Il professor Farouq alla presentazione di Perugia.

Don Giussani, «un pellegrino dell'Assoluto»

La nuova tappa di presentazione della biografia del fondatore di Cl è Perugia. Con Massimo Borghesi, Wael Farouq e Alberto Savorana. Dall'infanzia del giovane sacerdote a quei frutti inaspettati nati in Egitto. E la risorsa più preziosa: l'esperienza
Rosalba Fraziano e Alessandra Di Pilla

La Vita di don Giussani ha fatto il suo ingresso a Perugia attraverso il volto del suo protagonista: lo sguardo attento e intenso ritratto sulla copertina del libro è giunto a tutti dai manifesti di sei metri per tre affissi nelle principali vie della città. La presentazione si è svolta la sera del 2 aprile, nella suggestiva cornice del Teatro Comunale Morlacchi, gremito dal pubblico delle grandi occasioni su invito della comunità di Comunione e Liberazione e del centro culturale “Maestà delle Volte”. Sono intervenuti Massimo Borghesi, ordinario di Filosofia morale all'Università di Perugia, Wael Farouq, docente di Lingua e cultura araba all’American University del Cairo, e Alberto Savorana, autore del libro e portavoce di Cl.

In apertura, il saluto di un ospite d’eccezione: l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, Gualtiero Bassetti, da poco nominato cardinale da papa Francesco. Con lo stile efficace e per nulla formale che lo caratterizza, il Cardinale ha ricordato don Giussani come un sacerdote che, nella sua apparente fragilità, portando per tutta la vita la croce di Cristo, ha sprigionato una forza da gigante. «Ho sempre visto in lui un pellegrino dell’Assoluto», ha detto, facendo poi un affettuoso accostamento tra il sacerdote brianzolo e il toscano don Divo Barsotti, «due preti autentici».

Il professor Borghesi, rileggendo la vicenda umana e l’opera di don Giussani («la più significativa esperienza educativa del dopoguerra»), si è soffermato sulle radici delle grandi intuizioni giussaniane: il rapporto del piccolo Luigi con il padre socialista, che lo introduce alla bellezza attraverso la musica e lo educa all’apertura del cuore nei confronti della realtà; la figura della madre, che gli trasmette nella vita quotidiana la tradizione della fede cattolica; gli anni trascorsi nel seminario di Venegono, nei quali compie gli incontri più significativi per la sua formazione culturale e per il consolidamento del suo amore incondizionato a Cristo. Borghesi ha poi rievocato con particolare attenzione le tappe in cui si è precisato il metodo di educazione alla fede: il suo contributo più originale e sofferto alla rinascita, soprattutto ai giovani, della credibilità e del fascino del cristianesimo. Parole come “incontro”, “presenza”, “avvenimento” caratterizzano, ha ricordato, gli anni dell’insegnamento al liceo Berchet e la vita della prima comunità di Gioventù Studentesca. Don Giussani ha incessantemente approfondito, corretto e rinnovato quelle intuizioni originarie: in virtù del suo cammino di obbedienza ai segni concreti di Dio, esse hanno assunto la forma e la dignità di un carisma posto al servizio della Chiesa. L’obbedienza, ha concluso Borghesi, ha caratterizzato don Giussani sino alla fine: egli ha affrontato il tempo del dolore e della malattia come l’ultima occasione per immedesimarsi con Gesù.

Toccante ed estremamente articolata è stata poi la testimonianza del professor Farouq, egiziano e di religione musulmana, fondatore del Centro culturale “Tawasul”, sorto nel 2006 dopo l’incontro con l’esperienza di don Giussani per promuovere una reciproca conoscenza tra Europa e mondo arabo, all’insegna della relazione tra persone piuttosto che tra istituzioni. Raccontando la propria crisi esistenziale innescata dal fallimento delle ideologie, Farouq ha descritto l’evoluzione, anche all’interno del mondo arabo, dell’idea di persona e di appartenenza. Al crollo di un’epoca, nessuna proposta di liberazione, ma nuove forme di prigionia hanno investito le società arabe e la società globalizzata. Da un lato il ritorno dei nazionalismi, alimentati dalla paura della disgregazione, con gli occhi rivolti al passato, unico possibile custode dell’identità personale e collettiva. Dall’altro, l’accettazione passiva della fine di ogni senso di realtà e di appartenenza, decretata dalla svolta nichilista e individualista della società: gli uomini sono prigionieri di una vita fugace e transitoria, in cui nulla ha più significato e lo scontro culturale sembra essere il quadro inevitabile dei rapporti personali e internazionali. La cosiddetta cultura del post-umano rivela non solo «l’incapacità di colmare di significato la condizione umana del momento”, ma anche “l’incapacità di definire e comprendere»: estremamente nebuloso, infatti, è divenuto il significato di parole quali umanità, esistenza, certezza, verità.

