Reading, Inghilterra.

«Un deserto, ma basta poco e trovi l'acqua»

Più di cinquecento a Reading, per l'assemblea delle comunità del Nord Europa con don Julián Carrón. Il tema, "Back to the Origin". Tante testimonianze di fede, per non dimenticarsi della novità che si vive nel presente: «L'origine è nell'oggi»
Gianluca Marcato

Pronti e via: il fine settimana di don Julián Carrón a Reading, tra l’8 e il 10 gennaio, con le comunità del Nord Europa, si apre con una cena con il Vescovo di Portsmouth, la Diocesi locale. Monsignor Philip Egan racconta delle iniziative che propone, perché «in Inghilterra c’è il deserto, ma se uno scava, neanche troppo a fondo, c’è un bacino d’acqua da raggiungere». Don Carrón allora racconta la serie di incontri avuti in Italia con personaggi di estrazione culturale diversa, ma desiderosi di entrare in dialogo. Improvvisamente il Vescovo lo interrompe: «Bello, ho capito! La questione non è fare piani o programmi, ma guardare e seguire ciò che lo Spirito fa accadere».

Back to the Origin, era questo il titolo dell’assemblea a cui hanno partecipato più di 500 persone da Danimarca, Gran Bretagna, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Olanda e Svezia. Ma «origine di cosa?», domanda Carrón nell’introduzione del venerdì sera: «Origine del nostro presente, della novità che viviamo nel nostro presente».

Eppure in certi momenti della vita regna l’oscurità. Come Emma che nell’ultimo anno ha perso la suocera, ha visto deteriorarsi le condizioni di sua madre (a letto senza potersi muovere) e cadere il padre in depressione. «Ho avuto molti momenti di oscurità e ribellione. E percepivo che il mio sforzo era insopportabile. Ed era diventato difficile perfino cucinare o prendere i miei figli a scuola». Ma dentro questa oscurità, il Natale mostra che una luce entra nel mondo, nella nostra vita. Per Emma sono stati gli occhi «risplendenti» della madre, il suo modo di accettare la malattia. «Era come bere alla fonte. È diventato così affascinante che ho detto ai miei amici: venite a vedere. Ciò che vivo ora è un’enorme nostalgia, quegli occhi mi mancano».

A Lee, da trent’anni in CL, capitava spesso di vivere i gesti del movimento come un peso. È andato all’ultima Giornata di inizio anno senza attendere nulla. Ma qualcosa di inatteso è accaduto: «Un’attrazione che mi ha lasciato pieno di gioia». Don Carrón: «Se non attendevi nulla, perché eri così commosso? Una parola: la tua umanità». Quell’umanità che anche Oscar Wilde aveva scoperto essere l’unica possibilità perché Cristo entrasse nel cuore dell’uomo, come ricorda Marco: «Se il cuore dell’uomo non è spezzato, Cristo non può entrare». «Cristo entra attraverso questa fessura», replica Carrón: «Ma a me non interessa la ferita, a me interessa Cristo». Quel nuovo inizio d’anno per Lee è stato un ritorno all’origine: «Ha prodotto una reale partecipazione alle cose, sono presente in ciò che faccio. Ha generato in me una maggiore libertà, tanto che per la prima volta ho invitato i miei colleghi al nostro concerto di Natale. E un’attesa: è possibile attendere qualcosa d’altro in tutto ciò che viviamo, anche i gesti del movimento».

Cosa ci può aiutare a comprendere la Grazia che abbiamo ricevuto? La realtà, le circostanze. Attraverso di esse ci viene offerta questa luce che noi possiamo accettare o rifiutare. E questa luce si vede anche di fronte alle sfide che la società d’oggi pone. L’assemblea del sabato pomeriggio parte con la domanda di don Carrón: «Come possiamo vivere la fede in questa società multiculturale? Qual è il contributo della nostra fede?».

