L'inaugurazione della casa Mater Misericordiae.

«Il tempo della Misericordia, a casa mia»

Maria, quasi senza pensarci, accetta di ospitare una mamma rimasta da sola con due figlie. Doveva essere per una sola notte. Oggi, dopo più di un anno, è diventata madrina di Aicha, una delle due bambine

Quando Silvia, un'amica, mi telefonò per chiedermi ospitalità per una mamma con due bambini piccoli, era da poco uscita da casa nostra. Era venuta a parlarci di Giovanni, il ragazzo che sarebbe arrivato nella nostra casa-famiglia il giorno dopo. Mio marito Amedeo era di guardia in ospedale. Eppure è stato subito un sì il mio, forse un po’ incosciente, ma senza timore. Doveva essere solo per una notte. Mi ero raccomandata con Silvia: una notte, una sola perché domani arriva Giovanni e non saprei dove metterlo.
Ma i Suoi tempi non sono i nostri: il Suo tempo è il tempo della Misericordia. Mi ricordo benissimo quando sono arrivate. Eravamo a tavola. Alessandra era con due bellissime bambine. E per me che ho avuto sempre figli maschi è stata una bella sorpresa. Alessandra era arrabbiata, spaventatissima. Aveva in braccio Sharon che piangeva disperata. Aicha la più piccola era la più tranquilla. Alessandra non parlava, non si spostava neanche dalla porta. Ma è bastato poco per tranquillizzarle e scambiare poche parole. Non capiva dove fossero arrivate, pensava di essere in una comunità, aveva paura che le portassimo via le sue bambine. Si è tranquillizzata quando ha capito che eravamo una famiglia normalissima, un po’ allargata, ma niente di strano. Il giorno dopo le bambine mi chiamavano già mamma e hanno voluto restare con me quando Alessandra è uscita. La sera era il compleanno di uno dei nostri figli e avevamo Scuola di comunità, insomma a casa nostra è arrivata un sacco di gente e tutti pensavano che le bimbe, per la familiarità che avevano con noi fossero a casa nostra da tempo. Il giorno dopo è arrivato Giovanni, le sue cose le abbiamo lasciate in corridoio perché Alessandra è rimasta ancora un giorno, poi un altro, un altro, un altro... E per Giovanni abbiamo liberato una parte dell’armadio in camera di Andrea. Ma le bambine non erano due, bensì tre. Alexa, la più grande era ospite da una sua compagna di scuola e le mancava la sua mamma. Così dopo dieci giorni è arrivata.

In casa eravamo in 12. Le abbiamo accolte e non ci siamo più chiesti per quanto tempo... Ormai erano parte della famiglia. Non abbiamo mai fatto domande a Alessandra sulla sua storia, ma lei giorno dopo giorno ha cominciato a raccontare di sé, della sua famiglia, della sua mamma, di tutto quello che aveva passato, ad aprire il suo cuore. E ha cominciato a chiamarmi “mamma” e Amedeo “papà”. Siamo improvvisamente diventati nonni di tre splendide bambine. Ne aveva passate di tutti i colori, ma quello che mi colpiva di più era la rabbia e il rancore verso sua mamma. Giorno dopo giorno l'abbiamo vista rifiorire. Alla sera mi infilavo in camera loro e leggevo qualche racconto alle bambine. Ho insegnato a dire le preghiere, l’Ave Maria e l’Angelo di Dio e ho cominciato a parlarle di Gesù. E così è nata e cresciuta una grande familiarità. Tanto che Alessandra ha raccontato di sé il giorno dell’inaugurazione della nostra casa Mater Misericordiae: «Quando sono arrivata ho avuto un impatto drammatico, perché pensavo che mi avessero mandato in una comunità rigida. Temevo di essere arrivata in un luogo ostile con persone pronte a giudicarmi. Man mano che passavano i giorni invece mi sono resa conto di trovarmi in una famiglia normalissima, le mie figlie si sono ben presto affezionate a Maria. Anche io mi sono aperta a Maria, che è per me davvero una mamma, ad Amedeo, ai ragazzi, e poi ai vicini, e adesso mi rendo conto di essere parte di una famiglia. Da quando sono qui mi sento rinata, mi sento felice. Quando torno a casa dal lavoro sono contenta perché per me la casa ormai sono tutti questi volti amici, che so che mi vogliono bene per quello che sono. Mi era stata inculcata l’idea di essere una fallita, adesso invece la familiarità e la stima che mi sento intorno mi rendono ogni giorno lieta. Anche la mia nuova casetta, che è stata inizialmente un po’ un distacco, soprattutto dalla mia Maria, adesso la stiamo costruendo pezzo per pezzo insieme. È proprio il caso di dire che non tutto il male viene per nuocere».

Una sera ci ha chiesto di poter battezzare Aicha e se io e Amedeo volevamo farle da padrino e madrina. Che commozione. Ho cominciato a farle un po’ di catechismo. Sono partita dal catechismo di san Pio X. Mentre le raccontavo quello che era successo agli apostoli e agli amici di Gesù lei continuava a ripetere: «Come fai tu con me». Quando le ho detto di scegliere per Aicha un nome di un santo mi ha detto senza esitazione: «Maria». E io: «Che bello, come la Madonna», «No, come te!». Quel «come te» che ritornava con insistenza all’inizio mi sembrava un po’ strano e invece è proprio così. Gesù è così che si fa conoscere, attraverso di noi. È stato così anche per me. Dopo quasi un anno è arrivato il giorno del Battesimo. Alessandra ha invitato anche la sua mamma e il suo compagno. Negli ultimi tempi si erano un po’ riavvicinate. Alessandra ci teneva a festeggiare con noi e le altre famiglie della casa. Sono venuti anche i miei genitori, il papà di Amedeo, la zia Elisa... Proprio come ad una festa di famiglia. Alla fine abbiamo detto a Alessandra di far vedere la sua casa alla mamma. Non aspettava altro se non il nostro invito. Poi sono venute anche a vedere la nostra casa. La mamma di Alessandra era proprio commossa. Ha abbracciato Amedeo e ci ha detto: «La vostra casa è bellissima, grandissima ma soprattutto si respira un’aria di famiglia, di accoglienza. Grazie che volete così bene a mia figlia... Spero che stia qui più tempo possibile». Poi è andata. Alessandra ha detto: «Perdonare vale sempre la pena, io la mia mamma l’ho perdonata». Mi sono venuti i brividi. Il Signore ci fa dire certe cose e poi ci convince che sono vere perché le vediamo.
Maria, Milano