La mostra in Corso Venezia.

In piazza, per «qualcosa di vivente»

Nella via dello shopping milanese campeggia la domanda «Da dove si riparte?». A fianco, il volantone di Natale. Un gruppo di amici incontra i passanti così. E un ragazzo, anarchico e ateo, si lascia provocare: «Voglio lasciare aperta la questione»

Pomeriggio del 15 dicembre, sembra che dopo una mattinata di nevischio il tempo possa reggere e così iniziamo. Siamo tra Corso Venezia e via Palestro in un freddo pomeriggio di shopping pre-natalizio. Con un po' di amici della Scuola di comunità, guidata da Claudio Bottini, vogliamo incontrare la gente, mettendo a tema il Natale ed una semplice domanda: da dove si riparte? Con alcuni amici abbiamo infatti preparato un manifesto con questa frase ed alcuni brani della lettera che Carrón ha inviato alla Fraternità a conclusione della sua esperienza al Sinodo.
Ma perché andare in piazza, cosa c’è in fondo da guadagnare? Vogliamo convincere le persone di qualcosa? In epoca di social network poi, non è nemmeno una modalità di grande impatto comunicativo. Sicuramente è un tentativo, un gesto comunitario nel quale ciascuno ha l'occasione di stare personalmente di fronte a quello che il Mistero fa accadere. Tutto qui. Il disagio non manca, ma anche gli incontri inaspettati.

Come quello di Claudio con un ragazzo di 24 anni, che si autodefinisce ateo e anarchico. Il volantone riporta la frase del Papa in cui dice che «nessuno ha la verità», piuttosto è Lei che possiede noi. Lui ascolta ed inizia un breve dialogo. Se ne va ringraziando e dicendo: «Voglio lasciare aperta la questione». Questo vale per tutti. Oppure Letizia di Messina, da poco a Milano, incontrata da Giulia. In giro con il marito per compere, si ferma e chiede che le venga spiegata la mostra, cosa siano quelle frasi. Andando via ringrazia, perché pur andando in chiesa non aveva mai sentito queste cose.

Non sappiamo cosa rimanga negli altri. Abbiamo però sempre l’occasione di guardare cosa resta in noi, dopo essere scesi in campo ed aver rischiato un giudizio. Si capisce subito se si sta facendo un discorso o si sta raccontando di sé.
Marcello scrive che dopo una serie di rifiuti come dire «non mi disturbare» si ferma e pensa tra sé: «Adesso fermo il primo che passa». Un ragazzo dall'aria assorta si ferma ed inizia un dialogo. Marcello racconta di sé, della sua vita ed il ragazzo parla allora del suo lavoro, della morosa, dei soldi, del desiderio di metter su casa e di imparare un mestiere (ha 26 anni e vuole fare il panettiere). Alla fine Marcello propone di rivedersi e si scambiano i numeri. A Marcello è venuto in mente un suo amico che può insegnargli il mestiere vicino a dove abita (molto fuori Milano).
Il giorno dopo Marcello richiama e, sebbene la ricerca del lavoro non abbia ancora dato frutti, si sente dire: «Grazie per la telefonata, molti non lo hanno fatto». Dice anche che vorrebbe un'altra occasione di incontro «perchè sono uno curioso, e perchè vi ho guardato, e sai cosa mi ha colpito? Come state insieme, come vi trattate».

Questi sono solo alcuni esempi, dei tanti piccoli incontri fatti. In fondo la cosa interessante di un gesto così è proprio questa: iniziare lentamente a guardare la realtà e stupirsi di quello che il Mistero fa accadere in ogni istante, anche di piccolo. Perché accade in piazza come nella quotidianità di ciascuno, come è accaduto a Betlemme un po’ di Natali fa.
Andrea, Milano