AVATAR Il fascino mozzafiato di un neomondo a 3D

Beppe Musicco

La visione di Avatar assomiglia molto più a un evento che a un semplice film, forse per il costo spropositato (quasi 300 milioni di dollari) o per il gran parlare che se ne è fatto e che se ne farà ancora. Ma la verità che balza agli occhi è che Avatar è veramente il punto massimo finora raggiunto dalla mitopoiesi cinematografica hollywoodiana. Anche se le citazioni o gli spunti presi da altri film sono numerosi e facilmente riconoscibili da uno spettatore abituale non appassionato di fantascienza, Avatar non è paragonabile a nessuno dei film che l’hanno preceduto. Guerre stellari, Star Trek e Matrix in confronto sembrano primi passi, rispetto al film di Cameron. E i paragoni non finiscono qui, perché in Avatar (la cui trama è semplice e sfruttatissima, ma non stupida) ci sono anche Balla coi lupi e Il Signore degli Anelli, Pocahontas e Jurassic Park, Miyazaki, Spielberg, i disegni di Roger Dean per le copertine dei dischi degli Yes, e potremmo andar avanti ancora per molto. Probabilmente a qualche lettore non sfuggirà anche il parallelo con il grande C.S. Lewis di Narnia e de Le lettere di Berlicche, che creò anche una trilogia di fantascienza nel quale immaginava un pianeta (Perelandra) molto simile al Pandora di Cameron.
Ma tutto questo, insieme alle giuste osservazioni su un ecologismo fin troppo semplice, su una visione New Age e manichea delle cose, su dialoghi tutto sommato banali, rischiano di far perdere il punto della questione accennata all’inizio: la creazione ex novo di un mondo dalla bellezza strabordante e mozzafiato, che contiene perfettamente, storia, personaggi e ambientazione. Il pianeta Pandora è talmente meraviglioso (la flora dai colori incredibili, l’impressionante maestà degli alberi, le montagne galleggianti unite da imponenti liane e da cui si riversano cascate che si disperdono nell’aria) che non si può non rimanerne incantati, presi come si è dall’iperrealismo conferito dalla proiezione 3D. Ad abitarlo ci sono i Na’vi, una razza umanoide alta e dai tratti vagamente felini, dalla pelle blu e la coda (i Na’vi sono realizzati al computer con tale maestria che la loro interazione con gli umani appare assolutamente naturale e ragionevole, anche quando volteggiano nell’aria cavalcando pterodattili maculati).
Uno degli aspetti più interessanti dei Na’vi è la possibilità di connettersi attraverso un’appendice speciale della capigliatura (una specie di coda di cavallo) che termina con dei viticci che possono collegarsi ad altri di altre specie e comunicare con loro. Con questo sistema possono unirsi anche all’“Albero delle anime”, che permette di entrare in sintonia coi propri antenati.
Questo mondo dal perfetto equilibrio rischia però la distruzione, quando i terrestri a caccia di nuove risorse minerarie pretendono di trivellare il pianeta e spostare con la forza i Na’vi. L’atmosfera di Pandora è letale per i terrestri, così, anche per minimizzare le difficoltà coi nativi, gli uomini interagiscono con gli indigeni attraverso degli “avatar”, dei corpi Na’vi appositamente progettati per incanalare la coscienza di un essere umano attraverso una connessione sul tipo di quella di Matrix. Di solito gli operatori degli avatar sono degli specialisti, ma Cameron astutamente salta tutti i passaggi, dando il ruolo del protagonista al marine paraplegico Jake Sully, uno che di avatar e Pandora ne sa meno di noi. Jake è il gemello di uno scienziato e operatore avatar, che però è morto. Essendo però geneticamente identico al fratello, salva un’operazione che è costata tempo e molti soldi: così, agli occhi di Jake, Pandora e i suoi abitanti sono sconosciuti come ai nostri, e il suo stupore di fronte a questo mondo sconosciuto e misterioso è anche il nostro.
Cameron evita di impantanarsi in chiarimenti pseudoscientifici tediosi: non ci spiega Pandora e i suoi abitanti, ce la fa vivere per la prima volta attraverso le goffaggini e l’entusiasmo di Jake, che da duro soldato si riscopre impacciato e ottuso in un mondo di intelligenza e armonia. Ma Jake non è su Pandora semplicemente per godersi le sue nuove gambe e frequentare la figlia del capotribù; il pianeta presto sarà oggetto di una battaglia furibonda e letale con gli invasori terrestri (anche se chiunque abbia visto Il ritorno dello Jedi può immaginare come andrà a finire). A tanta magnificenza realizzativa non corrisponde però una grande personalità dei personaggi: è difficile pensare che possano diventare (come quelli di Guerre Stellari o di Matrix) delle icone per i giovani spettatori o che la filosofia alquanto superficiale possa orientare il pensiero comune. Il rischio semmai (come hanno già fatto notare alcuni commentatori di oltreoceano, dove il film è uscito già da qualche tempo) è che i giovani più fragili siano talmente coinvolti dal film da sentirsi sconfortati nel paragone tra la bellezza di Pandora e la spesso squallida realtà nella quale si trovano a vivere, percependo veramente il nostro mondo (l’unico luogo dove ci è dato vivere) come un pianeta morente. Su questo forse varrebbe la pena riflettere.

Avatar
di James Cameron
con Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Laz Alonso