La presentazione di "Vita di don Giussani" <br>a Ferrara.

Una "rivoluzione" anche nel significato di dialogo

Nuova tappa della presentazione di "Vita di don Giussani" nella città emiliana. Un incontro iniziato con il volantinaggio al mercato, per le strade e all’uscita dalle messe. Fino ad essere chiamati di nuovo da «un uomo che pensavamo già di conoscere»
Silvia Erculeo

Lunedì 31 marzo anche a Ferrara si è svolta la presentazione della biografia Vita di don Giussani. Ma l’incontro è stato il punto di arrivo di una preparazione curata e festosa. La lettura del libro e la vita che il movimento costantemente ci propone lanciandoci nella realtà quotidiana sono stati la spinta ad annunciare a tutti l’evento. L’esperienza cristiana, e perciò profondamente umana, di don Giussani ha incontrato le nostre vite, generando in chi ha scelto di seguirlo un cambiamento ed una novità che non possiamo tenere per noi. Ci siamo trovati addosso il desiderio che tutti sapessero, che l’intera città di Ferrara fosse a conoscenza di quell’incontro: abbiamo volantinato gli inviti alla presentazione per quattro giorni, in piazza, davanti alla nostra Cattedrale, al mercato, per le strade del centro, all’uscita dalle messe. La gratitudine è diventata un'apertura e una mossa. Quanti incontri per le strade! Non è mancata l’occasione per discutere di alcune questioni, c’è stato chi ha chiesto conto di quell’invito, chi si è detto del tutto disinteressato, ma c’è stato anche chi si è stupito di ricevere un invito simile e tra le bancarelle di piazza Savonarola un signore ha affermato: «Don Giussani! Certo che lo conosco: uomini così non devono morire mai!», quasi rimettendoci di fronte al compito di vivere seriamente il carisma.

Alcuni di noi hanno regalato il libro a colleghi ed amici invitandoli poi ad un dibattito informale in cui vi sarebbe stato spazio per provocazioni, domande, osservazioni, giudizi. Il venerdì sera precedente l’incontro ci siamo ritrovati intorno ad un tavolo a discutere, stupendoci per la serietà con cui gli invitati avevano accettato il lavoro proposto. Libro alla mano, si sono susseguiti gli interventi che facevano emergere come ciascuno avesse tentato il paragone tra l’esperienza di Giussani e la propria. Un’amica, militante di sinistra impegnata in politica come assessore e ora responsabile dei servizi alla persona, ha affermato: «Dalla lettura della vita di Giussani ho intuito la rivoluzione che questo sacerdote ha portato al significato stesso di dialogo: non un confronto fra posizioni diverse (come è per tutti noi!), ma la verifica della tua ipotesi di lavoro messa alla prova dalla diversità dell'altro e contestualmente l’occasione per offrire te stesso perché l'altro possa verificare la sua posizione». E ancora «comincio ad intuire come l’obbedienza non sia una forma di debolezza, ma la fedeltà robusta a ciò che muove, all'ideale, da verificare in ogni rapporto e in ogni ambito... Quello che noi chiamavamo l'integralismo di Cl».

Si arriva alla serata del 31 marzo. All’ingresso c’è la proiezione delle foto dell’incontro che Giussani nel 1985 tenne proprio a Ferrara. Al tavolo dei relatori: monsignor Luigi Negri, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, Alberto Savorana, autore del libro, e Cristiano Bendin, caporedattore del Resto del Carlino.

Monsignor Negri racconta dei cinquant’anni di amicizia con Giussani, un’amicizia iniziata sui banchi del liceo Berchet in un momento storico in cui si susseguivano gli attacchi della mentalità laicista contro un cristianesimo che sembrava non essersi realmente radicato nella vita di chi pure lo praticava. «Don Giussani era una personalità imponente, ma si imponeva benevolmente, dando spazio a te di entrare in questo incontro», ricorda l’Arcivescovo: «Aveva un grande peso perché non metteva in primo piano se stesso, era un uomo umile, di quella umiltà che coincide con il realismo. E il realismo sta nel fatto che Cristo è venuto, ci salva e rimane nel mondo con la sua Chiesa».

Monsignor Negri ha evidenziato che don Giussani non è stato un educatore pieno di premure e di ansie, ma ha accettato i tempi dei suoi ragazzi, non stancandosi di accoglierli e di coinvolgerli in un evento di vita. Chi stava con lui faceva l’esperienza di essere valorizzato nelle proprie doti e corretto nei propri limiti, nulla era oscurato nel rapporto, perché don Giussani non ti lasciava e non perché avesse un progetto su di te. Giussani stesso afferma di non avere mai voluto costruire niente, ma di essere andato dietro a momenti, incontri, parole che lo Spirito ha suscitato: ha obbedito. Esperienza ed obbedienza sono state presentate dai relatori come i due cardini del percorso di don Giussani.

Alberto Savorana racconta che in questi anni di studio il primo dato emerso sulla vita di don Giussani consiste nel fatto che egli ha compiuto un cammino storico, imparando tutto dalle circostanze della vita, a partire dai gesti compiuti dai suoi genitori. Don Giussani era capace di imparare anche dall’ultimo ragazzo che gli sedeva di fronte. Savorana rilegge alcuni passi del libro, come quello che riporta le parole pronunciate da don Giussani durante gli anni della malattia: «Obbedire al complesso delle condizioni in cui ci veniamo a trovare. Non abbiamo bisogno d’altro».

Alla fine Cristiano Bendin, moderatore dell’incontro, chiede che cosa veramente abbia scatenato la grande avventura del movimento. Savorana risponde con le parole di don Giussani: «La gioia più grande della vita dell’uomo è quella di sentire Gesù Cristo vivo e palpitante nelle carni del proprio pensiero e del proprio cuore», aggiungendo che questa vibrazione di Giussani ha acceso tutto e attraverso la nostra esperienza continua a conquistare. Numerosi sono gli episodi citati dai relatori e riguardanti la passione educativa di Giussani, il suo desiderio di servire la Chiesa, la sua apertura e il suo dialogo con le altre religioni. La vita di quest’uomo, che forse credevamo di conoscere già, ci ha di nuovo interpellati, la sua passione per la felicità degli uomini ci ha fatto accorgere ancora una volta della grandezza dell’opera del movimento e ci ha fatto cercare tra i posti a sedere qualcuno dei volti incontrati per strada durante il volantinaggio.