L'Aquila, la Chiesa delle Anime Sante oggi.

«E io che volevo mandarli tutti a quel paese»

Alberto è uno studente di Domodossola. Con degli amici accetta la proposta di un professore: lavorare come volontario nel capoluogo abruzzese. Nel cuore, l'incontro con Baldovino. Viveva in miseria. E dopo il terremoto è rinato

È stato incredibile. Faticosissimo ma stupendo. Sono cambiato. L’Alberto di oggi non è più quello di ieri. E pensare che non ci volevo nemmeno andare.

Quando Lucio mi ha proposto di andare a spendere l’inizio della mia estate a lavorare come volontario della Caritas a L’Aquila ero decisamente pronto a mandarlo a quel paese. Poi la certezza che la proposta che mi veniva fatta sarebbe stata un’occasione gigante per mettermi alla prova, per essere dentro alla storia e per sentirmi ancora una volta vivo. E così ho passato ventuno giorni tra giugno e luglio con alcuni miei amici al servizio dei terremotati d’Abruzzo. Che cosa fanno venticinque domesi con un professore un po’ imbranato nei lavori manuali in terra aquilana? Vivono e vivono intensamente.

Tutto nella giornata mi è stato di forte richiamo ad essere attento alle circostanze, a non prendere sottogamba nessun aspetto del lavoro. Dentro la fatica c’è la bellezza della condivisione, la possibilità dell’incontro con l’altro e la possibilità di incontrare il Signore.

La sveglia tutti i giorni alle 6 ci buttava giù dalle brande, colazione e "cerchio". Lì c’è Elia che divide i volontari nei lavori in giro per la città. Onna, Pettino, Bazzano, Paganica, Bannio, Cansatessa, Coppito, Preturo… sono i luoghi dove, di volta in volta abbiamo incontrato bambini, ragazzi e genitori durante i centri estivi; sono le località ormai a noi care dove abbiamo tagliato prati, dove abbiamo spostato mobili e macerie, dipinto muri, costruito e smontato tende. Senza tregua ma con il sorriso sulle labbra. Faticosissimo. A volte è stata veramente dura ma siamo stati sostenuti da una compagnia di persone che ti guardano per quello che sei e che ti spronano a proseguire: ecco chi sono i volontari della Caritas. Tutto fino alle 19 di sera, segue la Messa quotidiana detta a turno dai parroci della città, cena, piccolo svago e nanna prestissimo.

L’episodio che più mi ha colpito è stato quando ho fatto trasloco in una canonica nel centro della Red zone (la zona transennata presidiata dall’esercito perché considerata ancora a rischio crolli). Lì ho visto cos’è il terremoto. Tu sei costretto a lasciare tutto: libri, vestiti, tv, foto e precipitarti in strada. La scossa più forte del 6 Aprile 2009 fu quella delle 3.32, nel cuore della notte, senza luce elettrica (saltata ovunque), con un rumore assordante, dove sei obbligato a correre e metterti al salvo all’aperto. Terrificante. Lì senti la tua impotenza e la tua piccolezza. Lì ti senti piccolo piccolo.

Indelebile l’incontro che ho fatto con Baldovino: un uomo che viveva nell’indigenza massima. Una storia incredibile alle spalle. È uscito allo scoperto con il terremoto. Ha dovuto aprire la casa alla protezione civile. Una latrina. Sempre vestito in camicia ma ridotto alla miseria. E il terremoto l’ha portato in piazza. I ragazzi della Caritas hanno iniziato a volergli bene, a portargli vestiti nuovi, a fargli compagnia condividendo un pranzo o accompagnandolo nelle varie visite ospedaliere. Una pazienza infinita nei suoi riguardi (non è facile mettersi a fianco di chi non vuole farsi aiutare). E Baldovino è rinato. Dall’incontro che lo ha fatto sentire voluto bene è tornato uomo vivo ed ha aperto la casa. Noi di Domodossola gli abbiamo rifatto la casa: stucco, pittura, smalto… Il bello è che non abbiamo fatto un lavoro alla "carlona" ma ci abbiamo messo il cuore. Abbiamo smaltato persino le persiane: bianche con il bordo rosso. È la cura al dettaglio che fa capire se una cosa la si fa tanto per fare o se la si fa con il cuore. Un lavoro di precisione che ci ha coinvolti per un’interminabile settimana. E Baldovino ci è entrato nel cuore.

Penso che a L'Aquila ci sia stata per me una sorta di chiamata. Chiamata a vivere intensamente il reale. Lì ho trovato la risposta a quello che il cuore umano cerca: la semplicità della vita, la condivisione del tempo e dei beni, la presenza di Colui che risponde all’indigenza umana. È bella perché vera la frase della canzone Domani, fatta dai cantanti per l’emergenza terremoto: «E di nuovo la vita sembra fatta per te…». Grazie a chi mi ha fatto questa splendida proposta.
Alberto Guerra, Domodossola