«Come si fa a vivere così?»

Un bambino in arrivo e l'ipotesi della sindrome di Down. Dal rifiuto di tutto a una compagnia che riapre la partita. «Solo perché carica della certezza della Resurrezione»

Caro Julián, ti scrivo per raccontarti come il giudizio del movimento sulla manifestazione del 20 giugno a Roma abbia interrogato me e mio marito. Per ragioni di lavoro viviamo in Spagna e non avevamo seguito molto la vicenda. Un giorno, però, interrogata da un’amica del gruppetto di Fraternità che chiedeva quale fosse la nostra posizione ho risposto con questa e-mail.

«Cari amici, vi scrivo per raccontarvi la mia esperienza sulla questione sollevata in merito alla manifestazione. Come molti di voi già sanno, aspetto un bambino. Dieci giorni dopo aver fatto il duo test (un esame che stima la possibilità che il bambino sia affetto da sindrome di Down), sono stata convocata in ospedale. Qualcosa non stava andando bene. La prima reazione, solo al pensiero che mio figlio non fosse sano, è stata di rifiuto completo verso tutto quello che avevo intorno: gli amici, mio marito, la mia famiglia, il bambino stesso. Ho pianto tutto il giorno, fino a quando Fabio ha chiamato una coppia di amici che ha un figlio Down e che ci ha fatto compagnia in quel giorno che sembrava non finisse mai. Questi amici non mi hanno guardato come una “cattiva madre” o una “cattiva cattolica” per il rifiuto che sentivo nel cuore; hanno pregato insieme a noi perché tutto andasse per il meglio e, allo stesso tempo, mi hanno testimoniato tutto il bene che quel figlio, Carlos, ha portato nella loro famiglia. Accompagnati da questi amici, il giorno dopo siamo andati in ospedale, dove mi hanno spiegato che ho una probabilità superiore alla media che mio figlio sia Down e quindi, per poter mettere in pratica una “maternità consapevole”, mi proponevano l’amniocentesi con relativi rischi. Ho detto di no, e non aggiungo la parola “ovviamente”, perché in tutta questa storia di ovvio non c’è proprio niente. Ho detto di no, fidandomi non tanto del mio desiderio (che come prima reazione faceva sì che nascesse un rifiuto, esattamente come tutti), ma dei volti e della vita di questa famiglia che abbiamo potuto guardare. Cosa c’entra quello che mi è successo con la manifestazione del 20 giugno? Per la prima volta nella mia vita ho vissuto sulla mia pelle l’esperienza di un mondo in cui l’aborto ha vinto legalmente e socialmente, tanto da essere proposto come maternità consapevole. Però, anche se tutto il mondo dice il contrario, l’aborto o il semplice “rifiuto” non hanno vinto nella vita mia e in quella di Fabio, né in quella degli amici che ci accompagnano. Da qui non mi ero posta il problema se partecipare o meno alla manifestazione, ma ora posso dire che seguirei l’indicazione di Carrón, perché abbiamo mille occasioni per testimoniare che Cristo ha già vinto, anche se dovessero passare tutte le leggi contrarie a quello in cui noi crediamo. Domani ho la morfologica, in cui non mi toglieranno al 100% la possibilità della sindrome di Down ma, nel caso in cui tutto vada bene, questa possibilità si ridurrà molto. Ho voluto scrivervi oggi perché, se domani tutto va bene, le mie parole potrebbero sembrare un racconto bello, ma edulcorato dal lieto fine, e se va male forse non avrò nemmeno la forza di scrivere».

Nel momento in cui scrivo abbiamo già fatto questo esame e tutto è andato bene. Ma in ospedale è successo un fatto che conferma ancora di più quanto ho scritto. Dopo l’ecografia siamo stati ricevuti dalla dottoressa che ci aveva proposto l’amniocentesi: si ricordava perfettamente di noi (anche perché siamo italiani) e della nostra scelta di non fare l’amniocentesi. Ti posso assicurare che era quasi più contenta di noi, mentre ci diceva che nostro figlio stava bene e che potevamo stare più tranquilli. Vogliamo ringraziarti perché, seguendo la tua indicazione, siamo stati aiutati a comprendere che nella nostra vita abbiamo la necessità di volgere lo sguardo a Cristo che è resuscitato davvero e ha il volto degli amici che ci accompagnano e delle circostanze che dobbiamo vivere ogni giorno. Facendo così, ci si può accorgere che Egli ha già vinto nel momento in cui introduce una novità, un modo nuovo di vedere e trattare le piccole e grandi cose della nostra vita. Solo un volto cambiato dalla certezza della Resurrezione può far nascere in noi e in chi ci sta intorno la domanda: come si fa a vivere così? Questa domanda è l’occasione dell’inizio di un vero cammino di conoscenza.

Lucilla e Fabio, Valencia