Il Palazzo comunale in Piazza del Campo, Siena.

Da Aosta a Ferrara: «L'aria che respiro quassù»

Una seconda tornata di lettere dei ragazzi di Gs. Dalla vacanza-studio a Macerata alla convivenza a Roma, con i seminaristi della San Carlo. Non mancano incidenti, imprevisti, incontri... Ecco i loro racconti

È accaduto, ancora una volta. E dopo tanto tempo è ancora impossibile non meravigliarsi. È accaduto nonostante il nostro limite, gli inconvenienti e i disguidi, a prescindere dalla location non ottimale e dal cibo mal cucinato… Durante le vacanze di Natale, centocinquanta ragazzi del Piemonte e della Valle d’Aosta sono partiti alla scoperta della grandezza dell’arte in Toscana, e per “incontrare” personalità, come santa Caterina, che, in un periodo storico drammatico, hanno saputo ripartire dalla bellezza del fatto cristiano.
Ci è stato ricordato fin da subito che la realtà è per noi, che basta essere semplici e accoglierne la provocazione. Uno dei ragazzi ha reagito: «Ecco perché non sarò mai cristiano: come fate a dire che la realtà è per me? Chi sono io? Io sono soltanto una domanda piena di rabbia in una realtà senza senso».
Ma la realtà è testarda. E, giorno dopo giorno, si è imposto uno spettacolo di grazia e misericordia. Da un'imprecisione nella pianificazione è nata, in modo imprevisto, l’opportunità di entrare, attraverso la Porta Santa, nel Duomo di Siena. E la possibilità per alcuni di accostarsi, dopo tanti anni, al sacramento della confessione. O ancora: da un incidente che ci ha trattenuti più di un’ora su una piazzuola d’autostrada facendo perdere a più di cinquanta ragazzi la presentazione degli affreschi del Palazzo comunale di Siena fatta da Mariella Carlotti, è sorta la disponibilità di alcuni, che erano riusciti ad arrivare in tempo, a improvvisarsi cicerone per gli altri.
I ragazzi si sono messi in gioco: chi ha presentato le opere d’arte, chi ha preparato i canti della prima serata, chi ha progettato il gioco dell’ultimo giorno. E quando Maurizio e Marco della Casa Rossa di Carrara hanno raccontato la propria esperienza, molti si sono riconosciuti nelle loro parole: «Sta parlando di me, quello sono io. Ho bisogno di un luogo che mi accolga così come sono e mi indichi una strada da percorrere insieme, che mi assicuri che c’è una risposta alla mia sete».
Sul pullman, durante viaggio di ritorno, quel ragazzo che aveva espresso un iniziale scetticismo ha voluto leggere al microfono una pagina del suo diario: «Questi quattro giorni sono stati il più grande riscatto della mia vita. Ho conosciuto delle persone stupende, accomunate tutte dal più grande sentimento mai visto, la religione. L’invidia che provavo per loro, è maturata in una spontanea felicità, culminata più volte in lacrime delicate, che sentivo pulirmi l’anima. Vedere il loro volti, ascoltare le loro storie e le loro voci, hanno risvegliato in me quel bambino che in diciannove anni ho sempre cercato di sopprimere. Il turbine di bellezza, verità e amore che mi ha avvolto in questi quattro giorni mi ha lasciato quasi sempre senza parole. Ancora adesso mi sento così pieno di vita che mi riesce difficile raccontarlo a me stesso, ma questo non mi fa più paura, questa grandezza non mi mette più in ombra, anzi mi solleva, mi innalza. L’aria che respiro da quassù è così buona e profumata».
Patrizia, Torino



