Storie di campagna... elettorale / 1
Quella signora con gli occhiali scuri e un bisogno vero

Il voto è passato. Ma per chi si è impegnato davvero la campagna ha aperto una sfida: la possibilità di verificare in ogni circostanza una corrispondenza. Come raccontano questi episodi

La campagna elettorale a sostegno di Mauro? Per noi del Clu il campo di battaglia è stato da un mese a questa parte «tutti i mercati di Milano, nessuno escluso, da San Donato a Famagosta, da Cesano Boscone alla Bovisa»... Giovedì scorso mi ritrovo a volantinare al mercato di piazza Cinque Giornate. Nei primi cinque minuti il volantinaggio è inutile, poi inizio a parlare con la gente: «Le posso lasciare un volantino sulle elezioni europee? Sa chi è Mauro?». Le risposte andavano da: «No, non so chi è» a «Sì, ne ho sentito parlare». Fino a «Pdl? Ma guardi che Berlusconi è morto!». Ad un certo punto mi fermo a parlare con una signora, oltre la sessantina. Un paio di occhialoni da sole le coprivano metà faccia. Mi dice che ormai non le interessa più la politica, che tutto fa schifo. Io le chiedo perché. «Ho un figlio. Da poco è morta sua moglie e gli ha lasciato un bimbo piccolo. Ha perso il lavoro, ne sta cercando uno da tempo, ma non trova nulla. Ieri sera è venuto da me e mi ha chiesto se gli compravo un pacchetto di sigarette: non ha più un soldo». La donna smette di parlare, poi cerca di dire qualcosa, ma la voce le trema. Vedo scendere le lacrime da dietro gli occhiali. Balbettando riesce a dirmi: «Come si fa a guardare un figlio così e non poter fare nulla per lui? Nessuno ci aiuta». Io rimango di ghiaccio. Guardo di sfuggita il volantino che le stavo proponendo e penso che se sono qui a volantinare non è certo solo perché credo in un progetto politico. Allora le lascio il mio numero: «Mi richiami, signora. Cercheremo, insieme, di fare qualcosa». Nel pomeriggio mi richiama la figlia: «Ma lei chi è?». Le spiego chi sono. «Grazie, nessuno ci ha mai dato così tanta disponibilità. Si ricordi di richiamarci, noi abbiamo bisogno per davvero». Un fatto del genere mi ha provocata molto: innanzitutto mi sono guardata in azione e ho scoperto un modo di agire che non è quello che naturalmente avrei io: ma da dove viene allora? «Questo fatto potrebbe rimanere una bella cosa che è successa se non è dentro un percorso, se non è dentro il lavoro sulla fede che ci propone don Carrón nel libretto degli Esercizi. Potresti svegliarti male domani e questo che è successo può andare nel dimenticatoio: occorre giudicare l'esperienza. Non basta fermarsi a dire che bello». Queste le parole di un amico durante una chiacchierata. Un'ulteriore provocazione a stare di fronte al fatto con la ragione spalancata.
Dove sta la soddisfazione reale, allora? È, questa, una risposta vera al mio bisogno? Carrón ha detto che queste sono le domande che giudicano davvero quello che si vive. È una bella sfida. Il lavoro è ancora all'inizio, ma si fanno dei piccoli passi e di questo ne sono davvero grata!
Francesca, Milano