Il gruppo di Padova in pellegrinaggio.

TERRA SANTA
I passi di ognuno sui passi di Gesù

Da Padova a Gerusalemme in 170. Un pellegrinaggio di un bel gruppo etorogeneo, tra gente della Fraternità padovana e uomini di istituzioni. Il programma? Niente di più facile che seguire
Walter Gatti

Centosettanta padovani in pellegrinaggio a Gerusalemme. Un pellegrinaggio “normale”, ma - visto che alla fine ne hanno parlato tutti i quotidiani del Veneto - forse tanto “normale” non è stato. Un viaggio in Terra Santa che ha visto la presenza di varie personalità: dai sindaci di Padova e Vicenza al capo della comunità ebraica, solo per citarne alcune. Insomma: un bel bailamme di gente della Fraternità padovana e di uomini di istituzioni.
Ognuno ci ha messo del suo, con onestà. Era un pellegrinaggio con un programma preciso: niente di più facile che seguire, partecipare, coinvolgersi. Sui passi della via dolorosa a Gerusalemme e tra le colonne della sinagoga di Cafarnao, di fronte alla grotta della Natività di Betlemme come pure guardando le pietre della casa di Maria a Nazareth si sono viste facce coinvolte, occhi che scrutavano. I passi di ognuno sui passi di Cristo, tutti quanti a provare a immedesimarsi con Pietro e Giovanni, con Zaccheo sul sicomoro di Gerico, con le donne che piangono davanti al Figlio in croce, con Giuseppe d’Arimatea che mette a disposizione il suo sepolcro per deporre il corpo del Salvatore. I sindaci Achille Variati e Flavio Zanonato che guardano. Il ministro-ombra Pier Luigi Bersani che guarda e ascolta le spiegazioni della guida. Il rettore Vincenzo Milanesi che cammina e guarda mentre fa la fila per entrare nella cappella del Santo Sepolcro. E poi, imprevisto, un momento bellissimo: tutti in silenzio ad ascoltare la testimonianza di Sohby, palestinese e maronita, che ha affascinato con il suo racconto, la sua storia di universitario che va dalla Palestina a Roma, l’incontro con il movimento, poi il ritorno in patria, poi gli anni duri dell’Intifada del 2000 vissuti a Betlemme e la sfida che gli aveva lanciato in quei giorni Giorgio Vittadini, «se non avete lavoro e lì ci sono molti artigiani, organizzatevi per esportare rosari in legno di ulivo». Detto, fatto. Alla fine del dialogo tutti vogliono ringraziarlo, approfondire, mantenersi in contatto.
Ci sono stati momenti in cui il dovere della rappresentanza si è fatto sentire, ma sono state occasioni che hanno dato un senso particolare al viaggio, un “di più” che di solito non accade. Sono stati gli incontri con i sindaci di Betlemme, Vittorio Batarsi e di Nazareth, Ramez Gjaraisi, con il custode francescano in Terra Santa, padre Pizzaballa, e con il rettore dell’Università di Betlemme. Importante ricordare i morti di Gaza, con una voce sola per suggerire che la pace è possibile. Il sindaco di Padova, Zanonato ha tenuto un diario del viaggio, quotidianamente pubblicato su Il Mattino di Padova. In uno dei suoi reportage ha scritto: «Sono parecchi gli elementi che ci uniscono: Padova custodisce il più bel racconto dipinto della vita di Gesù, che è nato e vissuto qui in Palestina (è la Cappella degli Scrovegni di Giotto, che è stata portata a Gerusalemme in una copia in scala 1/3, un “modello” che proprio in questi mesi è meta di gite scolastiche di centinaia di ragazzi di Israele; ndr), il nostro patrono sant’Antonio è il patrono della Terra Santa e, sempre a Padova, è presente una piccola comunità palestinese che ha il presidente di Betlemme. Un elemento però ci unisce più di qualunque altro ed è il desiderio della pace, il ripudio della guerra e di ogni forma di violenza, la volontà che i popoli possano vivere collaborando tra loro e senza odiarsi».
Durante l’omelia della prima messa, celebrata alla chiesa della natività di Betlemme, don Lucio Guizzo ha esordito dicendo. «Non siamo qui per fare dell’archeologia religiosa, ma per camminare nei luoghi della più grande avventura umana». Più volte, durante il pellegrinaggio, persone diverse si sono ritrovate a citare quelle parole. E ancora: perché siamo qui mentre a Gaza, poco più di cento chilometri in linea d’aria da Gerusalemme, bombardieri e mortai celebrano la loro nefasta sfida alla pace e alla sopravvivenza? Bombe e traccianti non si vedono ne si sentono, ma i giorni trascorsi sono comunque accompagnati dai morti di Gaza City. «Avevamo anche pensato che il viaggio potesse essere sospeso», ha commentato Clodovaldo Ruffato, consigliere regionale di Forza Italia, «poi per fortuna così non è stato».
Per fortuna, dicono tutti, perché la realtà di questa terra è anche quella di Nazareth, una realtà di convivenza reale, come dimostrato dal sindaco, un cristiano eletto in una città di 70.000 mila abitanti a grande maggioranza arabo-islamica e con un 30% di popolazione arabo cristiana. Così come la convivenza, piena e commovente, è quella vista all’Ospedale delle Elisabettine di Betlemme, dove «si curano bambini ammalati senza chiedere a nessuno della loro etnia di nascita» e dove si assumono infermiere di tutte le religioni. Segni di condivisione e di costruzione, luoghi dove si percepisce la possibilità di guardare il presente (e il futuro) con serenità.
Per molti la conclusione in aeroporto è stata un «grazie». Per molti altri un «arrivederci a presto». Qualcuno ha addirittura già preso la palla al balzo e si è messo in contatto con Ettore Soranzo, l’ingegnere padovano che da anni vive e lavora in Terra Santa come responsabile degli edifici sacri all’interno della Custodia francescana e che aveva chiesto - in modo più o meno dichiarato - “una mano”. C’è bisogno di tante cose. Soprattutto di preghiere e di amici che provino a farsi carico dei bisogni quotidiani: mobili, computer, libri, quaderni. Aiuti concreti. Non a caso lo scavatore regalato durante il pellegrinaggio è stato salutato con un sorriso grande come il mondo.