Quando è arrivato il momento di andare alla vacanza a Matera, dal 2 al 5 gennaio, ero contento: avrei passato qualche giorno con i miei amici di Bologna, e avevo voglia di scoprire qualcosa di bello, che mi colpisse. Malgrado il mio impegno, la prima serata sono stato avvolto in una angoscia che non saprei descrivere. Con mio grande stupore e meraviglia, però, non è stata l'ultima parola, e il giorno successivo, dopo uno degli incontri più commoventi della mia vita, sono andato a letto segnato da un’emozione senza eguali, che mi ha accompagnato fino alla fine della vacanza.
Di solito mi succede sempre di vivere i giorni successivi alla vacanza con un po’ di malinconia, che finisce per trasformarsi in una grande foga di vivere tutto a pieno. Ma, con il passare del tempo, quella sensazione finisce per scomparire. Ed è proprio a questo punto che c’è stata la svolta. Quest’anno, invece della solita malinconia, ho provato un senso di rabbia enorme che non mi riuscivo a spiegare, tanto che me la sono presa con i miei genitori per questioni inutili. La sera, l’unica cosa che ho chiesto pregando è stata che quell’emozione vissuta in vacanza non finisse mai.
Dopo la scuola, che è andata inaspettatamente bene, ho preso un caffè con il responsabile della mia Scuola di comunità. Gli ho raccontato che tutto quello che avevo vissuto in quei giorni era stato uno schiaffo alla mia mediocrità, mi aveva risvegliato, e che avevo paura che tutto mi scivolasse tra le mani, e di tornare ad essere il solito, tiepido, ragazzo di sempre, perché sto scoprendo una vita più gustosa. Inaspettatamente, quello che sto vivendo ha scosso chi mi sta intorno. Uno dei miei compagni di nuoto, per esempio, si è accorto che c'era qualcosa di diverso in me. Dopo avermi fatto notare che sembravo rinato, mi ha rivelato di desiderarlo per sé. Ma come fa uno come me a dargli questa "carica", se io per primo ho paura di perderla? Quello che posso fare è soltanto fargli assaggiare quanto sia più gustoso e bello vivere così. Ci siamo lasciati speranzosi e uniti più che mai, con uno sguardo di amicizia intenso e leale e il desiderio di "rispolverare" il nostro rapporto.
Venerdì dovevo studiare greco, e non ne avevo molta voglia. Prima di studiare, però, ho dato un veloce sguardo al libro delle Ore, in particolare alle lodi mattutine: «Rispondimi presto, Signore, viene meno il mio spirito/ Al mattino fammi sentire la Tua grazia, poiché in Te confido».
Come ho sentito vera questa preghiera: la richiesta che non smettesse un secondo di guardarmi, perché tutto avesse più senso. E, studiando Greco, mi sono accorto che Saffo, quasi tremila anni fa, aveva lo stesso desiderio di bene nel cuore. Non importa che si rivolgesse a una divinità, come Afrodite. Sento, esattamente come lei, l’angoscia per la precarietà delle cose. Da quando sono tornato non ho fatto altro che tormentarmi per il desiderio che quello stupore vissuto non morisse mai. Quindi sì, ho paura. Ma allo stesso tempo vado a letto e mi sveglio tutti i giorni commosso.
Quello che chiedo, pregando, è che resti tutto così chiaro. E per aiutarmi ho tirato fuori dai cassetti appunti, libretti, volantini. Li ho riletti, vado all’Angelus, invito amici a dirlo insieme. Tutto per non morire. Mi sono accorto di essere circondato da strumenti, dalla Scuola di comunità alla caritativa, fino allo studiare insieme, che possono essermi compagni. Ho un assoluto bisogno che tutto quello che mi circonda assuma un significato. E sono desideroso di vedere quelle facce amiche che hanno vissuto questa esperienza insieme a me. Riparto con una speranza molto avvincente.
Andrea, Bologna



