«Un vassoio pieno di cose buone»

Una malattia all'anca la costringe a letto, non può andare a Rimini da sola. Ma poi un aiuto inaspettato: «Vengo io con te e spingo la carrozzina». Così, nella fatica, si può scoprire di nuovo che «è un Altro a tessere le trame della vita»

Quando a metà luglio mi è stata diagnosticata una malattia a un'anca, per cui avrei dovuto stare in assoluto riposo per qualche mese e curarmi con un Day-hospital a casa per qualche settimana (quindi non potevo tornare al mare dove stavo con quattro nipoti), sono stata presa da un grande sconforto.

Mi sentivo impaurita, derelitta: «Ma perché una malattia così rara doveva prendere proprio me?». Sapevo bene che non rischiavo la morte, ma la cosa proprio non mi andava giù. Trascorrevo la maggior parte del mio tempo sdraiata sul letto di casa, perché con le stampelle non si riesce a fare niente, non potevo appoggiare la gamba. Ho ragionato molto sulla mia situazione e ho capito che il motivo per cui ero così arrabbiata era che questa malattia scombinava tutti i miei programmi. Rendermi conto di questo è stato un richiamo a vivere concretamente il fatto che non sono io a decidere della mia vita: è un Altro. Mi veniva in mente anche don Giussani che diceva: «Quando sei vecchio un altro ti conduce». Ho capito che dovevo imparare ad essere umile, cosa che non è immediata per me. Avrei dovuto andare qualche giorno al Meeting, ma come era possibile nella mia situazione? E lì è stato ancora più evidente che è un Altro a tessere le trame della mia vita.

Oltre ai miei due figli, tanti anni fa ho avuto una bambina in affido per un lungo periodo: adesso lei ha più di quarant'anni, è sposata, ma posso dire che per me è proprio una figlia e come tale si comporta. «Vengo io con te a Rimini e spingo la carrozzina!», mi ha subito detto quando ha saputo della malattia. Desiderava da molto venire al Meeting, e lo scorso anno avevamo provato ad organizzarci ma poi non era venuta; questa era l'occasione per farlo.

Così ho trascorso quattro giorni di Meeting portata da un Altro. C'era anche un amico di vecchia data che ci accompagnava in macchina. E me la sono proprio goduta: incontri e mostre a go-go! Mi ero fatta un'agenda fitta fitta e non mi sono persa niente. I miei accompagnatori faticavano a tenermi dietro, e non perché dovevano spingere la carrozzina. Quando mi hanno chiesto come riuscissi a fare così tante cose, ho risposto che non è che io non mi stancassi: il punto era che non volevo perdermi nulla. Era come se in quel momento mi si stesse offrendo un vassoio pieno di cose buone da mangiare e io le volessi mangiare tutte.

Mi sono appassionata a tutto, e ho avuto la netta sensazione che tutto quel cibo che mi veniva offerto non andava sprecato, ma gustato! Piano piano ho contagiato anche loro: durante il viaggio di ritorno mi hanno ringraziato perché nonostante io fossi stata un po' insistente (si sa che io sono un po' talebana!), anche loro avevano potuto gustare quel ben di Dio di bellezza, cultura, di testimonianze, di realtà commoventi.

Jole, Milano