Il monastero della Visitazione di Santa Maria a Palermo.

«Come la facciata di una antica cattedrale»

Letta per mesi nel refettorio del loro monastero a Palermo, le suore della Visitazione di Santa Maria raccontano il loro incontro con "Vita di don Giussani". Spiegando perché ci hanno trovato echi e assonanze con la loro storia...

Alla fine di settembre 2013, una cara amica dei Memores Domini di Palermo, fece dono alla comunità del volume Vita di don Giussani. La lettura dell’opera, fatta in refettorio durante i pasti, secondo l’uso monastico, si è protratta per circa sette mesi ed è stata tanto coinvolgente che non sarebbe possibile riassumere in breve tutte le risonanze destate nella comunità. Questa vuole essere quindi solo una rapida panoramica sulle tematiche più stimolanti. Uno sguardo complessivo all’opera, che non esitiamo a definire imponente, ci ha fatto comprendere che è stata meditata e realizzata con intelletto d’amore. Il procedimento annalistico scelto, di chiara ascendenza classica, ci è sembrato non solo opportuno e razionale, ma anche riposante. La figura di don Giussani emerge e acquista spessore dai fatti, dalle testimonianze, dai documenti, citati con rigore e sobrietà, ed eloquenti da se stessi.

Viene da pensare ad una di quelle possenti, ieratiche figure che ornano le facciate di antiche cattedrali e che vengono lumeggiate, velate o svelate dall’alternarsi della luce che colpisce secondo l’ora del giorno e il succedersi delle stagioni, offrendo allo sguardo stupito sempre nuove bellezze. Per queste bellezze, sorge spontaneo il bisogno di lodare Dio, celebrare le sue opere mirabili, adorare la sua Sapienza, che «entrando nelle anime sante, forma amici di Dio e profeti» (Sap. 7, 27b). Vero amico dell’Altissimo ci appare don Giussani, profeta carismatico, magnanimo e longanime, come soltanto i veri umili possono essere, perché fondati sulla grazia di Dio, che li sostiene; apostolo intrepido e indefesso, capace di conquistare a Cristo il popolo numeroso (cfr. At. 18, 10b) che Egli aveva non solo nella Chiesa ambrosiana, ma nelle decine di nazioni nelle quali la Fraternità di Cl si è diffusa.

In un periodo storico travagliato da ideologie aberranti e da multiformi perversioni, colpito dalla perdita di ogni valore morale o semplicemente umano che renda possibile la convivenza, questo prete abbagliato dal Verbo Incarnato, lo indica e lo propone provocatoriamente con la forza prorompente di chi si lascia guidare dallo Spirito. A partire dagli incontri-scontri della Milano-bene, ostili o indifferenti perché fuorviati dalle ideologie di moda, o sperduti nella nebbia del non-senso, serpeggiante in una società apparentemente soddisfatta e opulenta, la pretesa di riconoscere nel Mistero il centro della propria vita, cresce, fino a divenire fiume impetuoso, tracimante.

Noi Visitandine, figlie di san Francesco di Sales, quel grande santo che Paolo VI, nella lettera scritta per il quarto centenario della sua nascita, definisce «Gemma della Savoia» ed esponente di un vero e proprio umanesimo cristocentrico (Lettera Apostolica Sabaudiae Gemma, 29 gennaio 1967), ci sentiamo vicine e partecipi alla lunga battaglia di don Giussani per rendere cosciente l’uomo post-moderno della propria libertà, razionalità, dignità che in definitiva hanno sorgente, causa e fine in Cristo, Verbo della vita. Nel Trattato dell’Amor di Dio san Francesco di Sales affermava che «Dio è il Dio del cuore umano», e che c’è una nativa, indistruttibile convenienza tra l’indigenza dell’uomo e la liberale abbondanza di Dio, tra il bisogno umano di ricevere del bene, e il Bene divino che vuole espandersi e comunicarsi (cfr. Trattato dell’Amor di Dio, Libro I, cap. 15). Concetti che don Giussani esprimeva con l’icastico termine di mendicanza. E ancora: le significative pennellate con le quali è descritta la spirituale sapienza unita alla paterna tenerezza con le quali don Giussani segue e istruisce le sue figlie e le loro consorelle Trappiste di Vitorchiano, Valserena e perfino del Brasile, ci sembrano riprodurre l’atteggiamento del nostro santo Fondatore verso le prime Visitandine.

L’elenco potrebbe continuare, e molte armonie potrebbero fare vibrare echi al di là del tempo e dello spazio, perché lo Spirito è Uno e, pur adottando strategie adeguate alla temperie storica, la meta rimane invariata: l’incontro con Cristo e, in Lui, l’inabissamento nel Padre.

Un'ultima consonanza ci piace mettere in risalto: l’appassionata devozione a Maria, nostra Madre e Regina, «certezza della nostra speranza», invocata spesso da queste due grandi anime con accenti tenerissimi. Bisogna risalire a Sant’Efrem e ai Padri Certosini del XIV e XV secolo, da Ludolfo di Sassonia a Lanspergio, per ritrovare accenti simili.

Alla fine della sua vita, don Giussani afferma di «avere sempre obbedito». In realtà questa grande virtù è come il leit-motiv della sua esistenza terrena. Ancora bambino, ha ubbidito allo Spirito che lo conduceva in seminario; chierico e presbitero ha ubbidito ai superiori, anche quando le loro disposizioni erano crocifiggenti, ha ubbidito con fermezza granitica ai vari Papi che ha conosciuto; ha ubbidito alle gravi responsabilità che comportava il suo ruolo di fondatore e animatore di un grande movimento; ha ubbidito al percorso che il Mistero ha predisposto perché potesse impartire l’ultima grande lezione. Il crogiuolo della lunga sofferenza, vissuta con gaudio amoroso è divenuta infatti la più ammirabile delle sue lezioni.

La nostra comunità è in grado di comprendere fino in fondo questo periodo della vita di don Giussani, per aver vissuto un’esperienza parallela. La venerata madre Maria Amata Fazio, per cinquant’anni guida e maestra della comunità. Dal 1996, in seguito ad un ictus, fece della sua sedia a rotelle una cattedra di spiritualità. Completamente abbandonata al beneplacito di Dio, mentre la sua vita esalava come incenso davanti al Tabernacolo, acquistava la luminosità dei tratti e la limpidezza dello sguardo che è tipica dei mistici quando si avvicinano al compimento del loro anelito e che gli amici colsero anche in don Giussani.

Il 22 febbraio 2005, al reparto di terapia intensiva in cui si trovava, la sorella infermiera della Comunità che l’assisteva con devozione filiale, le disse: «È morto don Giussani». La pronta risposta fu: «Beato lui!», seguita da un’esortazione: «Prega don Giussani, pregalo, vedrai che ti farà delle grazie». Ventiquattro ore dopo anche lei era nella Casa del Padre.

Ringraziamo Dio, per averci donato questo Padre e questa Madre sulla terra, questi intercessori in cielo.

Monastero della Visitazione di Santa Maria, Palermo