La gita del Clu, durante la vacanza.

Un canto per Maria

Il concerto degli universitari a Pontresina. Il coro che intona "Ferriere" e quelle parole dette da un ventenne: «Socialismo ingenuo». Così, tra il pubblico, Silvia incontra un'atea: «Sono dovuta venire qui per sapere che Dio ha un volto»
Alessandra Stoppa

«Vi ho visti stamattina. Mi avete colpita. Tanti giovani che salgono in montagna così, in totale silenzio. E liberi. Si vedeva che nessuno vi obbligava». La signora sconosciuta si rivolge a Silvia, che le è seduta accanto. È sera, nel centro di Pontresina illuminato per la festa del paese sta per iniziare il concerto di canti popolari che gli universitari della Cattolica di Milano propongono, ogni anno, durante la vacanza. Il coro attacca.

Dopo il secondo canto, la signora si volta di nuovo: «Ho capito. Voi cercate le cose belle». Silvia per un attimo si blocca, la colpisce questa donna. Sedute tra il pubblico, si erano scambiate qualche battuta con l’impaccio dell’inglese: Maria da tanti anni vive in Germania, con il marito, che è qui con lei. Si sono trovati in mano il volantino d’invito che i ragazzi hanno distribuito per strada e sono venuti. Al microfono Giovanni, che dirige il coro, introduce il terzo canto e lo definisce «un canto socialista». È Ferriere. Maria lo ascolta, poi sussurra a Silvia: «Per me non è socialista, è un canto umano». Non ha ancora finito di dirlo che Giovanni riprende: «È un canto socialista, ma di un socialismo ingenuo. Che per potersi costruire ha dovuto rubare dal suolo cristiano tutti gli accenti umani, perché altrove e neanche in se stesso ne avrebbe trovati, e vi ha aggiunto una forma, un vestito». Maria sobbalza: «Queste cose non può dirle un ragazzo di vent’anni... “socialismo ingenuo”. Chi ha detto così?». Silvia le dice: «Don Giussani». «Chi è?». «Un prete». «Tu lo conosci?». «Sì certo». «È qui con voi?». «No, è morto...».

Silvia si ferma, guarda quello che ha appena detto, lei che ha ventidue anni e don Giussani non l’ha mai visto, ha risposto di schianto: sì, lo conosco. «Allora ho pensato che anche per lei era possibile conoscerlo come l’ho conosciuto io». Nella borsa ha Tracce, il libretto degli Esercizi della Fraternità e i testi dei canti della serata, le dà tutto. «Io l’ho conosciuto attraverso quello che ha lasciato, i suoi scritti e don Carrón». «Chi è?». «Il prete spagnolo che adesso guida il nostro movimento».

Continuano ad ascoltare i canti in silenzio, fino alla fine, fino a che i ragazzi non chiudono la serata recitando una preghiera. Maria ascolta, ma non apre bocca. Poi, mentre tutti se ne vanno, prende Silvia in disparte: «Grazie. Ringrazia anche quel ragazzo che ha parlato. Io e mio marito siamo atei, non siamo battezzati. Non sappiamo nemmeno dire una preghiera. Ma vi devo la vita». Silvia non ci crede, pensa che quella donna stia esagerando. Invece lei continua: «Ho settantacinque anni e ho dovuto aspettare fino ad ora e sono dovuta venire qui a Pontresina per sapere che Gesù ha un volto».

Silvia stava vivendo una settimana un po’ faticosa. «E mi è stato donato questo incontro, una cosa più grande di me». Tornata a casa, il racconto fa il giro degli amici, tutti a chiederle per sapere e lei che s’imbarazza, perché «io non ho fatto nulla». Quella donna se l’era solo trovata di fianco. Più passava il tempo e più sentiva ripetere qua e là da altri questo fatto, e più diventava insofferente. «Dicevo: va bene, è una cosa grande, ma è passata. Eppure, questo mi ha portata a vedere ciò che non avevo visto. Quello che è accaduto a Maria è eccezionale, ma è ciò che succede a me ogni giorno: Cristo mi mostra il Suo volto. Pensavo che quella donna non ci dovesse proprio nulla, invece lei era così legata a noi perché è con noi che Lo ha incontrato. La stessa mia esperienza. Questo è il mio legame con il movimento: il metodo di Dio, che si fa carne in un incontro».

Quella sera, dal palco, Giovanni non sapeva cosa stesse succedendo tra il pubblico. Lui che fino all’ultimo quelle parole, «socialismo ingenuo», non sapeva neanche se dirle, perché non le afferrava fino in fondo. «Poi ho deciso: quando mi sono fidato ho sempre capito e visto. E questa volta ho visto che è Dio che fa tutto».