Il Cinema Palafox di Madrid.

«Qualcosa che accade, e lo segui»

I racconti fuori da un cinema di Madrid, dopo la proiezione del video per i 60 anni del movimento. Le storie del filmato e lo stupore per una storia che è di oggi, contemporanea. E davanti a cui, in silenzio, ci si può mettere in cammino
Fernando de Haro

Dissolvenza finale. Titoli di coda. Si accendono le luci al Palafox, uno dei cinema simbolo di Madrid, traboccante di pubblico. Sullo schermo che ha visto proiettate le pellicole più importanti degli ultimi decenni sono appena passate le immagini de La strada bella.

Nella sua presentazione, Ignacio Carbajosa ha affermato: «Sono professore di Antico Testamento, e di conseguenza sono attento alla forma che si sceglie per raccontare le cose. Quando si festeggiano i sessant’anni dall'inizio del movimento, si può scegliere di raccontare come è nato oppure si può descrivere come questa storia rimane viva oggi. Qui siamo di fronte a questa seconda via. Il video non ci racconta la vita del fondatore di CL, ma dopo averlo visto conosciamo di più chi è don Giussani».

Rafa, giornalista con oltre trent'anni di esperienza: «Voi di Comunione e Liberazione avete realizzato un video semplicemente delizioso; a distanza di giorni continuo a pensarci». «Prima che si spegnessero le luci ero tesa e nervosa, non sapevo bene come sarebbe stato, che cosa avrei visto, cosa sarebbe successo», nota Mercedes: «Quello che è accaduto, come sempre, è stato più grande e diverso da come me lo sarei potuto immaginare. Quello che ho visto, in sostanza, sono stati degli amici insieme ai quali anch’io sto facendo un cammino. Che grande respiro! Tutto quello che si vede nel video io l’ho visto nella realtà, fuori dalla pellicola. Per questo il mio limite, che tanto mi condiziona e mi schiaccia, non è un ostacolo per tornare a cercarLo un'altra volta».

«Un'amica mi ha invitato a vedere un filmato che conteneva dei video girati da persone di CL in diversi Paesi», racconta Pilar: «Devo dire che mi è piaciuto molto, sono rimasta colpita dalla semplicità di tutti loro, dalla loro fede, la loro generosità. Mi hanno impressionato soprattutto quelle donne africane che, pur malate di Aids, non hanno perso il loro sorriso e ballavano al suono della musica».

Pilar non è la sola spettatrice che immediatamente si lascia coinvolgere da certe scene. «Ho visto il video con un gruppo di persone che fanno Scuola di comunità con me», racconta Montse: «Hanno un rapporto marginale, a volte conflittuale, con il movimento. Molte mi hanno chiesto se le donne di Rose leggono quello che leggiamo noi a Scuola di comunità, perché per molte di loro il testo è difficile».

«Mi ha colpito l’afroamericano di New York», sottolinea Carmen: «Evidentemente il vostro movimento non censura nulla di ciò che possa passare per la testa neppure dell’uomo più disperato». «Quando ho visto i carcerati raccontare la loro storia ho capito perché la gente di CL insiste sul fatto che la felicità non dipende dalle circostanze», riprende Raquel.

«C'è una parte che mi è rimasta particolarmente impressa, quando Cleuza racconta di come don Giussani abbia valorizzato il fatto che la povera donna che era stata aiutata dai ragazzi in caritativa avesse speso il denaro ricevuto per comprare cosmetici. Tutto il video parte dalla umanità delle persone e dal bisogno di ciascuno. È la sua caratteristica più bella», dice Anna, primo anno di università. Caridad, anche lei universitaria, nota: «Appartengo al movimento da molti anni e spesso me ne sto nel mio gruppetto: ora mi rendo conto della grandezza di questa storia».

Nacho lavora in televisione da vent'anni, e di video sa praticamente tutto. «Quando sono uscito dal Palafox sono andato a casa a piedi. Abito lontano, ma non volevo prendere la metropolitana. Volevo che quello che avevo visto mi penetrasse sino in fondo. Rose faceva le stesse cose prima e dopo che le donne decidessero di prendere le medicine. Non ha cambiato ciò che faceva, ma come lo faceva, la coscienza che aveva. Questo ha fatto sì che le donne ugandesi desiderassero curarsi. Camminavo in silenzio, e mi rendevo conto che era qualcosa di illuminante, e le cose che illuminano non si conquistano attraverso un'analisi, ma accadono e le segui». Il cammino prosegue fuori dal cinema.