In questi scenari, ha raccontato Farouq, un’insopportabile divisione tra cuore e mente, tra fede e ragione, lo attanagliava. L’incontro al Cairo con uno studente di Cl e, nel 2001, la lettura in inglese del Senso religioso di don Giussani offrono una risposta e una strada al suo dramma. Scopre che l’unità della persona si compie all’interno della persona stessa, che la religiosità accomuna tutti gli uomini, che nella persona si compie l’unità tra tradizione e presente. «Così», ha affermato, «ho capito che io ero la forma vivente, contemporanea della mia tradizione». Particolarmente avvincente il racconto della travagliata, ma straordinaria vicenda della pubblicazione in Egitto de Il Senso religioso in lingua araba, e della successiva presentazione del libro, nel 2007, nella biblioteca di Alessandria.

Mentre scorrevano sullo schermo le immagini dei volti e degli eventi più significativi di questa nuova vita nata in Egitto (ad esempio il “Meeting del Cairo”), Farouq ha parlato del suo rapporto con don Giussani nei termini di un’esperienza viva e continua, che passa attraverso l’amicizia con coloro che lo hanno conosciuto e amato: «Un’amicizia», ha detto, «che non ha cambiato il mondo, ma ha cambiato me». Prima di questo evento, «tutte le cose belle in cui credevo erano un peso che mi spingeva a fuggire la realtà; proprio i nobili valori in cui credevo mi isolavano dal mondo». Con Il Senso religioso arriva la scoperta che «l’essere umano è la via più breve per arrivare a Dio, e la realtà è lo spazio in cui incontriamo Dio ogni momento». Ascoltando il professor Farouq è stato possibile percepire una commovente sintonia e allo stesso tempo un’affascinante diversità: le familiari “parole” di don Giussani si sono incarnate con una risonanza nuova, le “immagini” a lui care hanno vibrato di altri colori. Un esempio fra tutti: «L’anima, se paralizzata dalla certezza, è mossa dalla paura: ma se è mossa dalla curiosità, è ricolma di fede. Sì, la fede è più grande della certezza, perché è una relazione aperta, un dialogo protratto fra due parti, un’esperienza alla quale il tempo dà profondità crescente. Se non conosci l’Uno ogni giorno di più, la tua certezza diventerà un’acqua stagnante, che il passare del tempo farà imputridire». La sua esperienza ha indicato una via concreta per l’incontro fra culture e religioni, particolarmente stimolante per una città come Perugia, a forte vocazione internazionale e ecumenica.

La conclusione dell’incontro è stata affidata ad Alberto Savorana, autore del libro, che a proposito dei cinque anni di lavoro necessari alla stesura ha detto: «Mi sono lasciato guidare da don Giussani e lui mi ha fatto rivivere le circostanze della sua vita alla luce della parola esperienza». Per tutta la vita don Giussani ha imparato da ciò che gli accadeva, ogni cosa diventava occasione per crescere, così da acquistare una più matura coscienza di sé. A tredici anni legge la poesia di Leopardi, un uomo consapevole delle sue esigenze originarie, e lo sente vicino alle proprie decisive domande. E dopo due anni, «il bel giorno», quando don Gaetano Corti legge e commenta il prologo del Vangelo di Giovanni, Giussani scopre Cristo come risposta carnale e storica al suo bisogno umano. E poi, la passione educativa: laddove la tradizione cristiana fatica a divenire convinzione personale, egli risponde con un metodo nuovo, quello dell’esperienza, del paragone continuo tra l’annuncio cristiano e le esigenze originarie del cuore. In ciò Savorana ha rilevato la sintonia con l’esortazione apostolica Evangelii gaudium di papa Francesco: Cristo è la possibilità di risposta alla vita, ma ciò avviene e si può compiere soltanto nell’esperienza.