Don Giorgio Pontiggia.

«Il mio cuore è lieto perché Dio è vivo»

Uno studente ricorda don Giorgio Pontiggia, già rettore dell'Istituto Sacro Cuore, morto nel 2009, nel giorno in cui viene inaugurata la nuova tomba nel cimitero di Lambrate. Dove un intero popolo si è radunato per risentire l'abbraccio di un padre

Per sei anni abbiamo aspettato che venisse costruita una bella tomba a don Giorgio Pontiggia. Un intero popolo ha chiesto a più riprese che si trovasse una sistemazione nuova al suo amico e maestro don Giorgio.

Ed ecco che in un soleggiato pomeriggio di maggio si sono avvicinate al campo 14 del cimitero di Lambrate persone dalle età più disparate, provenienti da diverse zone di Milano. Tutti vestiti a festa, hanno raggiunto una tomba semplice, ma curata nei dettagli.

Per qualche minuto il professor Marco Cirnigliaro ha spiegato come era stata progettata la lapide: una pietra dura e semplice, ma con riflessi argentei, «spaccata» al centro da una croce di sassolini azzurri che «possono essere presi da chi viene a visitare la tomba e che saranno continuamente sostituiti». Accanto alla lastra di granito, uno spazio per lasciare dei fiori: è stato pensato in modo tale che sembra di depositare i fiori ai piedi di una di quelle montagne che tante volte abbiamo scalato, su invito di don Giorgio.

Poi ha preso la parola il nuovo rettore dell’Istituto Sacro Cuore, don Franco Berti, che ha guidato un gesto tanto semplice quanto intenso. Abbiamo cantato alcune canzoni care a don Giorgio: la splendida Ora so e, alla fine, Belle rose, intonata dal coro alpino. Lo stesso coro nato dalla passione di Pontiggia per gli alpini e le loro canzoni così carnali e grandi.

In un breve commento al Vangelo preso dalla liturgia, don Berti ha ricordato che la ragionevolezza di una vita vissuta si vede dai frutti e che la vita di don Giorgio, vissuta appassionatamente seguendo il carisma di don Giussani per far conoscere Cristo, ha portato grandi e buoni frutti, tutt’ora ben visibili.

L’intero gesto non è durato più di mezz’ora, ma ha avuto il sapore dell’infinito. La presa che ha avuto quell’uomo su di noi si è fatta risentire con tutto il suo vigore e ha permesso di poter dire, magari nel segreto della propria coscienza, la stessa frase ora impressa sulla sua tomba: «Il mio cuore è lieto perché Dio è vivo».

Luca, ex studente classe 1991, Milano