''Vita di don Giussani'', la presentazione ad Arezzo.

«Ha lasciato tutto per seguire quei ragazzi»

Tra le tante presentazioni della biografia di don Giussani, il 28 febbraio è toccato alla città toscana. Da un anziano professore colpito dalla sua vita al parroco che dà l'avviso a messa. «Un'avventura continua», anche nei preparativi dell'incontro
Donata Baroni

«Don Giussani è stato uno, ma quante persone ha generato!», ha detto Alessandro Banfi, direttore di Tg Com24, durante la presentazione della biografia di don Giussani, il 28 febbraio. E su questo ormai la storia docet. Ma c'è di più: a nove anni dalla sua morte questa generazione accade ora.
Ad Arezzo tutto ha inizio durante una riunione fra gli organizzatori dell'evento. Si cominciano ad elencare i relatori da sentire, l'allestimento da fare, i materiali da comprare... E ad un certo punto ci si accorge che il budget sale.
Labbra tirate, dita che tamburellano, un po' di impaccio e Barbara che sblocca l'impasse dicendo: «Ma se non spendiamo i soldi per questo, per cosa li dobbiamo spendere?». Ecco questa domanda è stato il primo campanello che ha fatto presagire che in ballo c'era qualcosa di grande.

Il primo fatto durante l'incontro alla Pastorale diocesana. Barbara si ferma a parlare con un anziano professore, storico esponente della Cisl ad Arezzo, notoriamente sull'altra sponda nel vecchio gioco degli schieramenti. Tra loro è nato un rapporto cordiale e in breve lei si trova invitata a cena. La moglie, ardente sostenitrice di grandi ideali e opere di volontariato, le mostra un antico ventaglio mentre il marito sornione la prende in giro dicendo che si tratta di un ventaglio appartenuto addirittura ad Anna Kuliscioff. Barbara racconta che proprio alla nota rivoluzionaria il popolo di Comunione e Liberazione è debitore perché lei e la figlia Andreina Gavazzi hanno esercitato una certa influenza sulla famiglia Giussani e supportato economicamente il giovane seminarista a Venegono. La padrona di casa ferma il racconto, dicendo che il ventaglio è giunto alla sua famiglia proprio da una suora di nome Gavazzi. Barbara fa passare pochi giorni e ricambia l'invito a cena donando ai due coniugi il libro Vita di don Giussani. Nasce una cordiale e affettuosa amicizia e dopo qualche giorno, dialogando della lettura del libro, il professore confida: «Sono impressionato dal Berchet; non avevo presente cosa fosse la scuola di Venegono, e che tutti i coetanei e compagni di seminario di don Giussani sono divenuti vescovi, cardinali o hanno raggiunto posti di rilievo nel l'apparato ecclesiastico, e lui certo era destinato ad una carriera di questo genere; ma ha lasciato tutto per seguire quei ragazzi, ha preferito il Berchet!».

I giorni scorrono in mille preparativi e volantinaggi per pubblicizzare l'evento. Donata e Cristina vanno a chiedere al proprio parroco la possibilità di appendere la locandina e diffondere gli inviti. Lui è un po' incerto perché in contemporanea c'è un'assemblea pastorale nella sua parrocchia. Poi ci ripensa e al termine della messa dice rivolto ai fedeli: «Occorre volare alto nella vita per rispondere ai propri desideri. C'è uno che ha volato alto, è stato don Giussani. Per questo vi invito a partecipare all'incontro di presentazione del libro che narra la sua vita».
Fabrizio contatta Radio Valdichiana. Assieme ad Egisto (uno dei relatori) prepara l'intervista per pubblicizzare l'evento. Da anni la conduttrice fa con lui la Colletta Alimentare. Arriva il tecnico, un ragazzo di 25-30 anni. Qualche minuto di prova e poi il via alla registrazione che dura mezz'ora, quando il tempo ipotizzato doveva essere al massimo di 15 minuti. Finisce la registrazione. La conduttrice non riesce a trattenere l'entusiasmo, mentre il tecnico esce dalla regia, va da Fabrizio e gli dice: «È andata benissimo! Una bellissima intervista. Peccato per la quarta domanda, poteva essere sviluppata ulteriormente». La quarta domanda era «come può continuare ora l'esperienza così affascinante di un uomo che fisicamente non c'è più?». Ma quella domanda aveva già la risposta proprio nel suo entusiasmo. Don Giussani lo aveva colpito.

Arriva il 28 febbraio. Ci troviamo fuori della sala congressi in cui si terrà l'incontro, tutti un po' tesi e affannati nei preparativi. Arriva il tipografo che ha curato gli ingrandimenti delle foto di don Giussani con cui allestire la sala. E inizia a fare domande: «Ma con queste foto di don Giussani che ci fate?». E poi: «Ma questo disegno con la X e le frecce che significa?». Inizia un dialogo e Cristina, incuriosita, gli domanda quando ha conosciuto don Giussani e lui risponde dicendo di non conoscerlo affatto, ma che mentre stampava gli ingrandimenti era rimasto colpito dalla faccia di questo prete e aveva chiesto ai colleghi chi fosse. La risposta era stata: «Un certo don Giussani». La sera a casa, ha cercato su Google informazioni. In Wikipedia trova la frase: «La prima caratteristica della fede cristiana è un fatto che ha la forma di un incontro». E ci dice: «Questo è quello che ho sempre desiderato sentirmi dire nella vita». Ci chiede se c'è un sito del movimento per saperne di più. Ci scambiamo mail e numeri di telefono. La prossima settimana andremo a portargli il libro.

Arrivano i relatori e l'incontro ha inizio. Dopo la visione del video l'Arcivescovo porta il suo saluto dicendo che «Don Giussani è andato avanti e ha aperto la strada». L'imprenditore Egisto Mercati racconta la sua esperienza con il sacerdote lombardo a partire dagli anni tumultuosi del '68, quando impetuosamente gli disse: «Senza la tua conversione la tua azione è nulla. Come cambi il mondo, sennò?». Sull'intrecciarsi della biografia personale di don Giussani e della storia di Italia si inserisce Banfi, stupito perché «lui prendeva sul serio uno di diciassette anni come me, appassionato di Risorgimento. Lui comincia tutto ascoltando i giovani». E crea un terremoto, continua il giornalista, fatto di incontri personali e di cultura, di amicizie con ragazzi cristiani, ebrei, di ascolto di musica come il gregoriano o Beethoven, di letture di Pasolini, Sartre... «Quando si stava di fronte a don Giussani, ci si sentiva unici» interviene Alberto Savorana autore del libro. Perché? Savorana ripercorre la traiettoria del fondatore di Cl da quando, seminarista modello, entra in crisi, fino all'accadere del "bel giorno" in cui il professore legge il Prologo di san Giovanni e lo commenta dicendo che la Bellezza con B maiuscola si è fatta carne. «Da allora l'istante non fu più banalità per lui». Termina l'incontro dicendo: «Vi auguro di poter vivere l'autentica avventura di essere presi per mano da don Giussani». Guardiamo la sala piena, gli applausi caldi e fragorosi che esplodono, le facce sorridenti e vediamo che questa avventura continua incessantemente. D'altra parte era proprio quello che, nei fatti dei giorni precedenti, ci era già accaduto.