La chiesa di Trivolzio.

Per la Siria, a piedi da San Riccardo

La giornata di preghiera indetta da papa Francesco ha coinciso con il pellegrinaggio di inizio anno che va da Assago a Trivolzio. Un gesto che è «tra i più vicini alla nostra esistenza». Diciotto chilometri in cui chi c'era ha chiesto tutto
Anna Carini

Già da alcuni anni prendo parte al pellegrinaggio che va da Assago a San Riccardo Pampuri a Trivolzio (Pavia). Giunto alla sua undicesima edizione, è organizzato dalla parrocchia di S. Maria Nascente di Milano. Si svolge sempre il sabato prima dell’inizio della scuola. Durante il cammino siamo stati guidati nella recita del santo rosario da Don Carlo Casati per tutti i diciotto chilometri previsti dal percorso. Quest’anno la data ha coinciso con la giornata di digiuno e preghiera per la pace in Siria. Le parole dell’Angelus del papa della settimana prima hanno risuonato lungo il Naviglio. A chi legge, gli si è rotta la voce per l’emozione ed io ho pregato e chiesto la pace nel mio cuore.

Ero in testa al pellegrinaggio perché mi è stato chiesto di leggere il commento ai misteri. Ammetto che all’inizio ho fatto fatica a sentirmi parte dei pellegrini: circa mille persone, tra grandi e piccini che sapevo essere presenti ma che non riuscivo a vedere. Proprio in quel momento ho affidato l’anno a Dio e a S. Riccardo e ho chiesto di poter dare un senso reale alla mia vita per non cadere nel buio. Mi riferisco al buio nichilista, in cui tutto si esaurisce nell’effimero e in apparenti certezze quotidiane. Proprio quest’estate, in un momento di costante scontentezza, ho pensato che esistono due tipi di buio: uno è quello della sofferenza fisica e psicologica. Si può chiedere aiuto a Dio o rivolgersi a qualcuno per lenire il tuo dolore. È un buio durissimo in cui può entrare un raggio di luce. Ma il buio che più spaventa è quello senza desiderio, dove tutto si esaurisce nel quotidiano e non trovi via d’uscita sfociando nell’ateismo e nell’agnosticismo. Ci si accanisce sul presente e su chi ha intorno, credendo di poter disporre della propria vita a piacimento. Così, ho chiesto durante il pellegrinaggio di poter camminare verso una certezza per la mia vita.

Assorta in questi pensieri e attraversando il piccolo paese di Binasco, osservavo i passanti che ogni anno vedono apparire sempre più persone, silenziose, con le loro intenzioni per il "dottorino Santo". Durante il cammino ha colpito tutti la chiamata dell’arcivescovo Angelo Scola, che ha posto l’accento su quanto il pellegrinaggio sia uno dei gesti più vicini alla nostra esistenza. Infatti, come lui stesso afferma, il pellegrinaggio ha bisogno di un’origine, data dalla comunione dei presenti, uniti in Gesù, ma ha anche bisogno di un fine che in questo caso è la santità di san Riccardo.

Poi ho pensato ai bambini presenti con i loro papà e le loro mamme. Molti sono partiti la mattina prestissimo, intorpiditi dal primo risveglio, agitati per paura di non farcela, come la mamma di una bimba mi ha rivelato: «Non ha dormito questa notte perché era troppo agitata».

Giunti, verso mezzogiorno sul sagrato della Chiesa, dove è custodito San Riccardo, abbiamo partecipato alla Messa con tutte le persone che non erano presenti durante il cammino e ripensando alle intenzioni espresse all’inizio, mi sono detta: «Questa è la fede che vorrei, la pace di un popolo che cammina insieme, lieto nella preghiera e nella compagnia di Cristo ed è quella che chiedo anche per il popolo della Siria».