OPERAZIONE VALCHIRIA Quel cattolico che provò a salvare la Germania

Laura Cotta Ramosino

Nella fase culminante del secondo conflitto mondiale, la Germania, avviata alla sconfitta, sembrava tuttavia ancora incatenata ad un sistema totalitario e ipnotizzata dal carisma perverso del suo comandante supremo. È in questo contesto che un gruppo di uomini, per lo più militari, ma anche politici, decide di organizzare un attentato (il quindicesimo) contro Hitler, che permetta di intavolare trattative con gli Alleati. Lo scopo più profondo, tuttavia, è salvare l’anima del popolo tedesco, mostrando al mondo che non tutti si erano lasciati compromettere dal regime e dai suoi orrori. La mano e il cervello di questa “congiura” fu il colonnello Claus von Stauffenberg. Rampollo di una famiglia aristocratica, ufficiale di carriera, eroe di guerra gravemente mutilato in battaglia (aveva perso un occhio, la mano destra e due dita della sinistra), Stauffenberg non solo fu colui che materialmente portò la bomba nel rifugio di Hitler, ma anche colui che pensò di utilizzare l’“operazione Valchiria” (il piano di salvataggio progettato dallo stesso dittatore per garantire il regime in caso di sua scomparsa) per rovesciare il sistema e assicurarsi il controllo del Paese in vista dell’armistizio.
Come sappiamo dalla storia, per una serie di circostanze sfortunate (e per l’indecisione di alcuni dei “congiurati”) l’operazione non riuscì, Hitler salvò la pelle e i congiurati furono giustiziati in modo esemplare.
Un tentativo fallimentare, quindi, che Bryan Singer (regista che di nazismo si era occupato in tutt’altro modo ne L’allievo) da tempo desiderava raccontare per il suo significato morale più profondo. Di fronte a un sistema così pervasivo della società quale fu il nazismo è facile parlare di responsabilità collettiva, soprattutto per chi, come i militari tedeschi, era animato da un profondo (e a volte ottuso) senso dello Stato, che in quel momento storico era incarnato dal Führer. Quello che il film più volte richiama, invece, è la necessità per ciascuno di prendere una decisione, di impegnarsi personalmente, anche di fronte all’ipotesi di una sconfitta quasi certa. È suggestivo il richiamo fatto da Von Treskow, l’uomo che per primo introduce Stauffenberg nella cerchia dei congiurati, all’episodio biblico della preghiera di Abramo per Sodoma e Gomorra. Anche per la Germania hitleriana, di fronte al delirio collettivo, i pochi giusti hanno il dovere morale di tentare ogni cosa per salvare per lo meno l’anima se non la vita, di un popolo intero.
Stauffenberg, padre di quattro figli e con un quinto in arrivo, era anche profondamente cattolico (un aspetto questo, che il film avrebbe potuto sottolineare maggiormente) e la fede fu un elemento fondamentale nella sua presa di posizione. Purtroppo, ed è questo il difetto maggiore della pellicola, noi conosciamo il protagonista (e molti degli altri personaggi) quando la sua decisione è già maturata, quindi molta della tensione del film si riduce più alla suspense sull’esito delle azioni che ad un vero dilemma morale.
È questa la debolezza maggiore di un film che ha comunque il merito di mostrare degli aspetti di quel periodo drammatico sconosciuti a molti. Ed è suggestivo pensare che la fede che spinse Stauffenberg a tentare il tutto per tutto contro un tiranno è la stessa che sostenne i ragazzi della Rosa bianca nella loro testimonianza inerme e coraggiosa.


Operazione Valchiria
di Bryan Singer, con Tom Cruise, Kenneth Branagh, Tom Wilkinson, Bill Nighy