Ero molto contenta di andare a questa convivenza-studio a Loreto, ma altrettanto dubbiosa, perché quando sono sui libri ho bisogno di stare da sola. Con tutti gli altri, pensavo, non avrei combinato niente. Invece, fin dall’inizio, sono riuscita a concentrarmi e studiare. L’ambiente era bellissimo, perché tutti erano presi da ciò che facevano, eppure non ne rimanevano schiacciati. Ho riscoperto che l’amore che ho per lo studio si può rinnovare sempre, ogni giorno, soprattutto con una grande compagnia come la nostra.
Dopo pranzo, ci siamo messi a cantare. Lo abbiamo fatto con il cuore, con piacere, anche con gli adulti. In quel momento, forse più che in altri, ho visto quanto fosse grande il desiderio di felicità, che spingeva tutti noi ad essere presenti, tanto da fare di ogni attimo un tesoro prezioso. L’energia che ci avevano trasmesso le canzoni ci ha permesso di studiare per il resto del pomeriggio. Il momento più bello della vacanza è stata quando ho studiato Tedesco con un'amica più grande. Questa lingua mi ha sempre attirato per la sua complessità, ma a volte può far perdere la pazienza. E invece mi sono scoperta a studiare bene, ma anche con una leggerezza d’animo nuova. La sera, siamo andati a suonare in un bar. La mattina dopo siamo rimasti tutti molto colpiti dalla lettura della lettera del veterinario pubblicata su Tracce di dicembre. Abbiamo continuato il nostro studio e, quando chiedevo agli altri come stavano andando quei giorni, tutti erano contenti. Io, che cerco sempre di godermi tutto, soprattutto lo studio, ho scoperto quanto fosse prezioso questo desiderio, e quanto è sorprendente viverlo con degli amici così. Non saprei come definire una convivenza del genere: è seria, perché abbiamo lavorato moltissimo, ma con un risvolto sempre positivo. La descriverei con una parola: eccezionale, perché è l'apparire di ciò che è più naturale.
Cecilia, Ancona



Abbiamo vissuto quattro giorni a Roma, in compagnia di alcuni seminaristi e sacerdoti della San Carlo, conosciuti grazie a un nostro amico di Ferrara. Siamo stati con loro sia partecipando alla loro vita quotidiana: dalle lodi alla messa, poi il calcetto, le serate di canti, fino all’adorazione eucaristica... sia facendoci accompagnare e introdurre all’entrata nella Porta Santa, attraverso la scoperta dei Santi Pietro e Paolo. La proposta della vacanza era di poter stare con chi vive una decisività rispetto all’incontro fatto con il Cristianesimo, che illumina e dà forma alla vita in ogni suo ambito. Racconta Chiara: «Quando prima di partire mi avevano proposto di partecipare al gruppo culturale, e di presentare alcuni luoghi e monumenti della città, ero un po’ scocciata. Non avevo voglia di studiare altre cose oltre a quelle che dovevo fare per la scuola. Invece, fin da subito, mi sono accorta di come affrontavo il lavoro che mi era stato dato da fare. Non volevo ripetere le cose come una macchina, ma desideravo che i miei amici capissero cosa c’entrasse quello che vedevano con la loro vita. Non ho mai vissuto così totalmente una vacanza, ogni giorno ero protagonista e dovevo decidere se aderire o meno alla proposta che mi veniva fatta, dal canto ai musei vaticani, fino a Caravaggio».
Una Presenza viva si è manifestata con tutta la sua radicalità e decisività fino a farci fare cose che normalmente non avremmo fatto. Come la proposta di partecipare all’adorazione eucaristica domenicale. All’inizio eravamo tutti un po’ spaventati: un’ora di adorazione in silenzio. Invece un ragazzo ha scritto: «Anche se ero in silenzio “da solo” non mi sentivo solo perché vedevo accanto a me i miei amici e i seminaristi, e questo mi dava la forza per andare avanti. Ho capito qualcosa di più sul valore del silenzio. Ad esempio, quando ci veniva proposto al campo estivo, l’ho sempre inteso come stare zitti. Ora penso che il silenzio debba servire proprio per “parlare”».
Tornando a casa, abbiamo riconosciuto di avere scoperto un tesoro che non rimaneva a Roma, ma che è diventata la possibilità di vivere a Ferrara la stessa pienezza, come ci scrive Giulia: «I seminaristi sono così perché vivono a fondo la stessa amicizia che vivo io e quindi non mi manca niente, posso anche io vivere così. Bisogna investire su questa amicizia, che è radicale. Siamo insieme per aiutarci a dire di sì, ognuno il suo, perché nessuno può dirlo al mio posto, ma nel farlo non sono da sola. Ho una compagnia di gente che mi sostiene in questo». O come mi scrive Chiara: «Sto iniziando a capire cosa significa fare memoria di quello che abbiamo incontrato, comincio a non sentirmi più sola anche se fisicamente è così. Ora non penso che a scuola cambi radicalmente tutto, però è come se mi si fosse aperta una possibilità. Non parto con l’angoscia, parto con il desiderio di andare in fondo a questa amicizia, e con la certezza di essere voluta bene e accompagnata».
Riccardo, Ferrara