La locandina "Il giovane favoloso".

Un'opera di Genio

Con il suo ultimo film, Mario Martone «restituisce Leopardi all'uomo comune. Dalla casalinga all'operaio». Ecco cosa ne pensa Mario Elisei, recanatese e studioso dell'opera del poeta e autore del libro "Il mio amico Leopardi"
Mario Elisei

Il film di Mario Martone è un'opera impegnativa sulla vita di Giacomo Leopardi. Un film bello, a detta di tutti, e che produce già un esito: il popolo (non l'intellettuale, che avrà sicuramente da obiettare) riprende in mano Leopardi. L'uomo comune: la casalinga, l'operaio, l'anziano che ne ha sempre sentito parlare in storia e in letteratura, e poco altro. Per me che da tempo osservo i suoi testi, li sfoglio, li giro e li medito, li metto lì e poi ci ritorno, per il mio modo di sentire, il film è molto bello e ne elenco le ragioni.

Al di là di alcune scene di pura invenzione che comunque non tolgono nulla alla storia, l'opera permette una immediata immedesimazione con la pena, il dolore e la solitudine vissute dal Leopardi reale. A chi si avvicina al Genio può capitare di fare astrazione, come una cesura tra la bellezza terribile della poesia e Giacomo. Il film invece colma il gap e produce un valore aggiunto. Evita il limite di considerare la poesia un esercizio immaginativo di un uomo che non ha i piedi per terra, di sogno, irreale, privo di presa nel contingente. Le scene ci mostrano infatti come la poesia nasca nell'ambito di una esperienza umana, reale e pratica.

Il secondo aspetto che colpisce è lo stupore della fotografia; che «cara beltà» è quella degli spazi infiniti, dei sovrumani silenzi, della finestra col poeta che guarda la luna, di Silvia in secondo piano, della greggia, dei nodi quasi di stelle! Martone qui eccelle e incanta, indice di un lavoro rigoroso sulle fonti ed adeguata interiorizzazione. In più parti, in vari frangenti, mi viene da dire: è un’opera di genio.

Il terzo aspetto rilevante è "il parlato". I dialoghi, i pensieri espressi, pescano quasi tutti da fonti leopardiane: lettere, poesia, Zibaldone, Operette morali, componimenti di varia natura e perfino un accenno ai Paralipomeni. Mi ha colpito molto ascoltare due espressioni di Leopardi che mi ritornano spesso in mente: «Avant de mourir, je vais protester contre cette invention de la faiblesse e de la vulgarité, et prier mes lècteurs de s’attacher à détruire mes observation et mes raisonements plutôt que d’accuser mes maladies» (Lettera al De Sinner del 24 maggio 1832), vale a dire: «Distruggete, attaccate pure la mia filosofia e non date la colpa del mio pessimismo alle mie malattie». Questo di Leopardi è un invito rivolto anche a noi oggi.

L'altra invece è un brano de La Ginestra declamato mentre da Villa Ferrigni a Torre del Greco (location che toglie il fiato per quanto è bello il guardo) viene mostrato un cielo terso pieno di stelle e nebulose: «Sovente in queste rive,/ Che, desolate, a bruno/ Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,/ Seggo la notte; e sulla mesta landa/ In purissimo azzurro/ Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,/ Cui di lontan fa specchio/ Il mare, e tutto di scintille in giro/ Per lo vòto / Seren brillar il mondo. […] e quando miro/ Quegli ancor più senz'alcun fin remoti/ Nodi quasi di stelle,/ Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo/ E non la terra sol, ma tutte in uno,/ Del numero infinite e della mole,/ Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle/ O sono ignote, o così paion come/ Essi alla terra, un punto/ Di luce nebulosa; al pensier mio/ Che sembri allora, o prole/ Dell'uomo?»

Qui Leopardi sembra riprendere il Salmo 8 della Bibbia dove l'antico autore con la stessa levità poetica del Nostro dice: «Signore […]/ quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,/ la luna e le stelle che tu hai fissato,/ che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi,/ il figlio dell'uomo, perché te ne curi?»

Un grazie allora a Mario Martone, regista coraggioso, e a tutti i finanziatori e sponsor che hanno creduto in questo progetto. Grazie perché ci avete causato un grande turbamento, quello dell' "effetto contrario". Come scrisse Francesco De Sanctis in un suo saggio del 1958: «Perché Leopardi produce proprio l'effetto contrario a quello che si propone. È un grande mistero. Non crede al progresso, e te lo fa desiderare. Non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni l'amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un desiderio inesausto. È scettico, e ti fa credente.»

Il giovane favoloso, 2014
diretto da Mario Martone con Elio Germano