Il Cervino.

Nel giardino c'è chi ti aspetta

L'imponenza del Cervino e la vita di don Giussani, gli amici (la loro ironia) e brani di musica e letteratura sempre nuovi. Cinque giorni all'insegna della bellezza. Ma attenzione a non perdersi il meglio, come quel lebbroso...
Stefano Giorgi

«La primissima cosa che questa mattina vorrei dirvi è che non possiamo accontentarci della bellezza che abbiamo vissuto insieme in questi giorni. Altrimenti ci perdiamo il meglio, come i nove lebbrosi che si sono accontentati della guarigione; e si sono persi il meglio».
Come può Angelo dire così? Come può iniziare, con queste parole, il momento finale dei cinque giorni a Cervinia delle comunità di Arcore, Biassono, Brugherio, Concorezzo, Monza, Sesto San Giovanni e Villasanta?
Cinque giorni di vera bellezza sul tema “Che cosa cerchiamo veramente?”, una vacanza iniziata con la proposta di non dare per scontato nulla, a partire dal riconoscerci lì, uno ad uno, tesi a camminare insieme, risorsa l’uno per l’altro.

Molti sono stati i momenti di questa “bellezza”: la testimonianza di Savorana sul suo aver re-incontrato don Giussani attraverso il lavoro sul libro Vita di don Giussani, e lo sperimentare la continua paternità del don Gius nelle decine di presentazioni del libro in Italia. Ci ha sorpresi tutti ricordandoci il primo esito del “bel giorno” in don Giussani: «Tutta la storia raccontata in questo libro ha la sua sorgente “nel bel giorno” vissuto da don Giussani quando il suo professore di prima liceo don Gaetano Corti, lesse e commentò il Prologo del Vangelo di Giovanni: “E il Verbo si fece carne…”. L’istante di allora - diceva don Giussani - non fu più banalità per me. Cristo aveva risposto alla domanda umana».

E poi le gite sotto la presenza costante del Cervino, segno imponente di un Altro che tutto tiene.

O la serata su I cori da «La Rocca» di Eliot fatta da mia moglie Paola che ci ha letto brani, magari già letti, divenuti nuovi grazie al cammino fatto quest’anno e la riscoperta dell’avventura cristiana come «modo sorprendente e sovversivo di vivere le cose di tutti i giorni». Basta solo non ridurre il desiderio, come dice la canzone di Gaber (Il desiderio, appunto).

E che dire dell’invito all’ascolto della Messa dell’Incoronazione di Mozart propostaci da Roberto? «Agnus Dei, con quel grido Mozart si è guadagnato sicuramente la misericordia di Dio», ricordava il don Gius. Le testimonianze all’assemblea ci hanno testimoniato di chi quest’anno si è trovato cambiato nelle circostanze: quelle del lavoro, come Ernesto, il taxista di Sesto, di fronte alla protesta dei mesi scorsi; quelle della presenza in politica, come Cesare di Concorezzo che ha raccontato il lavoro per le elezioni comunali; o quelle della propria presenza in parrocchia, come ha raccontato Marta, catechista.

La bellezza dei frizzi quotidiani di Pietro e Carlo era un’occasione per farci ritornare su un momento significativo della giornata (dalla “La Savorana”, noto canto dei pamperos argentini, alla domanda cruciale del cavallo nel Palio di Siena: «È il fantino che ha abbandonato il cavallo o è il cavallo che ha abbandonato il fantino?»).

Ilaria e Tiziana, quarta ginnasio, accompagnate dalla chitarra di Giacomo e dal violino di Marta (rispettivamente 12 e 13 anni), hanno reso più intensa la partecipazione di tutti ai canti e alle serate. Una bellezza che non dimentica niente, né i drammi né le sfide che la realtà pone dinanzi a ognuno, ma tutto domandando, perché… «La notte che ho visto le stelle non volevo più dormire, volevo salire là in alto per vedere e per capire».
Sono stati giorni ricchi di dialoghi, di incontri per cui anche chi, per vent’anni, è stato tenuto lontano dalla propria pigrizia ha potuto trovare una casa ad aspettarlo, come hanno raccontato due commensali incontrati per caso a cena: «Nel giardino c’è Dio che ti aspetta e ti vuole parlare, puoi sederti vicino, vicino ad ascoltare…».

E allora Angelo ha proprio ragione, perché una bellezza così non è altro che il frutto contingente - ci ha richiamato, e che fragilità ha dentro questa parola! - di quel Suo essere all’opera in ogni momento tra di noi.
La vacanza è finita, ma si fa sempre più grande il desiderio di tornare a cercarLo, come il decimo lebbroso, perché… «Tu hai preferito me, tra tutti quelli che hai incontrato, tra tutti i figli del creato, hai preferito me».