Da sinistra, Ezio Mauro, Andrea Simoncini <br>e Alberto Savorana.

«In lui, un fuoco di conoscenza»

Nel capoluogo toscano, Ezio Mauro e Joseph Weiler, in un dialogo sulla "Vita di don Giussani". A sentirli, Paolo, con una amica invitata per la prima volta, e Priscilla, con il suo compagno di studi musulmano. E più di altre mille persone
Antonella Maraviglia

«Per me don Giussani è un gran rabbino. Tradotto vuol dire insieme insegnante, maestro, pensatore. Solo così posso inquadrare tutti gli aspetti della sua persona». Detto da Joseph Weiler, presidente dell’Istituto Universitario Europeo, illustre giurista e ebreo di religione, l’affermazione è potente. Alla presentazione della Vita di don Giussani a Firenze, il 20 maggio, Weiler per motivi di salute non può partecipare. Ma non rinuncia al suo intervento, che, registrato in un video, ha aperto la serata dedicata al libro di Alberto Savorana, presente insieme a Ezio Mauro, direttore de la Repubblica.

Weiler entra subito nel merito: «Per don Giussani la domanda era più importante della risposta. Perché per lui la risposta era chiara, Cristo. Ma non voleva che le persone dicessero: “Credo in Cristo” in modo superficiale, dovevano prima sentire l’esigenza, sentire la carenza nella loro vita. Soltanto se si pongono le domande in maniera integrale, la risposta Cristo diventa rilevante. La specificità educativa di don Giussani è di far pensare la gente, di porre le domande: dopodiché la risposta, la pretesa cristiana come l’ha chiamata, diventa chiara».

La “risposta Cristo” per don Giussani,osserva ancora Weiler, non è solo una presenza cognitiva, intellettuale, ma una presenza affettiva, integrale, che compie le esigenze della vita. «Ma non posso essere d’accordo con Giussani che Gesù, la pretesa cristiana, sia l’unica e la sola via a Dio. Come ebreo sono convinto che c’è un’altra via voluta da Dio perché si arrivi allo stesso punto».

L’intervento di Weiler, applauditissimo, ha spinto Luca, studente di Lettere, a scrivergli subito una lunga mail che dice così: «Mi ha colpito tanto come Lei ha concluso. Il mistero del doppio cammino previsto da Dio per gli ebrei e per i non ebrei mi riempie di silenzio. La ringrazio perché mi ha consentito di immergermi in un mistero che è presente nella storia: quando lo guardo, mi rende più sinceramente religioso».

Dopo l’ebreo Weiler, il laico Ezio Mauro, che di don Giussani racconta la conoscenza personale e professionale iniziata oltre venticinque anni fa. Per Mauro il cristianesimo di don Giussani, concepito come avvenimento - a partire da qualcosa che è entrato nella storia, ma che per compiersi ha bisogno di un sì, di un’accettazione, di un atto libero -, riguarda anche chi non crede «perché l’uomo è reso protagonista: è come se Dio continuasse la creazione dopo il settimo giorno».

Il direttore di Repubblica, però, non glissa sulle critiche: «C’è una divaricazione tra la parola e le opere all’interno di Comunione e Liberazione, che copre una divaricazione più profonda tra il significato del potere, cioè la possibilità di fare le cose, e la politica, la possibilità di scegliere che cosa fare. Perché non dire “basta” a questo scarto?». La frase di don Giussani che lo ha colpito di più nel libro («La più grande mancanza è non sentire l’uomo») offre a Mauro lo spunto per fare la propria “confessione” di fede: «Non credo che per dare un senso alla vita si debba cercare per forza fuori di noi una verità trascendente, anche se rispetto e cerco di capire chi ha questa visione della vita. Credo che le azioni dell’uomo siano capaci di dare un valore morale all’esistenza. E questo per la semplice e profondissima ragione che sono umane».

Ecco il punto infiammato della questione. La replica di Alberto Savorana riprende da qui. La verità che Giussani ha testimoniato per esperienza è che camminare da soli, a tentoni, o camminare con Cristo non è la stessa cosa.

L’incontro con Cristo non è la fine, ma l’inizio della lotta. «Cristo mette in Giussani un fuoco di conoscenza. Qualunque istante non è più banale per l’uomo». Fino alla politica, appunto. Savorana non si sottrae al confronto: «Don Giussani, fin dagli anni Sessanta, non ha mai mancato di correggere le riduzioni dell’esperienza cristiana, lo scivolamento dalla testimonianza al potere».

Dopo due ore abbondanti e una platea ancora attentissima, è inevitabile constatare, come ha fatto il moderatore Andrea Simoncini, professore di Diritto costituzionale, che questa di don Giussani è una vita capace di provocare un dialogo, non necessariamente un consenso, che costringe a prendere posizione, provoca e colpisce. E suscita una compagnia di persone.

Una vita raccolta in 1.200 pagine, con l’esigenza di spiegare chi era quell’uomo grazie al quale per tanti il cristianesimo è diventato interessante. Più volte durante la serata è tornato, anche scherzosamente il riferimento alla consistenza del volume di Savorana. Tanto che Weiler, all’inizio dell’intervento azzarda: «Mettendo la mano sul cuore sono sicuro che pochi hanno letto il libro: male, perché non c’è una pagina noiosa». In sala, però, fra le 1.400 persone presenti, almeno una sicuramente l’ha fatto. È un’amica di Paolo, una donna semplice che lavora tutto il giorno, si è avvicinata piano piano a conoscere don Giussani dopo aver visto una fotografia. Paolo e la moglie le hanno regalato la biografia a dicembre. Lei segue gli interventi della serata e si ricorda bene a che punto si trovano i passi che vengono citati. «Da come ha letto il libro ho capito che ha veramente fatto un incontro», dice Paolo.

Di incontri ce ne sono stati tanti altri intorno alla serata fiorentina. Priscilla racconta quello con un ragazzo in università a cui, non troppo convinta, dà l’invito per la presentazione: «Gli ho detto che anche solo dandogli quel volantino lo stavo rendendo partecipe della mia esperienza nel movimento, perché a me l’incontro con voi, e quindi con Giussani, ha cambiato la vita. A quel punto lui mi dice: “Io sono musulmano”. E io: “Non importa, rimane il fatto che a me quell’uomo lì ha cambiato la vita!”. Mi risponde: voglio sapere come”. E così è iniziata la mia testimonianza. Alla fine mi dice: “Domani sera verrò perché tu hai voluto avere un confronto con me”».

Martedì 20 maggio in platea c’era anche la ragazza che Mario incontra tutti i giorni sul bus, nel tragitto verso il lavoro. Le chiacchierate di prima mattina, una cordialità che nasce piano piano, per lei non è facile fidarsi degli altri e ha le sue idee sul mondo. Ma all’invito di Mario ha detto sì.