I pellegrini della Macerata-Loreto.

Fratelli, in una notte piovosa di giugno

Una giovane liceale e la "sua" Macerata-Loreto. Un pellegrinaggio lungo, faticoso e sotto l'acqua, ma sempre con qualcuno al proprio fianco. E c'è anche chi, davanti a un popolo in cammino, si commuove: è il segno di «qualcosa di grande»

«Al ritorno nelle vostre case traspaia dai vostri volti una altrimenti impossibile diversità, segno della portata dell’attrattiva dello sguardo di Cristo, perché “la Misericordia è una commozione che tocca le viscere”».

Leggendo l’augurio inviato da don Carrón in occasione della Macerata-Loreto, mi sono subito risvegliata dalla pigrizia da cui ero stata assalita poche ore prima della partenza per Macerata, quando pensavo al lungo viaggio e alla fatica che avrei fatto.

A smuovermi, oltre a queste parole, sono stati due amici che questo pellegrinaggio lo avevano fatto già altre volte. Li guardavo contenti e desiderosi di andare a ringraziare la Madonna di Loreto per l’anno trascorso. Ai loro volti raggianti che mi invitavano, non potevo dire di no. Dopo il viaggio in pullman da Milano a Macerata, dove vedevo persone amiche - e non - contente, coscienti di quello che stavano andando a fare e attente a qualsiasi informazione venisse fornita per vivere al meglio il pellegrinaggio, siamo arrivati allo stadio. Subito dopo la messa è cominciato il cammino.

È stato fondamentale aver avuto al mio fianco persone il cui desiderio di camminare tutta la notte per chiedere e ringraziare non fosse fermato dalla fatica e dalla pioggia, che cadeva scrosciante. Erano invece certe della riconoscenza che desideravano rendere alla Madonna, e soprattutto coscienti della gratuità di tutto ciò che era capitato loro durante l’anno, senza aver fatto niente per “meritarlo”.

Cantare, pregare, camminare e scoprirsi tutti quanti fratelli in cammino mi ha commosso.

Arrivare a Loreto la mattina e vedere, nonostante la stanchezza e la voglia di tornare a casa a dormire, una signora che piangeva, guardando arrivare un fiume interminabile di persone, ha scolpito dentro di me la certezza che andare nella direzione in cui ci siamo mossi quella notte può solo riempire di ulteriore gratitudine e stupore. Dopo una notte di duro cammino, tutti cantavano ancora Pieni di forza, di grazia e di gloria.

Don Carrón, nel suo messaggio, diceva: «Il silenzio e la preghiera vi riempiano di stupore per il palpito del cuore di Dio verso ciascuno». Nella donna che piangeva arrivati a Loreto ho potuto capire come noi pellegrini fossimo il segno di qualcosa di grande che, una volta incontrato, riesce a smuovere il cuore di ognuno.

Tornata a casa, fra gli amici e i familiari, non posso fare a meno di riconoscere di essere stata toccata nelle viscere, come ha detto il Papa, sempre più certa della «promessa irreversibile della sua misericordia», che si manifesta perfino durante una piovosa notte di giugno, in un lungo e non facile cammino.


Maddalena, Milano