Un momento della GIornata d'Inizio a Khar'kov.

Percorrere “la via stretta“

A Khar'kov la Giornata di Inizio Anno tenuta da Franco Nembrini e Aleksandr Filonenko. Leda e Filippo raccontano quei quattro giorni. Partendo da posti e storie diversissime, la nascita di un'amicizia inaspettata

«Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai in una selva oscura»… E siamo rinati! Così Dante descriverebbe quello che ci è accaduto, tanto amato da tutti noi e soprattutto da Franco Nembrini, invitato da Aleksandr Filonenko a tenere la Giornata di Inizio Anno della comunità ucraina. Abbiamo avuto la grazia di essere invitati anche noi da Filonenko ed Elena ad andare quattro giorni a Khar’kov con molti degli amici che in questo periodo si sono coinvolti nell'amicizia con loro. Già questo fatto in sé è un miracolo: immaginatevi una trentina di persone che arrivano apposta dall’Italia, da Mosca, da Kiev, dalla Bielorussia, perfino dall’Irlanda, e tutti vengono ospitati in case private, da amici o amici di amici, da gente che non conosci.

Ma perché c’eravamo anche noi a Khar’kov i primi di novembre? Perché il Signore ci ha chiamati per nome, ha chiamato proprio me personalmente: «Filippo!», e mia moglie: «Leda!». E la Sua voce è inconfondibile.
Nel 2012 la mia azienda è entrata in una fase critica, nello stesso periodo io e Leda abbiamo appreso da un noto “luminare” che non avremmo mai potuto avere figli. Così, in un attimo, tutte le nostre immagini di vita sono state distrutte.
Ricordo ancora che una sera ho detto a un amico: «Il senso religioso, scuola di comunità, la fede… Tutto giusto. Ma ora devo risolvere i problemi al lavoro e quelli della mia famiglia. Poi mi potrò occupare di queste cose». Tutto quello che avevamo imparato in vent’anni di movimento ci sembrava inutile. Un "game over" e invece, proprio come per don Giussani, anche a noi è accaduto il Bel Giorno: Lui ha iniziato ad operare e noi Lo abbiamo visto.

Ero andato ad un incontro del Centro culturale di Firenze su Il Grande Inquisitore di Dostoevskij. Tat’jana Kasatkina parlava di una delle tentazioni di Cristo, di quando il diavolo Gli chiese di trasformare le pietre in pane, raccontava della “via stretta” come di una strada personale, come quella strada che il Signore ha pensato proprio per ciascuno di noi.
Mentre l’ascoltavo mi sono reso conto che noi non avevamo mai smesso di pregare per risolvere i problemi lavorativi e poter avere dei figli (chiedevamo che le pietre si trasformassero in pane, in sostanza!) ma ho come intuito che se anche avessimo avuto dieci figli o non avessimo avuto nessun problema al lavoro, la questione della nostra felicità non sarebbe cambiata, si sarebbe posta negli stessi termini. Quell’idea della "via stretta", proprio come poi, ancora una volta, la questione dell'essere stati chiamati per nome come la Maddalena, ci ha fatto accorgere di colpo che la circostanza data a noi, con tutta la ferita che ha dentro, è proprio la strada che il Signore ha pensato per la nostra felicità.

E sulla nostra via io e Leda abbiamo incontrato Rosalba, che ci ha proposto di condividere con lei l’amicizia con Filonenko, di partecipare all’avventura di Emmaus e di andare con lei a Khar’kov a febbraio. Noi abbiamo detto sì, immediatamente. Non perché l’opera fosse particolarmente bella (allora non sapevamo quasi nulla di Emmaus) e neppure per Filonenko (che non conoscevamo affatto), ma perché ci è stato subito evidente che tramite Rosalba il Signore stava chiamando proprio noi. È a Lui che abbiamo detto sì. Da qui è nata un’amicizia che si è sviluppata all’improvviso e in pochi mesi ci siamo ritrovati addirittura a decidere di passare le vacanze al mare insieme a questi nuovi amici.
Poi l’anno riprende, c’è da completare il lavoro vecchio e iniziarne uno nuovo, ci sono questi nuovi amici che ci sono stati donati, e si ricomincia il cammino, insieme.

