Gli striscioni dei ragazzi del clu.

«Nihil amori Christi praeponere»

Tra gli ottomila presenti in aula Paolo VI per salutare il Santo Padre c'erano anche cento ragazzi del Clu (e uno striscione). Ecco che cosa hanno visto. E vissuto
Maria Luisa Minelli

«È stata veramente una cosa incredibile». Lo racconta Andrea, 24 anni, studente di Filosofia alla Sapienza di Roma, dopo essere stato alla penultima Udienza di Benedetto XVI. Quando il Papa, dicendosi lieto, ha ribadito la «certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura».

Come Andrea c’erano ottomila persone, mercoledì 13 febbraio. Hanno riempito l’aula Paolo VI, in Vaticano. Volti commossi, tesi ad annunciare la loro gratitudine, lì per abbracciare il Papa. Tra di loro anche un gruppo di ragazzi del Clu di Roma, quasi un centinaio, che impazienti di far sentire pubblicamente la loro vicinanza a Benedetto XVI, oltre che con la preghiera, hanno deciso di non aspettare l’ Angelus di domenica. Alle loro spalle uno striscione che non è passato inosservato: «Nihil amori Christi praeponere». Hanno scelto questa frase, presa dalla regola di san Benedetto: «È la cosa più grande che ci è stata testimoniata in questi anni, e oggi è lo stesso», racconta Andrea. E l’aveva citata il Papa alla sua prima Udienza, nel 2005, iniziando il pontificato con il desiderio che la sua missione non fosse altro che questo, che nulla si “anteponesse a Cristo”, al bene della Chiesa.

«La notizia della sua rinuncia ha suscitato tra di noi diverse reazioni: sconcerto, sorpresa, anche senso di abbandono», continua Andrea: «Ma ci è accaduto all’Udienza di stare davanti a qualcosa di evidentemente grande: quell’uomo aveva il volto della letizia, una serenità che non poteva essersi dato da solo. Io avevo la certezza di trovarmi di fronte ad un fatto: Lui».

Anche Luigi, che ha 23 anni e studia Lettere, è stupito: «La prima cosa che mi ha impressionato è stata l'aria di festa, di quelle che si creano solo quando c'è qualcosa di grande. Non ci sentivamo uomini abbandonati che pieni di dolore vanno a salutare uno che va via. Eravamo un popolo grato e stupito, desideroso di accompagnare il Papa in questi ultimi giorni di magistero e di partecipare con lui della certezza che testimonia».

«Molte volte ci propongono di andare dal Papa», riprende a raccontare Andrea: «Ma è la prima volta che, tra di noi, ci ritroviamo in tanti, aderendo in modo così spontaneo». Tutto per la grandezza del “sì” di un uomo, che provoca e spinge a chiederci le ragioni e l’origine di questa libertà. Un richiamo che «guarda e riguarda me, che interroga e riempie il cuore». Stare di fronte a questo fatto è dunque «stare di fronte ad un segno potente di Cristo». Perciò, dentro la novità assoluta di questa vicenda, «anche dentro lo strappo e lo stordimento», è possibile festeggiare. «Nihil amori Christi praeponere»: il Papa ci ha testimoniato che questa posizione può rivoluzionare davvero la vita e la storia».