno non incontrava quel tale padre missionario, magari non gli nasceva l’idea della missione, di essere alla mercé di un’obbedienza che lo può mandare in Africa o in Asia; ma, avendolo incontrato, quest’idea dal di dentro gli si può illuminare sempre più fino a un’evidenza. La riprova della verità di questa particolarità è, da un lato, che essa comprende e afferma i criteri generali detti sopra e, dall’altro, che appare come un’obbedienza allo Spirito che fa sviluppare quell’immagine. Così può nascere l’idea di fare il prete (ma che prete diverso diventa uno che chiarisce la cosa fino a questo punto!); oppure uno può capire che c’è un cuore del cuore di tutti, che è la testimonianza che vedono solo gli angeli di Dio, cioè la clausura; oppure può pensare qualsiasi altra forma. Che nesso c’è tra il secondo criterio e il terzo? Le altre soluzioni hanno tutte un unico senso: quello di aiutare coloro che sono nel mondo a testimoniare Cristo. Uno entra in un convento di clausura per aiutare coloro che sono nel mondo. Come mi ha detto una novizia del Gruppo Adulto, che è stata al monastero di Vitorchiano ed è tornata a casa commossa per questo: «Loro sono dentro per me, per sostenere la mia presenza nel mondo, e io sono nel mondo la loro presenza». Così uno può scegliere di dedicarsi alle famiglie povere come un’applicazione del principio di prima: «dentro il mondo». Ma il criterio è proprio uno solo, che trova nel Gruppo Adulto la sua espressione più tipica - perché spoglia di qualsiasi pretesa - e anche più difficile. Dio ci vuole per una strada che dia maggior gloria a Cristo, cioè alla Chiesa. Ciò di cui la Chiesa ha più bisogno è la testimonianza nella vita dell’uomo. Questo è il segno dei tempi.La tua storia dentro il movimento ti indica i Memores Domini. Ci sono anche altre forme nella Chiesa, ma le circostanze della vita ti hanno messo dentro il movimento. Ma lo Spirito è libero anche da queste indicazioni. Il valore di questo terzo punto è che qualsiasi altra strada ha come scopo quello di aiutare la testimonianza dentro il mondo. Esempio: uno sente, tranquillo, crescente, anche con dolore, l’ideale del monaco; il movimento ha visto nascere un monastero che ha le caratteristiche cristiane proprie del movimento: è il monastero della Cascinazza; perciò uno, prima di andare in un altro monastero, passa dalla Cascinazza. Questo terzo punto deve dunque confermare il secondo, non è un’alternativa. È un sacrificio per il secondo punto.

Primo Nota Bene. È importante in chi ci guida un vero amore alla Chiesa e un vero amore alla esperienza del movimento, che ne capisca e valorizzi l’accento.

Secondo Nota Bene. Se abbiamo vera disponibilità a Gesù e alla Chiesa, alla gloria di Cristo nel mondo, qualsiasi strada sarà giusta.

Resta comunque chiaro il fatto che quello di cui ha bisogno la Chiesa oggi è di mostrare che la fede fa vivere. E un esercito nel momento dell’attacco ha bisogno di realtà viventi. Questo è proprio il momento dell’attacco. Non è un ruolo che dimostra questo. Non è il ruolo come ruolo che esprime questo. Uno può andare in Giappone o uno può essere prete a Milano e non testimoniare che Cristo rende umana la vita. Certo, si può essere anche nel Gruppo Adulto senza rendere questa testimonianza, ma allora è inutile andarci.

Una ripresa sintetica

Tenete a mente questi principi:
1. il criterio supremo è la testimonianza a Cristo, cioè l’edificazione della Chiesa nel mondo di oggi, un mondo ateo. Anche troppi cristiani credono in un Dio che non c’entra con la vita. La Chiesa ha bisogno della testimonianza che Cristo rende più umana la vita, fin nel lavoro;
2. la circostanza inevitabile, cioè la tua storia, ha una soluzione: i Memores Domini. La prima da considerare è questa, perché è, oltre che coerente con il primo punto, indicata dalla tua storia;
3. ma lo Spirito è libero e può, dal cuore, non dall’esterno (per pressione del frate o del sogno della solitudine del chiostro), in un modo tranquillo, aperto a tutto, indicare un’altra strada. Ogni altra strada deve sostenere le caratteristiche della prima.

Quelli che geograficamente (non nello Spirito) sono nelle retrovie, lo sono per sostenere quelli che sono con le armi in pugno.

Una raccomandazione finale: i riferimenti personali di aiuto, se ne avete, devono essere consoni alla nostra esperienza.