Alessandro Banfi e Alberto Savorana <br>presentano "Vita di don Giussani" a Roma.

Sempre obbediente a quel primo amore

«Nessuno di noi sarebbe qui senza quel "sì" detto da don Giussani». Parole che risuonano a pochi passi dal Colosseo. Cronaca dell'incontro sulla biografia di un uomo «che si è consegnato istante per istante a quella Presenza che non ti abbandona»
Teresa Succi

Via delle Sette Sale a Roma è una stradina che fiancheggia il lungo muro degli edifici della facoltà di Ingegneria, da un lato, e il parco del Colle Oppio, dall’altra. Pieno centro, tra il Colosseo e Santa Maria Maggiore. Dietro un cancello un po’ scrostato si apre il vecchio Oratorio Sebastiani, una realtà che opera fin dagli inizi del 1900.

Ora i ragazzi lo chiamano semplicemente “il Centro”: un luogo di aggregazione innanzitutto per i giovani, ma che, nel corso degli anni, ha coinvolto sempre di più anche le famiglie. Un luogo aperto a tutti senza eccezioni e senza differenze d’età, di cultura e di religione, dove i ragazzi attraverso lo studio, il gioco, lo stare assieme possono uscire dalla “vita insulsa” e trovare un’amicizia che li aiuti e li guidi nella scoperta di sé e del gusto dell’esistenza. La festa di fine anno è ormai alla sua XI edizione. Titolo di quest’anno: “Quello che cerca il tuo cuore”.

Venerdì 13 giugno. Questa sera la Roma soffocata dal caldo e dal traffico si risveglia al Ponentino, il cielo assume quelle sfumature d’azzurro così luminose e intense che ogni volta ti fanno fare pace con la città. La giungla urbana rabbiosa e rovente dilegua alla brezza e Roma torna ad essere semplicemente Eterna. Nell’ampio cortile, pannelli di mostre, stand gastronomici, tavoli, persone di tutte le età. Atmosfera amichevole e rilassata, da grigliata fra amici. I bambini si rincorrono, le signore anziane si siedono a rinfrescarsi, saluti, scambi scherzosi, curiosi che si aggirano. Sul palco salgono Alberto Savorana, autore della Vita di don Giussani e Alessandro Banfi, direttore di Tgcom24. E subito, l’atmosfera decolla, in un viaggio affascinante nella vita di un grande santo del Novecento.

Savorana parla dei primi anni della vita del giovane Luigi nella Brianza degli anni Venti, degli insegnamenti dei suoi genitori, mamma cattolica e padre socialista. Le grandi amicizie del seminario, l’incontro coi ragazzi della Milano degli anni Cinquanta, dapprima dal confessionale di una parrocchia di viale Lazio, poi dal Liceo Berchet. Si vede che tanti qui sentono per la prima volta queste cose, magari hanno solo udito nominare di sfuggita il nome di Giussani e ora restano sorpresi. Alberto racconta, racconta, e non si finirebbe più di starlo a sentire. ll “bel giorno” dopo la scoperta delle grandi domande di Leopardi, l’amore per la musica, l’urgenza della carità, l’amore alla libertà. «Giussani era un terremoto. Era uno che ti prendeva sul serio», dice Banfi. E Savorana racconta di quante volte questo sia accaduto alle tante persone che hanno avuto la fortuna di incrociarlo, e hanno avuto la vita cambiata. Ogni famiglia che è qui stasera viene da una storia particolare, a volte serena, a volte fatta di grandi prove. Ogni ragazzo si porta il suo grumo immenso e pungente di desideri e di domande. Per Giussani l’incontro con la fede, spiega Savorana, è il punto di partenza per prendere sul serio il nostro infinito bisogno. Cita Papa Francesco, che proprio qualche giorno fa, il 6 giugno, nell’omelia a Santa Marta ha posto la domanda: «Qual è il tuo primo amore?», e ha detto: «Si tratta, dunque, di ritornare a quel primo amore che tutti noi abbiamo avuto».

Alberto ricorda che, alla fine della vita, don Giussani ha detto con semplicità alla sorella: «Ricordati che io ho obbedito, ho sempre obbedito». Che si è consegnato giorno dopo giorno, istante dopo istante alla Presenza di quell’amore che non ti abbandona. «Voi magari non lo sapete - aggiunge Alberto -, ma nessuno di noi sarebbe qui senza quel “sì” detto da don Giussani».

A chi era preoccupato che Savorana, così impegnato nel giro di presentazioni in tutta Italia, fosse venuto in una realtà in fondo piccola come quella del Centro, Alberto ha risposto con serietà: «Quando c’è in ballo il Mistero, i numeri non contano!». E infine ha citato ciò che disse don Giussani in visita alla comunità di Roma nel 1995: «La comunità di Roma è la più significativa, la più esemplificativa perché è al Vescovo di Roma che è stato consegnato da Cristo il compito più grande della storia, cioè la testimonianza resa a Cristo».

Nel weekend il tempo vira al brutto, la festa prosegue tra qualche acquazzone. Domenica sera, la messa finale presieduta da fra Paolo Martinelli, da poco eletto vescovo ausiliare di Milano, sembra racchiudere nella pagina di Vangelo tutto il messaggio di questi giorni. «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito per noi». Fra Paolo spiega: «Noi abbiamo bisogno di essere amati non di un amore generico, ma nella concretezza del nostro volto. A questo desiderio confuso risponde un fatto, un avvenimento, il dono che Dio ci fa del suo Figlio». E poi chiede: «Qual è il sentimento supremo della vita, senza il quale non abbiamo niente anche se abbiamo tutte le ricchezze del mondo? La certezza di essere amati, voluti da Dio, cioè di essere suoi figli e figlie. Su questo fatto si costruisce la nostra vita, questo essere amati in modo incondizionato fa scaturire la gioia e la tensione al compimento».

La festa del Centro prosegue con quattro incontri nei prossimi quattro venerdì estivi. Per non dimenticare che “Quello che cerca il tuo cuore” c’è e ti vuole bene.