"Dalla mia vita alla vostra" a Palermo.

La ragione valida per alzarsi al mattino

Al cinema "Al Politeama", la mostra "Dalla mia vita alla vostra" su don Giussani. Dai visitatori a chi ha spiegato i pannelli, cronaca di un evento che ha fatto conoscere il prete milanese a molti. Facendolo riscoprire ancora vivo
Viera Catalfamo e Giuseppe Lupo

«Siamo entrati perché la ragazza là fuori ci ha dato un volantino dicendoci che questa mostra è su un uomo che aveva una ragione valida per alzarsi la mattina. A noi interessa questo, perciò vogliamo vedere». Con queste parole si è presentato quasi a chiusura un gruppetto di ragazzi sulla ventina, orecchini e magliette larghe. È un sabato sera a Palermo, a un centinaio di metri dalla piazza più centrale della città all’interno del cinema “Al Politeama”, ha appena aperto i battenti la mostra allestita su don Giussani.

Come quei ragazzi, anche molte altre persone vedono la mostra. Con tutti accade qualcosa. A partire dal turista milanese che racconta di essere stato al Berchet con don Giussani. «Non l’ho seguito nella mia vita, però lo ricordo come una presenza autorevole che riusciva ad imporsi nella classe con naturalezza». O l’iraniano comunista che attacca discorso con chi stava volantinando per prendere un po’ in giro e che alla fine ha dato il suo numero e ha chiesto pure di rivederci per parlare di papa Francesco e di don Giussani.
O ancora, l’uomo appoggiato al muretto, a cui viene dato il volantino, che inizialmente era sfuggito senza ascoltare, ma poi chiama con forza: «Vieni qui! Lo sai? Anche io ero di Comunione e Liberazione». E chiede: «Chi c’è oggi?». «Ci siamo tutti». E lui incalza: «C’è Peppone? Ed il professor Badalamenti?». «Anche loro». Entra ed incontra Peppone. Così accade il riannodarsi di una storia interrotta tanti anni fa, nel corso di una vita appesantita da eventi drammatici.

Ma il più grande stupore nasce in chi la mostra l’ha fatta: come Giovanni, Silvia, Chiara, Piera, Barbara, Cinzia e Rosalia, Gianpiero e Angela, che si ritrovano una libertà totale che permette loro di fermare chiunque per invitarlo a vedere, trovando il miglior modo per proporre la mostra o soltanto discutendo sul contenuto del discorso del 7 marzo di papa Francesco. O, ancora, le guide. Tanti visitatori hanno detto che la cosa più bella è stata l’entusiasmo che si avvertiva in quelle spiegazioni. Don Carmelo Vicari, il sacerdote che segue la comunità di Palermo, si ritrova verso mezzanotte con alcuni di coloro che hanno preparato il gesto in pizzeria e dice: «La cosa più bella di questa mostra è che tutte queste cose di cui voi parlavate io le ho vissute, ma questa volta non era come quando si ascolta una storia del passato raccontata da altri, magari in tv: la mostra è stata coinvolgente anche per me che non ascoltavo nulla che non avessi già sentito o visto».

In occasione del secondo incontro di preparazione Piera aveva detto: «Io vi ringrazio perché avete coinvolto in questi incontri anche noi che faremo il volantinaggio. Ci ha permesso di raggiungere una maturità e un giudizio su ciò che abbiamo incontrato e su cosa proporremo alla gente che incontreremo».

Al primo appuntamento, si trovano in un gruppetto di persone non troppo nutrito e cominciarono a leggere insieme i pannelli. E succede qualcosa di imprevisto e imprevedibile: quelle foto, quei testi parlano a ciascuno, sfondano il già saputo. I due che avevano preparato l’incontro sono i più sorpresi: sta accadendo qualcosa d'altro. Così, la seconda volta il gruppetto si allarga: anche lì ciò che accade sfonda le aspettative. Negli ultimi giorni c'è un tam tam di gente che si aggiunge («posso volantinare anch’io?»). Uno di loro, che non può venire perché ammalato, più o meno all’inizio di suo turno invia questo sms: «Ho finito di recitare il Rosario per tutti voi e per la mostra». Don Julián Carrón, nell'introduzione agli Esercizi della Fraternità, domandava: «Quello che abbiamo celebrato nella Pasqua è solo un fatto del passato? A questa domanda non si può rispondere con una riflessione. Che cosa documenta la verità, cioè la realtà, di ciò che abbiamo celebrato nella Pasqua? Solo un fatto: l'evento di un popolo, come quello che noi abbiamo visto in Piazza San Pietro». Come quello che noi abbiamo visto in piazza Politeama.