«È vero, è tutto qui»

Il terremoto di domenica è stato il più forte. Anche per chi ne ha vissuti tanti: «Mai sentita una potenza simile». Il terrore mentre si è in casa con il figlio piccolo e la preoccupazione per le più grandi che sono via. E il messaggio di un amico...

Domenica 30 ottobre, ore 7.41. Un grande spavento. Mi viene da usare la parola terrore. Di terremoti ne abbiamo sentiti tanti qui, in Centro Italia. Ma questo è stato davvero incredibile; mai sentita una potenza simile.

Mi ero appena svegliato e in casa eravamo solo io, mia moglie ed il piccolo di tre anni. Una figlia dormiva a casa di un'amica e le due più grandi erano a una convivenza-studio con GS, in un luogo molto più vicino all'epicentro.

Appena finita la scossa, mentre la palazzina continuava a ondeggiare, ho realizzato: «Questa avrà fatto migliaia di vittime». Mi ha assalito la paura. Ovviamente i telefoni non prendevano e non riuscivo a mettermi in contatto con nessuna delle persone che erano con le mie figlie.

A un certo punto il telefono di mia figlia grande ha squillato, ma non ha risposto nessuno. Mi sono vestito in dieci secondi, pronto per partire in macchina. Mentre indossavo la giacca, mia moglie mi ha "scosso": «Ma che hai? Calmati, non sembri tu».

In quell'istante, in cui qualcuno mi chiamava, mi ri-chiamava, mi sono accorto che il terremoto, in me, era stato devastante. Cinque minuti in cui era letteralmente crollata, non la casa, ma molto di più: la mia certezza.

Ma ringrazio Dio. Alcuni attimi dopo ha chiamato mia figlia. Stavano tutti bene e avevano deciso di rientrare a Perugia. Qualche messaggio a parenti ed amici: tutti stavano bene.

Poi è arrivata una telefonata di un amico di Cremona: «Guarda che il messaggio che mi hai mandato l'altra sera è tutto, li c'è tutto». Lo vado a rileggere. Due anni fa è morto un amico carissimo, Andrea. Sua moglie all'ultima Scuola di comunità era intervenuta dicendo: «Quello che Jean Valjean ha vissuto con il vescovo Myriel, lui lo ha portato per tutta la vita». È quello che è successo a me. Perché, per me e per i miei figli, l'esperienza di Andrea è l'esperienza di una bellezza.

Le preoccupazioni sono tante, ma la mia domanda è: «Tu, come vinci di fronte alla preoccupazione per i figli? O per il lavoro?». È questo il luogo del "mio" dialogo. Io ho visto Lui vincere. Allora, chiedo con più certezza: «Tu, qui, in questo momento, in questa circostanza, come vinci?». È vero, è tutto qui.

Michelangelo, Perugia