La giornata di fine anno di GS ad Albiate.

GS. Tra guerrieri e ponti di legnetti

Domenica 5 giugno la giornata di fine anno nel parco di Albiate. Canti, giochi e rapporti che nascono anche sotto il temporale. Un ragazzo racconta di «un'esperienza vissuta che da sola vale più di mille altre cose»

«La gente che vive si incontra». Semplice come frase, eppure non si può dire lo stesso del suo significato ultimo, più intimo. Cosa vuol dire? La gente che incontro per strada è viva? Mi sembra ovvio, eppure non ne sono convinto: sono davvero incontri? Come scoprirlo? Incontrando, ma con uno di quegli incontri belli, che, caschi il mondo, torni a casa felice. Ecco che quella frase, che trovo scritta sul mio tesserino e gli altri sette che mi ritrovo in mano da dare ai miei compagni di raggio, sembra nascondere un’enorme sorpresa e per questo devo lanciarmi con il cuore in una mano e un cubo di legnetti nell’altra.

Ok, il cubo di legnetti è una lunga storia, una storia che ha prodotto litigi in famiglia, a cui molti si sono un po’ arresi. Ma sono il materiale da costruzione per i ponti, necessari per incontrarsi. Follia? Ponti di cubi di stecche di legno… No! Faceva tutto parte della giornata di fine anno di Gs, anche quei dadi di stecchini, che ci ha portato fino ad Albiate, domenica scorsa, in uno splendido parco di querce, cedri e magnolie. Ragazzi da tutta la Lombardia si sono incontrati davanti ad una villa in un parco, accolti da canti e indicazioni, pronti a partecipare a un pomeriggio di gioco intenso sotto il sole. Tempo due ore e ha cominciato a diluviare, ma questo non ha scalfito gli animi.

Per il gioco eravamo divisi in quattro squadre, ed ognuno aveva un ruolo (guerriero, cercatore, cuoco, architetto e ballerino), tutti con un compito diverso, ma con l'obiettivo di costruire ponti attraverso i mitici cubi. I guerrieri dovevano conquistare le città delle altre squadre, sfidando i difensori attraverso diverse prove: palla prigioniera, tiro alla fune, calcio seduto, ma anche prove molto più strane, come muovere soffiando una pallina da ping pong lungo un circuito, o passare un pezzo di cotone da un naso all’altro solo con l’aiuto di un po’ di crema. I cercatori andavano alla caccia dei "bottini" dei guerrieri, le rondelle, usandole poi per comprare dei cubi che, consegnati agli architetti, sarebbero stati "trasformati" in ponti. Le altre due categorie di giocatori dovevano affrontare delle gare aggiuntive che, una volta valutate, avrebbero dato punti in più.

Ed ecco che la mia invincibile squadra di guerrieri si lancia prima nella difesa e poi nell’assalto di altre città, senza perdere mai un colpo! Ma le nuvole stavano tendendo un agguato più grande delle nostre forze: la pioggia ha lasciato a metà i nostri sforzi. Ma i ponti li avevamo già costruiti tra di noi. Me ne accorgo solo ora, ricordando la giornata: quante persone ho incontrato, quanti nuovi nomi ho portato a casa! Ecco, quindi, una prima risposta alla domanda iniziale: «la gente che vive si incontra», nel senso che tende naturalmente a cercare l’altro; eravamo tutti lì per trascorrere un pomeriggio con gente che vuole vivere. Anche un gioco così diventa significativo, non per quello che è in sé, ma perché è difficile ritrovarsi a passare un pomeriggio del genere per esempio con i miei compagni di classe, anzi non succede quasi mai. Per un ragazzo che deve fare la maturità, pensare di passare un pomeriggio a giocare è impensabile, sopratutto all’aperto, con il sole e la pioggia e con centinaia di altri ragazzi. Ed essere contento.

Col temporale siamo tutti corsi al riparo, chi sotto i porticati, chi sotto i gazebo. Li avevamo riempiti in ogni angolo possibile, ma è stato divertente anche così. Era acqua, una goccia in più sulla maglietta sudata non faceva differenza. Fradici come non mai ci siamo diretti verso la chiesa di Albiate, dove abbiamo celebrato messa. La chiesa non era grande e noi eravamo tanti, tutti ammassati tra le panche e sul presbiterio, bagnati e infreddoliti. Eppure nessuno si è lamentato. La giornata si avviava alla conclusione e tornati davanti alla villa, abbiamo fatto merenda con un buffet. Forse quello è stato il momento più bello, tra il cielo rasserenato, il risotto nero e gli amici. Poco dopo, abbiamo cantato insieme, in un’atmosfera tranquilla, serena e insieme festosa.

Rispetto a tanti incontri e momenti che si fanno, lì c’era un’esperienza vissuta che da sola valeva più di mille altre cose. Serve un momento del genere ogni tanto nella vita, per guardare gli altri. E per poter costruire non muri, ma ponti.

Martino, Milano