L'UOMO CHE VERRÀ Marzabotto e una speranza quasi impossibile

Antonio Autieri

Ne L’uomo che verrà si rievocano i sanguinosi eventi del settembre 1944, e in particolare l’eccidio passato alla storia come strage di Marzabotto. In realtà furono più di uno i massacri di civili inermi (moltissime donne e bambini, anche piccolissimi) non solo a Marzabotto, ma in tutta la zona di Monte Sole, nel bolognese: circa 770 persone, mentre gli uomini si ritiravano sulle alture con i partigiani non immaginando – non era mai accaduto prima – una simile reazione. Lasciando agli storici il compito di confermare l’impressione di una sostanziale fedeltà ai fatti, possiamo dire che Giorgio Diritti, cinquantenne al suo secondo film (viene dalla scuola di Ermanno Olmi, e questa derivazione si riconosce nel suo stile) dopo il piccolo caso Il vento fa il suo giro, ha avuto la felice idea di non realizzare il “solito” film sulle malefatte naziste – in Italia o altrove – con tutti gli stereotipi del caso (ufficiali sinistri ghignanti e caricaturali e così via) che banalizzano temi e racconti drammatici, quanto di calarci nella follia di quel momento storico partendo inizialmente dalla vita semplice di famiglie che vivono di poco e sembrano temere il peggio da un momento all’altro. Si affidano alla Chiesa, e a giovani e coraggiosi sacerdoti (disposti a tutto, anche a rendersi ridicoli), per essere protetti, ma la furia di quell’ideologia di morte non si fermerà neanche davanti a luoghi sacri.
Ma il colpo d’ala del film – dolente e dignitoso monito contro l’insensatezza della guerra e della violenza – è affidare il racconto allo sguardo di una bambina atterrita e insieme fremente per la volontà di salvare il fratellino appena nato. Una bambina dolcissima, diventata muta dopo un trauma ma che guarda e osserva tutto con candore e chiarezza al tempo stesso (un suo tema “compromettente” viene distrutto dalla maestra).
Fin dall’inizio osserviamo la piccola Martina Palmieri (Greta Zuccheri Montanari, che Diritti non ha trasformato in piccola attrice “finta” ma di cui ha catturato la miracolosa sincerità espressiva) che vede attorno a sé fatti piccoli e grandi: genitori e parenti divisi tra varie preoccupazioni (l’attesa di una nuova vita, la fame, la miseria, la vicinanza con i nazisti, le richieste dei partigiani), la zia che torna a casa un po’ insofferente dalla città, sconosciuti da ospitare per i difficili momenti che vivono tutti, soprattutto la nascita del fratellino. E i partigiani, i nazisti, chi è violento e chi finge di essere gentile. Poi, improvvisamente, il senso di attesa di una vita che viene (il fratellino che sta per nascere, quasi una ricompensa per il dolore causato dalla morte di un altro fratello) e di incertezza per eventi oscuri si trasforma in un violenta uragano di distruzione e morte (ma in guerra anche i “buoni” uccidono a bruciapelo, ingiustamente). Ad uno ad uno o a gruppi numerosi, i tedeschi iniziano a sterminare chiunque. Lasciando alle proprie spalle cimiteri a cielo aperto, scene di devastazione indicibile. Osservate dall’occhio dell’autore con profonda pietà per le vittime della violenza.
Ma, come si diceva, con la scelta di affidare a Martina, e alla sua inspiegabile e fragilissima forza d’animo, lo sguardo e il senso (commovente) di tutto il film, Giorgio Diritti riesce – anche grazie a un titolo eloquente: L’uomo che verrà è il bambino appena nato, ma anche la promessa di un’umanità cambiata – a far cadere l’accento del racconto su una speranza quasi impossibile. Speranza che è la parola più sincera e coraggiosa di un film oltre tutto caratterizzato da scelte di stile, di linguaggio (la pellicola è in gran parte in un dialetto bolognese antico oggi sconosciuto, e presenta i sottotitoli in italiano: a tratti ricorda L’albero degli zoccoli) e di volti – attrici note come Maya Sansa e Alba Rohrwacher accanto a interpreti sconosciuti al grande pubblico, come lo straordinario Claudio Casadio che viene dal teatro per ragazzi – che ne fanno un vero gioiello. Un film da difendere da letture banali e limitative, un’opera d’arte come non se ne vedono spesso.

L’uomo che verrà
di Giorgio Diritti
con Maya Sansa, Alba Rohrwacher, Greta Zuccheri Montanari e Claudio Casadio