La presentazione di <EM>Vita di don Giussani</em>, <br>© Fausto Ferioli.

Per il cuore di Leopardi, per il cuore di ciascuno

Per Giuseppe Recchi, presidente Eni, leggere "Vita di don Giussani" è stato «scioccante». Perché «ho capito che viveva il cristianesimo non come una dottrina, ma come un'esperienza». Due ore di incontro che «sono volate»
Alessandro Rizzo

Oltre 700 le persone presenti il 5 marzo all’Università Carlo Cattaneo di Castellanza, ad ascoltare Giuseppe Recchi, presidente Eni, Michele Graglia, presidente Liuc, insieme all’autore. Con loro per un breve saluto di benvenuto, il sindaco di Castellanza, Fabrizio Farisoglio, il decano della Valle Olona, don Giuseppe Marinoni e il professor Giuseppe Zizzo, direttore della Facoltà di Giurisprudenza.

La presentazione è stata organizzata da Fondazione San Giacomo di Busto Arsizio e dall’Università Liuc. Per una serata dove, come ha scritto Emanuela Spagna, giornalista de La Prealpina, «si respirava un po’ di quella atmosfera che c’è al Meeting di Rimini, dove ci si confronta, dove intervengono politici, studiosi e persone comuni tutti spinti dalla convinzione che la realtà in cui viviamo sia da affrontare a viso aperto». Le due ore sono letteralmente volate. E non è bastata l’Aula Magna a contenere tutti: altre due sale erano collegate per la diretta.

Don Giuseppe Marinoni, decano della Valle Olona, non ha mai conosciuto don Giussani, ma ha incontrato il fondatore di Cl leggendo i suoi testi, in particolare Il senso religioso: «È stato un prete con una grande passione per la Chiesa, per l'uomo. Siamo davanti ad una personalità, che deve coinvolgere tutta la Chiesa, visto che è stato aperto il processo di beatificazione».
Il sindaco di Castellanza, Fabrizio Farisoglio, portando il suo saluto ha “scherzato” con l’autore Alberto Savorana: «Sono arrivato appena alle prime 10 pagine, eppure già si intuisce chi era Giussani: una persona che ha avuto un incontro e su questo incontro ha costruito una cosa grande! Basata sulla fede sulla speranza e sulla carità».
Il professor Zizzo, direttore della Scuola di Diritto all Liuc, ha trovato appropriato il fatto di presentare in una università un libro del genere, perché «qual è il messaggio educativo di Giussani? I ragazzi che lo hanno conosciuto risponderebbero: ci ha educato all'umano. Ha insegnato una capacità di interrogarsi, di essere in una costante tensione verso tutta la realtà incontrata e vissuta».

Peccato non aver fotografato la copia del libro che Michele Graglia (già presidente degli industriali di Varese, oggi presidente Liuc) ha letto per prepararsi alla presentazione. Ci saranno stati cento post-it. Richiami, rimandi, note. Leggendo il libro di Savorana ha riscoperto un suo vecchio docente al liceo classico, don Fabio Baroncini: «Un tipo di prete che solo ora, leggendo la biografia di Giussani, capisco da dove traeva linfa. E quanto mi faceva arrabbiare il suo modo di porsi... Così sicuro e certo di sfidare noi studenti su tutto». Ma c’è un passaggio dell’intervento di Graglia che commuove. Questa volta è lui a sfidare i ciellini: «Leggendo le pagine di Savorana, mi capitava spesso di arrivare in fondo alla pagina o in fondo al capitolo e… capivo di non aver capito. Allora tornavo indietro e iniziavo a rileggere». Quanti come Graglia tornerebbero sui propri passi, iniziando a rileggere nuovamente?
«Quello che mi ha strabiliato in Graglia è che, avendolo io invitato quasi per caso, si è veramente fatto interrogare dal libro», dice Paolo Fumagalli, presidente della Fondazione San Giacomo, che ha coordinato l’incontro. «Io che ero con lui sul tavolo dei relatori vedevo pagine e pagine di appunti piene di domande e questioni. Dopo l’incontro un’idea: continuare insieme, nei prossimi mesi, nella conoscenza di don Giussani».

Alcuni hanno storto il naso per il suo “linguaggio aziendale”, ma è stato davvero innovativo sentire ripetere da Giuseppe Recchi, giovanissimo presidente dell’Eni, quale fosse la “leadership di Giussani” (nel senso di “carisma”). «Ho invitato Recchi durante un viaggio in aereo», racconta Fumagalli: «La risposta è stata semplice e immediata. Lui, un piemontese erede di Mattei, sulla poltrona di presidente della più grande azienda italiana, nel paragone con don Giussani e con la storia che da lui si è generata».
Anche Recchi, tredici anni passati a studiare dai Barnabiti a Torino, non ha avuto l’occasione di conoscere direttamente don Giussani. Eppure, tramite la biografia e visitando due volte il Meeting di Rimini, ha intuito la grande forza del prete di Desio, che ha veramente creato dal nulla un movimento, un uomo che ti fa vedere concretamente che non è vero che la società è inesorabilmente dedicata al declino.

Una vera sorpresa per il presidente dell’Eni, che quasi rimpiange un tempo in cui in Italia si sapeva fin da piccoli che si doveva offrire impegno allo studio, e che con l’impegno si ricevevano competenze e con le competenze le responsabilità. E in questo si trovava piena soddisfazione. Questa filiera costruiva l'identità del nostro Paese. Oggi questo percorso di formazione è venuto meno, come anche la consapevolezza del sacrificio teso a costruire qualcosa di bello. Da questo punto di vista, per Recchi, l'analisi di don Giussani è estremamente attuale. Il libro diventa per lui una «esperienza scioccante» perché «ho capito che don Giussani viveva il cristianesimo non come una dottrina, ma come un'esperienza. Invidio chi lo ha conosciuto. Un sacerdote con cui potevi parlare di cose di cui probabilmente non parlavi neanche a casa. Parlava di bellezza e ti faceva sentire Beethoven».

Savorana parte a raccontare del suo lavoro, ricordando che se don Luigi Giussani non avesse coltivato il carisma fin da piccolo, oggi non saremmo qui a parlare della sua vita. Giussani sosteneva di avere imparato tutto dalla storia. La sua autorevolezza si basava sulla sua esperienza. Non ha mai voluto che qualcuno lo seguisse senza ragioni. Il suo scopo era condurre al vero. Dal Berchet in poi un’unica preoccupazione: «Ragazzi non sono qui perché crediate a quello che dico ma perché verifichiate se quello che vi dico è vero». Per Giussani il cuore, esigente di bellezza, di verità, è il cuore che hanno tutti. Che abbiamo tutti. Per questo, fin da piccolo non ha rinunciato ad essere uomo. Un ragazzino che entra in crisi in seminario, a undici anni, e per cui Leopardi diventa il grande compagno della vita.
E Savorana svela quando arriva il bel giorno per Giussani, quando il suo professore entra e legge la prima pagina del vangelo di Giovanni: Cristo è venuto per il cuore di Leopardi. Cristo è venuto per il cuore di ciascuno. Da quel momento gli istanti non sono potuti più essere gli stessi istanti. E Giussani da quel momento ha scommesso tutto sulla libertà pura delle persone. Solo così le persone possono avere la possibilità di essere libere. Ogni pagina del libro, ogni parola scritta da Alberto Savorana, ogni istante di vita di don Giussani ci sfida a vivere con questa libertà.