La Colletta Alimentare.

Quando "esserci" passa da una bottiglia di the verde

C'è l'amico che lascia i soldi per la spesa, o chi, malato, quest'anno non poteva dare disponibilità. E la generosità della gente, pur tra tante facce indifferenti. Così un volontario racconta la giornata di Colletta straordinaria

Sono le 20, siamo già a tavola con i bambini quando improvvisamente suona il citofono. Chi sarà mai? Non aspettiamo nessuno. È un nostro amico, in un baleno arriva al terzo piano e ci saluta: «Ciao Giorgino, ciao Stefy. Scusate per il disturbo e per l’ora, ma siccome domani non posso esserci alla giornata straordinaria del Banco Alimentare perché sarò fuori Rimini, volevo darvi questi soldi per fare la spesa per la Colletta. Ma mi raccomando: non dite a nessuno che ve li ho dati io!». Il nostro amico è una persona semplice, uno di cuore. Non è uno che nel movimento fa il responsabile o il capo di qualche cosa, ma nella quotidianità, nella Scuola di comunità, nella Colletta e in ogni nostro gesto c’è sempre, e, soprattutto, c’è con molta discrezione. Siamo tutti e due commossi. Concordiamo che lui è sicuramente uno che in Paradiso ci andrà con il biglietto di prima classe.

Il giorno dopo, alle 14.30, inizio il mio turno come responsabile alla Colletta. Come da qualche anno a questa parte, con il mio gruppetto di Scuola di comunità siamo in un supermercato di “frontiera” a Rimini. Non che sia in chissà quale posto sperduto, ma i clienti sono per lo più stranieri, soprattutto dell’est: russi, ucraini, moldavi… Sono impressionato. È quasi tutta gente dalla faccia dura, fanno fatica o, peggio, fanno finta di non conoscere la tua lingua, così da poter tirare dritto quando cerchi di dargli il volantino e chiedergli di poter donare qualche cosa. Gente che sicuramente ha passato o sta passando giorni difficili (il motivo non lo so, ma dai volti si capisce molto bene…). Gente che tiene fisso lo sguardo in basso tanto da non voler neanche incrociare i tuoi occhi per paura di un confronto umano, figurarsi a donare qualche cosa! Ma dopo tanto andirivieni a mani vuote davanti agli scatoloni, uno si ferma, ci lascia qualche cosa e con un sorriso ci dice: «Grazie che ci siete».

Più tardi vado a dare il cambio a mia moglie nel badare ai bambini in spiaggia, così da poter permettere anche a lei di fare una parte del turno. Dopo un’ora torna, un bacio veloce e il viso raggiante: «Grazie che mi hai dato la possibilità di andarci. Sono stata contenta di essere stata, anche solo per un’oretta, con le altre ragazze».

A metà pomeriggio viene a trovarci un’amica. Quest’anno non ha potuto dare la disponibilità per un turno in quanto malata seriamente, lei che non aveva mai mancato un appuntamento con il Banco Alimentare. Non ce la fa a stare in piedi per più di mezz’ora, ma comunque è voluta venire lo stesso per dare un saluto agli amici della Scuola di comunità, per esserci, per come il buon Dio riesce a darle la forza.

Alla sera, alla fine della Colletta, mancano ormai pochi minuti alla chiusura dell’ultimo scatolone, quando un’amica mi dice: «Guarda quello che è adesso alla cassa. Vedrai che ci darà qualche cosa. Si vede che è uno dei “nostri”». È un ragazzo barbuto, con il codino. Si avvicina e, anche lui con un sorriso, ci dona un pacco di pasta, dei legumi e una bottiglia di the verde. «Che strano», dice la mia amica: «Mica ha lasciato del the normale. È proprio verde! Che strano...». Io ribatto: «Magari per lui è la cosa più buona del mondo e l’ha voluta condividere con gli altri. Magari è il suo modo per esserci, per far partecipare altri di un suo desiderio di felicità».

Ecco dalla Colletta mi porto a casa proprio questo: aver capito cosa vuol dire “esserci” e cosa vuol dire “l’importanza della presenza”, che non è solamente il nostro modo - bello, giusto e santo - di stare di fronte alle questioni, ma è soprattutto quello di fare vedere, attraverso il riverbero dei nostri occhi e dei volti sorridenti, il nostro desiderio di felicità. Insomma, la presenza di Gesù!
Giorgio, Rimini