I musicisti nella comunità di clarisse di Orvieto.

Una «ragionevole follia»

Dopo il concerto nel monastero di Orvieto a Capodanno, Walter e i suoi amici sono tornati dalle clarisse. Questa volta per una cantata di brani napoletani. E con una consapevolezza: «Nulla sarebbe accaduto senza la presenza del Buon Gesù»

Il primo dell’anno 2016, un gruppo di amici regalò un concerto di canti mariani ad una comunità di suore clarisse di Orvieto. A seguito di quella esperienza straordinaria, in un altro passaggio in zona per una festa di compleanno, a Paolo viene un’altra idea: gli piacerebbe tantissimo, anche in una forma semplice, offrire alle clarisse (che provengono quasi tutte dalla Campania) una cantata di brani partenopei. Inizia così un percorso tanto folle, quanto ragionevole. Perché un po’ di follia ci vuole, non quella di chi fa cose senza senso, ma quella che porta le ragioni della fede e che fa moltiplicare i frutti secondo la dinamica del centuplo.

La prima follia è quella di chi non teme di domandare. Alla richiesta di Paolo, mi viene in mente che, poco più di un mese dopo, avrei avuto un concerto di canzoni napoletane con un ensemble di sei musicisti a Foggia. È vero, Orvieto non è proprio sulla strada da Milano, però, se tutti gli altri sono d’accordo, ci si può pensare, spezzando il viaggio e chiedendo l’ospitalità per la notte. Si tratta solo di comunicarlo a cantante, percussionista, due violiniste e un violoncellista. Nel frattempo, Paolo deve chiedere alla madre superiora se la data va bene.

E si attiva la follia di chi non teme di accettare. Nel giro di pochi giorni Gianni, Anna, Paolo e Franco dicono di sì. A Beatrice ci vuole qualche attimo in più, perché dopo il concerto di Foggia aveva organizzato un giro con marito e figlioletto, e vanno aggiustate, cambiate un po’ di cose. Ma ci vuole poco. Quando il seme è buono e attecchisce su terra buona, i frutti nascono in continuazione. Così, in quella fase della vita in cui l’età comincia a far chiedere se e quando si rivedranno gli amici lontani, nemmeno un mese dopo gli amici di Milano ed Orvieto si incontrano di nuovo, e non solo: se ne aggiungono di nuovi.

Ma occorre menzionare un’ultima follia: quella di chi non teme di accogliere. La madre superiora ci mette a disposizione il parlatorio grande del monastero Buon Gesù, non solo per il concerto, ma anche perché, una volta che le Sorelle si siano ritirate per la compieta, possiamo cenare e stare un po’ insieme agli amici di Orvieto: «Mi ridarete le chiavi domattina!». Una sola condizione perché tutto possa avvenire: che si canti anche Munasterio 'e Santa Chiara. Come dire di no.

La grata è aperta, una cinquantina di amici schierati ad ascoltare, nostalgia, allegria e commozione si alternano, insieme alla convinzione che, senza la presenza del Buon Gesù, a cui il monastero è intitolato, niente di tutto questo sarebbe stato possibile. Alla fine tutti i musicisti stanno per quasi un’ora a chiacchierare con le suore e l’esperienza di questi carismi diversi che si incontrano lascia segni indelebili in tutti. Con esperienze concrete: le suore hanno preparato con le loro mani focacce e dolci che ci offrono prima di congedarsi e darci appuntamento alla prossima occasione che, ne siamo tutti certi, ci sarà.

Walter, Bresso