Gerusalemme.

GERUSALEMME Pellegrini, tra germogli e pietre vive

La guerra non ferma i pellegrinaggi nei luoghi santi in Medio Oriente. Ecco il racconto del viaggio di un piccolo gruppo partito da Milano
Emmanuele Michela

Anche nel deserto può spuntare un germoglio. Anche nel posto in questo momento più arido e ostile, il Medio Oriente, qualcosa continua a muoversi. È quanto ci racconta don Mario Garavaglia, di Milano, che ha appena accompagnato una cinquantina di pellegrini per un viaggio in Terra Santa.
«Lo scopo del pellegrinaggio era duplice: vedere i luoghi del cristianesimo e conoscere chi vive adesso la fede cristiana in quelle terre».
Don Mario spiega in che modo è nato il viaggio, per iniziativa di alcune coppie, che poi l’hanno proposto ad altri amici: «L’idea del pellegrinaggio era talmente sentita che altri amici si sono offerti di curare i loro figli per quei giorni. Siamo partiti perché ci interessava vedere quei posti, quelle pietre che sembrano morte ma che, alla luce della nostra esperienza, sono il primo segno di una vita: per questo abbiamo cercato un alloggio anche umile, purché fosse all’interno della città di Gerusalemme, così da poter andare più volte possibile presso il Santo Sepolcro».
Pietre vive, quindi, a testimoniare una storia ed una vita, sia per chi viene da lontano per vederle, sia per chi in quelle terre ci abita: è stato con alcuni di loro che il pellegrinaggio ha vissuto i suoi momenti più belli e significativi. «Ad accompagnarci - ci dice don Mario - c’era padre Fredrich Manns, un francescano, in Terra Santa da 35 anni e grande studioso della Bibbia. Tommaso Saltini, un amico responsabile dell “Associazione di Terra Santa”, gli aveva raccontato del movimento, e Manns, interessato, gli aveva detto che gli sarebbe piaciuto conoscere meglio la nostra esperienza accompagnando qualcuno di noi». E così, ecco che padre Manns conosce don Mario e gli altri italiani. «Per noi è stato un incontro bellissimo: Manns conosce ogni angolo di Israele, e ci ha accompagnato a riconoscere tutti i segni della presenza di Gesù in quei luoghi: dove ha abitato, il contesto in cui ha vissuto, ecc…».
Oltre a Manns, è stato possibile conoscere anche padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, che ha spiegato loro cosa significhi vivere la propria fede in Medio Oriente in questi anni di tensione e di difficoltà: «Ciò che stupisce di questi frati è l’eroicità dei loro piccoli gesti quotidiani, che da secoli si ripetono con la solita costanza; padre Pizzaballa ha detto chiaramente che è proprio grazie a questi gesti ripetitivi che è stato possibile restare fedeli alla custodia sui luoghi sacri. Anche a Gaza, per esempio, c’è un frate che non ha intenzione di abbandonare la sua piccola parrocchia».
«Vedere questi posti e conoscere queste persone ha dato prova alla nostra esperienza - ha concluso don Mario - e ci ha fatto capire come l’orizzonte della Chiesa sia universale. In alcune città qui in Palestina, come Betlemme, i cristiani sono sempre di meno. Ma è una piccola presenza che continua a ricordarci che in quei posti duemila anni fa è nato il cristianesimo, e che anche ora, persino in queste difficoltà, è possibile che sorga quel germoglio di cui parla don Carrón».