Mitch e Francesca vivono a Durham. Lei entra in rapporto con una signora, incrociata in un parcheggio, e dopo essere stata in Italia le racconta dei giorni trascorsi con alcuni amici. Reazione: «La prossima volta che vai in Italia, voglio venire con te. Io voglio la tua stessa felicità». Oppure l’incontro con una coppia metodista, dopo alcune cene insieme, Francesca dice: «Dopo tre anni dal nostro arrivo a Durham, questa è la prima volta che possiamo chiamare qualcuno amico». È capitato, poi, che un’amica iraniana la invitasse ad una cena con altre venti donne arabe. A fine serata una di loro, che Francesca non aveva mai visto, le si avvicina e le dice: «Non ti ho parlato stasera, ma tu sei diversa...». E l’amica iraniana, il giorno dopo, la chiama: «Il nostro cuore è lo stesso». Il dialogo nasce sempre dall’incontro di due cuori. Incalza subito Carrón: «Gli altri vedono qualcosa che noi non riusciamo a vedere. Sono forse dei visionari? Questi piccoli fatti sono i segni di ciò che sta accadendo oggi e che noi non riusciamo a vedere. Il problema è il nostro approccio razionalistico, non siamo più in grado di vedere e diamo per scontato cose che per altri sono eccezionali».

Maria, 20 anni, è arrivata a Dublino per scoprire cosa studiare all’università. Vive come ragazza alla pari in una famiglia non semplice. Dall’Italia si porta Il senso religioso, perché due anni prima aveva incontrato il movimento e capito che l’unica cosa importante nella vita è essere seri con se stessi. Dopo qualche mese, decide di tornare in Italia: «Ora ho un desiderio più chiaro di voler essere battezzata». Anche da soli, nelle circostanze normali della vita, è possibile raggiungere questo tipo di certezza.

Dal riconoscimento dell’origine di ciò che abbiamo ricevuto, nasce una gratitudine. È così che uno può arrivare a dare la vita, vivendo la gratuità. Eppure, a volte, ci si accorge che la tensione viene meno, come fa notare Amos. «Solo riconoscendo Cristo in ciò che riceviamo ogni giorno, possiamo vivere una gratitudine», risponde Carrón: «Questo è il significato della verginità: mettere una luce nel mezzo della vita. Lui ci chiama con la sovrabbondanza della Sua presenza e così uno inizia a dargli la vita».

Come don Jacek, ordinato sei mesi fa nella diocesi di Plymouth dopo vent’anni spesi a lavorare nel mondo della consulenza: «Cristo continuava a bussare al mio cuore e quindi alla fine ho dovuto cedere». Da poco segue un gruppo di giovani interessati ad approfondire la fede. Volevano fare qualcosa insieme ma non sapevano bene che cosa. Ne avevano parlato con il loro Vescovo. Monsignor Marc O’Toole, che aveva conosciuto la comunità di CL a Londra, fa conoscere al gruppo Andrea, in Inghilterra per un dottorato. Gli aveva detto: «Va da don Jacek e dai suoi ragazzi. Mi sembra che la Scuola di comunità sia una proposta adeguata per loro». Si sono già trovati tre volte e sono circa una decina. Don Jacek, dopo l’assemblea del sabato mattina, corre da Andrea: «Bisogna trascrivere tutto e farlo leggere agli altri. I prossimi incontri saranno su queste cose».

È così, non occorre attendere il domani. La possibilità di scoprire l’origine è nell’oggi come è capitato a molti di noi in questi giorni. Anna, nel movimento da diverso tempo, nell’ultimo anno aveva smesso di fare la Scuola di comunità. Aveva ripreso solo in novembre. Domenica pomeriggio, con un sorriso grandissimo e occhi vivi, domanda: «Come ci si iscrive alla Fraternità? Io appartengo a questo luogo».

C’è anche Maria. Ha incontrato il movimento tre mesi fa. Due anni prima aveva conosciuto un gruppo di studenti di CL che avevano passato l’estate a Glasgow e con cui aveva condiviso l’appartamento. Qualche mese fa, il giorno in cui avrebbe dovuto ricevere il Battesimo, comunica al Vescovo che non si sente pronta. Il Vescovo le risponde: «Quando sarai pronta, saremo qui ad aspettarti». Maria, come stai? Le chiede qualcuno a Reading. «Dopo questi giorni voglio diventare cattolica».

L’ultimo giorno Joseph, cameriere al ristorante dell’hotel in cui si è svolta la tre giorni, chiede se ci incontriamo regolarmente qui a Reading. Perché ti interessa? «Perché ho visto una compagnia che le persone si fanno. Non sono qui solo per mangiare e bere, ma si prendono cura l’una dell’altra. E voglio anch’io questa compagnia nella mia vita».
Lo diceva Laurentius eremita: «Mi fu detto: tutto deve essere accolto senza parole e trattenuto nel silenzio. Allora compresi che forse tutta la mia esistenza sarebbe trascorsa nel rendermi conto di ciò che mi era accaduto. E il tuo ricordo mi riempie di silenzio».