Alcuni bambini coinvolti nell'iniziativa Donacibo.

«Dono il cibo e scopro Chi dà gusto»

Una settimana tra le scuole a presentare l'iniziativa del Donacibo. Dalla domanda di una bambina al silenzio di una "arena" di liceali. Fino al cuore della questione: «Dove poggia la mia vita oggi, dopo aver perso il lavoro, a 58 anni?»

«Lei non può certo pensare di soddisfare tutti i bisogni di una famiglia povera! E se non li può soddisfare, perché ci va?». Questa la domanda che mi è stata posta durante il primo incontro per introdurre il gesto del Donacibo 2014. Una domanda apparentemente simile a quelle già sentite gli anni scorsi. Devo riconoscere che, però, quest’anno il contraccolpo è stato molto diverso. Sarà che a farle è stata una bambina di quinta elementare, sarà il fatto che l’essere dal 7 gennaio scorso in cassa integrazione mi ha fatto entrare nelle aule, dove si svolgeva l’incontro con i ragazzi, con un'altra coscienza di me e di quello che da quattordici anni faccio con alcuni amici, nel portare i viveri a settanta famiglie bisognose. Fatto sta che, nelle domande di quella bambina di dieci anni, ho sentito vibrare in me il tocco del Mistero che mi chiedeva se era vero, fino in fondo, che io vado a donare il cibo per riprendere in mano il desiderio grande di trovare Chi dà gusto alla mia vita. A quella bambina ho risposto che, se fosse per me, avrebbe ragione lei: non dovrei andare, non sono adeguato a soddisfare nulla. Vado, insieme agli amici, perché quel "Qualcosa" per cui vale la pena vivere si è presentato a me, io l’ho incontrato, è diventato un mio amico. All’improvviso il volto della bambina si è illuminato e d’istinto mi ha detto: «Ha ragione, se è per questo deve andare, è giusto che vada».

Dopo l’Istituto Comprensivo di Pedara, in provincia di Catania, mi sono ritrovato a parlare del Donacibo a 850 ragazzi riuniti nella loro assemblea d’istituto, in una scuola superiore a San Giovanni La Punta. L’insegnante non mi aveva detto che, per presentare il gesto, sarei dovuto entrare in una "arena di ragazzi" dai 14 ai 19 anni, dove non si capiva letteralmente nulla. Tempo concesso: 15 minuti. Ho pensato che quella sarebbe stata l’occasione per il Mistero di dimostrare che può tutto, anche attraverso la mia poverissima persona impaurita. Dopo un attimo di pausa dove c’era chi fischiava, chi rideva e chi gridava «vattene», ho detto: «Vi dovrei presentare un’iniziativa bella, ma prima vi voglio sfidare: chi di voi è sicuro che a pranzo, tra 3 ore, tornerà a casa dai suoi genitori? Io non ho questa certezza per me. La desidero, ma la garanzia che tornerò ad abbracciare mia moglie e i miei quattro figli non è in mio possesso». I ragazzi si sono ammutoliti. La preside e il mio amico Giovanni, l’insegnante che mi aveva invitato, erano stupiti per il silenzio che improvvisamente si è creato in quell'auditorium enorme. È cominciato un dialogo serrato e ordinato sul fatto che dipendiamo per natura da "qualcosa" o "qualcuno", da sempre. E quando questa dipendenza si allontana dalla nostra coscienza diventiamo violenti, superficiali e possessivi. Non riusciamo a rispettare nulla: né noi stessi, né gli altri. A quel punto ho raccontato dell’incontro avuto con un supplente di italiano quando avevo 17 anni e di come la mia banale vita, nell’accorgermi di essere voluto bene e abbracciato da sempre, è stata illuminata da una luce che continua ad affascinarmi anche ora, dopo 40 anni, e che mi ha a cuore più di mio padre e di mia madre.

Alla fine della settimana del Donacibo, dopo avere girato dieci scuole e incontrato 3400 studenti tra Siracusa, Giarre, Pedara, San Giovanni La Punta, Catania, Acireale, Chiaramente Gulfi e Ragusa, posso dire con immensa gratitudine che ancora una volta il Mistero mi ha sorpreso. La Sua presenza mi ha ridestato in modo inaspettato, attraverso i volti dei ragazzi a cui io dovevo spiegare un’iniziativa di carità. Avevo un discorso pronto per invitare di raccogliere viveri da portare alle famiglie bisognose, Cristo però mi ha spostato, ancora una volta, al cuore della questione: «Mi ami tu? Sono la consistenza della tua vita? Oggi, dopo 40 anni di movimento, a 58 anni e dopo aver perso il posto di lavoro?».
Nuccio