L'incontro all'abbazia di Morimondo.

Il restauro che torna all'origine

La mostra al Meeting, i lavori all'abbazia cistercense durati più di trent'anni e l'amicizia con Sandro Rondena, l'architetto scomparso l'anno scorso. Tra le navate di Morimondo, un dialogo tra padre Lepori, José Manuel Almuzara e Giovanni Carminati
Guido Marinelli

Sabato 9 aprile, un popolo ha riempito all’inverosimile l’abbazia di Morimondo, per capire la bellezza racchiusa nella mostra che quest’estate era stata presentata al Meeting sul restauro dell’antico cenobio, dal titolo “Mossi da uno sguardo”. A Rimini aveva avuto un successo di pubblico sorprendente, e nei mesi seguenti ha proseguito il suo tour in diverse città italiane senza soluzione di continuità.

All’incontro organizzato dal Centro culturale Shalom di Abbiategrasso, promotore della mostra, sono intervenuti padre Mauro Lepori, abate generale dell’Ordine dei cistercensi, José Manuel Almuzara, presidente dell’Associazione Amici di Gaudí, e l’architetto Giovanni Carminati, che per trent’anni ha lavorato al restauro del Cenobio dell’abbazia di Morimondo fianco a fianco con Alessandro Rondena.

L’amicizia di cui si racconta la storia nella mostra è fiorita proprio grazie al suo sguardo e alla sua tensione verso quell’abbraccio di cui viveva. L’incontro è iniziato con il canto Iesu dulcis memoria, un gesto che Rondena era solito proporre ad ogni visita guidata nell’abbazia, per ricordare che tutto viene da Gesù e che tutto è da riconsegnare a Lui. Dopo l’introduzione di Simone Paolucci, presidente del Centro culturale di Abbiategrasso, don Mauro Loi, parroco di Morimondo, ha ringraziato per aver scelto la sua chiesa come sede per un appuntamento così importante, indicando nella testimonianza a Cristo il fulcro di questa iniziativa.

Ha quindi preso la parola padre Mauro Lepori che ha tradito un’emozione pura di fronte all’accadere nella sua vita del dono di un Altro, la stessa che ha provato al Meeting alla prima visita alla mostra. Il cistercense ha riassunto in due parole il senso del lavoro: amicizia e bellezza. Quella bellezza che si svela negli occhi e genera un rapporto di amore, il compiacimento verso l’altro che vibra nella contemplazione del bello. Padre Lepori si è poi soffermato ripetutamente sull’immagine biblica della colomba, che dà valore alla gratuità, cioè lo sguardo di Dio da cui scaturisce l’opera d’arte.

È stato commovente il riferimento che ha fatto al monastero di Poblet, dove Antoni Gaudí mosse i suoi primi passi come architetto: lo aveva visto in rovina e gli era sorto il desiderio di restaurarlo con alcuni amici, proprio come anni dopo fece Sandro Rondena con Morimondo. Un’analogia sorprendente, il brivido del Mistero che si fa presente con il suo carisma creativo, come accadde alle ossa aride di Ezechiele che riprendono a vivere. Padre Lepori ha poi concluso ritornando sulle due parole che aveva fornito come chiave di lettura all’inizio del suo intervento: «Dio gioisce del nostro stupore, perché sa che non è possibile stupirsi se non per il riconoscimento di una bellezza data dallo Spirito Santo». Mentre il valore dell’amicizia ha le caratteristiche di «una storia che non è un optional».

Dopo l’abate cistercense ha preso parola José Manuel Almuzara: «Tra Antoni Gaudí e Sandro Rondena c’è una perfetta consonanza: entrambi danno valore alla natura», testimoniano, cioè, come la creazione continui incessantemente il suo lavoro e portano entrambi un grande amore per gli esseri che Dio ha generato e genera. Tutti e due tornano alle origini, ma, mentre per il catalano questo significa ripartire dalla natura, per Rondena l’origine era l’opera costruita dai monaci. Almuzara ha concluso il suo intervento sottolineando come, in fondo, la storia che ha fatto ritrovare così tante persone a Morimondo sia nata dalla misericordia. E come insegna Gaudí la misericordia è riconoscere la presenza del Mistero, contemplarla e servirla.

Da ultimo è intervenuto Giovanni Carminati, che ha raccontato cosa ha voluto dire restaurare l’abbazia con l’amico di una vita. Un racconto commovente e particolareggiato che lo ha portato a ricordare tutto ciò che ha imparato in quell’avventura lunga trent’anni. «La vita è il realizzarsi del sogno della giovinezza», Sandro ripeteva spesso questa frase, presa in prestito da Giovanni Paolo II, che, sabato, ha vibrato nell’abbazia, dove il sogno della giovinezza si è realizzato tra quel popolo teso ad ascoltare e ad ammirare Morimondo. Ancora oggi un luogo vivo dove tutto è segnato dalla ricerca di Dio di cui vivevano i monaci. Restaurare l'abbazia non ha richiesto di inventare nulla, ma solo scoprire giorno dopo giorno come era il monastero alla sua origine e riportarlo a quella bellezza.

È stato un incontro affascinante e commovente che ha testimoniato quanto l’esperienza nata dall’amicizia con Sandro Rondena vive oggi, con un centuplo in più.