Si torna a Khar’kov per qualche giorno, perché bisogna anche dire che Filonenko si è inventato un gesto nuovo: le Giornate d’inizio anno!
Primo giorno: tutti in università, lezione pubblica di Nembrini dal titolo: "Pinocchio per teologi e filosofi". Franco parla, in aula ci sono duecento persone, diversissime, che ascoltano con un’attenzione impressionante e il Signore mi chiama per nome ancora una volta. Infatti sono lì e mi sento raccontare una storia che conosco già, ma ad un certo punto mi accorgo che si stava parlando di me: Pinocchio è seduto vicino al fuoco e si brucia le gambe (e non se ne accorge nemmeno perché sta dormendo), Geppetto torna a casa, vuole salvarlo ma la porta è chiusa, e allora cosa fa? S'inventa un altro modo per entrare, entra dalla finestra.

Quella porta chiusa che impediva a Cristo di entrare io l'avevo costruita con le mie mani e per farlo avevo usato proprio il cristianesimo, che avevo ridotto ad un discorso ideologico: accade un fatto e tu hai una risposta pronta, preconfezionata, non c’è mai spazio perché la domanda del tuo cuore sia tutta gridata, così che finalmente possa imbattersi in un Fatto capace di attrarlo a sé. Ma Dio, attraverso la Kasatkina, Filonenko, Rosalba ed Elena, è rientrato dalla finestra, è venuto a riprendermi. E per me è iniziata una certezza nuova perché tutte le cose complicate che sono chiamato a vivere non sono per niente diminuite. Ora io sono certo, non di quello che ho capito sull'avvenimento, ma del fatto che, se io richiudo la finestra, Lui rientra dal garage e, se chiudo la saracinesca del garage, rientra dalla cantina.
Anche Leda in questi giorni ha ripensato a un dialogo avuto tempo prima con un’amica. Le aveva detto: «Io capisco che il cristianesimo è l'incontro con Cristo e che questo è un vantaggio umano, ma per tutte le prove che mi sono date nella vita a me questo non basta, a me serve un “super-vantaggio”!». E l’amica, contentissima, le risponde: «Hai totalmente ragione, vedrai che Dio non ti delude, io il “super-vantaggio” lo sto già vivendo».

Secondo giorno: andiamo (non tutti in massa, chiaramente) alla Casa volante, la prima vera casa di Lena e Tanja, affittata per loro da Emmaus grazie alle donazioni di tante persone arrivate da tutta Italia. Lena e Tanja erano ancora in orfanotrofio quando siamo andate a Khar’kov la prima volta, le avevamo conosciute ed eravamo rimasti colpiti dalla loro letizia e libertà, che impressionavano terribilmente a causa di un passato pesante e apparentemente insopportabile. Leda aveva nel cuore una ferita enorme e quindi l’urgenza di capire, così aveva chiesto esplicitamente alle ragazze: «Ma come siete riuscite a perdonare i vostri familiari per tutto quello che vi hanno fatto?». Lena le aveva risposto con semplicità: «Ma il perdono è la cosa più naturale che ci sia perché altrimenti per tutta la vita ti porti sul cuore un peso che non ti fa vivere». E lì, davanti a lei, tutte le nostre recriminazioni e i nostri lamenti sulle circostanze si sono frantumati in un istante.

Nel pomeriggio al Teatro Timur c’è stata la Giornata di inizio anno vera e propria, tenuta in coppia da Nembrini e Filonenko. A tema le domande che ci ha posto don Carrón per continuare il cammino: un’ipotesi di risposta nel racconto di come la vita, con tutti i suoi drammi, può essere vissuta umanamente, poi Maria Maddalena e la proposta di un’amicizia. Parole che si incarnano subito, per me, in una merenda tra amici, perché, grazie a Dio, Big Mac e patatine li trovi anche a Khar’kov. Sono amici, che conosciamo da pochissimo, dal Meeting di Rimini, ma con cui subito ci siamo ritrovati a condividere le cose più personali e a ridirci il nome di quell’attrattiva, Gesù, che attraverso questa strana compagnia ci aveva travolti tutti. Ci siamo parlati come se ci conoscessimo da anni e invece era solo la terza volta che ci vedevamo! Paolo ci ha fatto notare che per le nostre storie e i caratteri diversissimi non ci saremmo certo scelti e che mai e poi mai avremmo scelto di ritrovarci proprio a Khar’kov. Era evidente a tutti che un Altro ci aveva messi insieme e che seguendo le Sue tracce ci stava accadendo un avvenimento senza proporzioni, un avvenimento di amicizia.

