San Michele Arcangelo di Corridonia.

Come un panno bianco affidato al Papa

Da due anni Maurizio e Elvira, con altre famiglie, vivono nel villaggio San Michele Arcangelo di Corridonia, nato dalla Pars, comunità di recupero per tossicodipendenti. Il 17 giugno, in centoventi, sono andati in udienza da Francesco...

Sono Maurizio, sposato con Elvira da sette anni. Da circa due, viviamo nella comunità del villaggio San Michele Arcangelo di Corridonia: siamo sei famiglie, riconosciute dal Vescovo locale dentro la costituzione della “Fraternità San Michele Arcangelo”. Il villaggio è nato dopo la fondazione della Pars (Prevenzione, assistenza, reinserimento sociale), che opera dal 1990 nel campo della prevenzione e della cura delle dipendenze patologiche e del disagio giovanile, e dove si svolgono attività di carattere culturale e musicale, oltre a quelle specifiche per i ragazzi. Il tutto racchiuso nella cornice paesaggistica delle colline marchigiane.

Il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, don Massimo Camisasca, dopo essere venuto a incontrarci, ha voluto che sorgesse qui anche una missione di sacerdoti della fraternità San Carlo, per i quali si sta costruendo una casa con una piccola chiesa.

Il mese scorso, è arrivato l’invito all’udienza generale per il 17 giugno. Alcune famiglie sono scese a Roma con i propri mezzi e per gli altri è stato organizzato un pullman: centoventi persone tra amici, operatori e utenti. Tutti siamo rimasti colpiti che il Papa ci abbia accolto proprio ai piedi del sagrato di San Pietro, in una posizione privilegiata.

Il tema della catechesi trattava del lutto in famiglia. Io e mia moglie siamo rimasti molto colpiti da quanto ha detto il Papa, come se un po’ sottolineasse la condizione che i “nostri” ragazzi vivono prima di un pieno recupero. Il testo del Vangelo era quello della vedova di Naim e del figlio morto, poi risuscitato da Gesù: un brano caro anche a don Giussani. Il Papa ha sottolineato come Gesù, e Lui solo, avesse potuto restituire il figlio alla madre. Proprio l’esperienza cristiana, che si prolunga dentro un’opera come quella della Pars, può restituire questi giovani alle loro famiglie. Al termine della catechesi, avvicinarsi a papa Francesco è stata una gioia nella gioia. Era contento di coinvolgersi con noi in un canto che gli abbiamo dedicato, e che spesso viene cantato al pellegrinaggio Macerata-Loreto: Pieni di forza, di grazia e di gloria...

Con José, Silvia, Nicoletta e don Mario della San Carlo, siamo rimasti fino alla mattina del 19 giugno per la messa a Santa Marta. Quel giorno il sacerdote cerimoniere ha scelto ciascuno di noi per collaborare con il Santo Padre al gesto liturgico: José ed io come “chierichetti”, Silvia per la lettura del Salmo, don Mario per l’Eucaristia. La parola del Papa si è incentrata sul commento al Vangelo, che parlava dell’invito di Gesù a non accumulare i tesori sulla terra, ma a metterli a servizio del prossimo e di Dio. Di nuovo, sono rimasto colpito da questo richiamo alla conversione e all’essere ricentrati su Gesù. Ma ad avermi commosso, oltre alle sue parole, è stato un gesto ancora più forte: quando gli ho consegnato il panno bianco per la purificazione delle mani, lo ha preso con una stretta di mano forte, e mi ha ringraziato. Ho avvertito in me come se quel panno fosse la mia anima: potevo affidare me stesso a Cristo, per essere completamente rinnovato.

Questa esperienza è sicuramente qualche cosa di unico e irripetibile, da riportare alla memoria in ogni giorno della mia vita. Ero invitato a quella particolare mensa proprio io, e lì quelle parole e quei gesti mi investivano come per offrirmi un inizio nuovo e grande.

Maurizio