Laura e Anna ci hanno raccontato di come è nato per loro l'amore per la Russia, Francesco di come lui e poi tutta la sua famiglia sono stati affascinati e cambiati dall’amicizia con Filonenko e la Maggie di come era stata sfidata dal cambiamento dei suoi amici. Ognuno con la sua strada, ognuno a percorrere la sua “via stretta”. Partendo da posti e storie diversissime ci siamo tutti messi “in movimento” e ci siamo ritrovati insieme.

Terzo giorno: la comunità di CL ucraina è una comunità ortodossa e così per iniziare l’anno insieme abbiamo partecipato insieme alla Divina Liturgia. E lì è stato veramente sorprendente: noi cattolici italiani felici di essere con i nostri amici ortodossi perché anche se non potevamo ricevere l’Eucarestia capivamo che nella comunione con loro eravamo parte dello stesso Mistero, eravamo Uno che si fa carne. E Leda ripensa alla lezione di Carrón, a quando Gesù dice alla Maddalena: «Non mi trattenere, perché non ne hai più bisogno». Capisce che anche quell’esperienza, quella ferita, poteva essere lieta perché vissuta nella verginità, nella suprema corrispondenza alle attese del cuore.

La sera, la testimonianza di Andrea e Carla. Tema: l’accoglienza. Di nuovo un incontro pubblico, questa volta siamo all’Istituto per la psicoterapia della famiglia, in cui i nostri amici milanesi raccontano del perché hanno aperto le porte di casa a delle ragazzine ucraine, dell’Amore alla loro vita, una vita che ha bisogno di un amore che invade il mondo fino ad abbracciare figli non loro, figli di quella gente che si trovano davanti. Ci saranno state quaranta persone tra psicologi e operatori sociali, abituati a un contesto in cui tutti i problemi li deve risolvere lo Stato. Ma anche quel gesto non era fatto per gli altri, era un gesto del Signore per ognuno di noi, e quindi per me. Così quando Andrea ha detto che il punto centrale non solo dell'educazione, ma di tutta la vita, è che l'uomo ha bisogno di essere perdonato continuamente e di sapere che c'è un luogo in cui può sempre tornare nonostante tutti gli errori io mi sono sentito abbracciato nuovamente. Il Signore è entrato da un’altra finestra ed è venuto a prendermi mentre io ero di nuovo lì a bruciarmi, incastrato nel mio dolore e nei miei sensi di colpa. Mi ha abbracciato così come sono, con tutti i miei limiti.
Insomma, il quarto giorno siamo ripartiti senza riuscire più a misurare niente, a ridurre quello che ci accade, a ridurre noi stessi. Siamo venuti via con la certezza rinnovata che a Dio andiamo bene così e questa per me è la cosa più incredibile!
Siamo venuti via con il desiderio di fare silenzio per sentire la Sua voce e di essere, usando un’immagine del metropolita Antonij di Surož, come i guanti di un chirurgo. Indispensabili perché le mani del Chirurgo che deve guarire il mondo possano agire, ma sottilissime, quasi invisibili, perché ad agire è Lui. Così ci siamo richiamati a essere come una “compagnia dei guanti sottili".
L’unità miracolosa che abbiamo vissuto con Filonenko e gli amici della comunità ucraina era una tale evidenza di Dio e del destino delle nostre vite che un’amica si è ritrovata a ripetere per sé le parole del cantico di Salomone e ha detto, sorridendo: «Dopo quello che ho visto in questi giorni, potrei anche morire».

Leda, che prima si sentiva morire perché non poteva aver figli, si è ricordata della promessa che le aveva fatto Elena: «Un giorno andrai in giro addirittura orgogliosa di non aver figli, di come il Signore ha scelto te, ha chiamato per nome proprio te» e di quelle parole sussurrate discretamente da don Nedo ancor prima: «Dio con te ha preso una scorciatoia». Si è accorta che la sua amica aveva ragione: il “super-vantaggio" esiste, stiamo incominciando a vivere anche noi.
È stato davvero un nuovo inizio.

Leda e Filippo, Prato