Il bozzetto della scenografia del presepe <br>vivente di Como

Quando Gesù entra "di botto"

Come spiegare ai propri figli il mistero del Natale? Alcuni amici realizzano da anni una sacra rappresentazione per le vie di Como. Dal coro ai volantini dei ragazzi di Gs, passando perfino per i petardi. Un gesto aperto a tutta la città
Giampaolo Cerri

L'Annunciazione avverrà a quattro-cinque metri d'altezza, sotto la prima arcata di Porta Torre. L'angelo ridirà il suo «Ave» e Maria, «piena di grazia», risponderà.

Accade, da due millenni, nella liturgia e, da qualche secolo, nelle rievocazioni prodotte dalla pietà popolare. A Como, succede da oltre vent’anni, da quando, cioè, un gruppo di amici della locale comunità di Comunione e Liberazione sentì il bisogno di trovare un modo adeguato per spiegare il Natale ai loro figli, allora molto piccoli, avvertendo il rischio che lo scintillio dei negozi e la bellezza dei doni non fossero d'aiuto. E pensarono a un presepe vivente nelle vie della città.

Anche quest’anno nella domenica prima di Natale, il 21 dicembre, alle 15 e alle 17, saranno per le strade, con le mogli, coi figli cresciuti, coi tanti amici aggiuntisi negli anni. Quasi un centinaio di persone. E ricominceranno, di nuovo, dall'annuncio del Verbo fatto carne, reso con una cascata di piume, che calerà come un sipario, accompagnata dallo scoppio di un petardo per richiamare l'attenzione di tutta piazza Vittoria, dove la torre affaccia, e della vicina via Milano. Siamo, infatti, in una delle zone centrali di Como, essendo stata, per secoli, la principale via d'accesso alla città murata. Quel botto entrerà nella giornata di chissà quanti passano da lì: di colpo, senza chiedere permesso, un po' come Cristo è entrato, un giorno, nelle vite di chi si appresta a compiere quel gesto. E anche quest'anno una folla di sconosciuti si metterà al seguito di quel piccolo popolo. «Il Natale scorso», ricorda Pigi, 55 anni, imprenditore, «riempimmo tutto il Duomo, dove il presepe culminò».

Dietro la Madonna, in groppa a un asinello, ci saranno i figuranti e il coro San Benedetto a intonare i primi canti. Tutto intorno, un gruppo di giessini volantinerà la proposta stessa del presepe, che reca questa frase del Papa: «Dio non ha aspettato che andassimo da Lui, ma è Lui che si è mosso verso di noi, senza calcoli, senza misure».

E addentrandosi nelle vecchia Como, don Andrea leggerà al microfono alcune meditazioni natalizie. «Quest'anno abbiamo scelto brani di Paolo VI, Giovanni Paolo II e papa Francesco, assieme ad alcuni testi di don Luigi Giussani e di don Julián Carrón", spiega Nicola, 47 anni, professore di filosofia, un altro degli iniziatori, col fratello Stefano, in quel Natale del 1993.

Più avanti, su un bel palazzo di via Cantù, sopra una balconata da cui caleranno splendidi drappi gialli, Maria incontrerà Elisabetta e lei, la cugina, col Battista che le sussulta in grembo, fisserà nella storia le splendide parole del Magnificat, «L'anima mia magnifica il Signore» e il coro intonerà Nitida Stella.

Come un florum flos, un fiore di fiori, è d'altra parte germogliata, in due decenni, l'esperienza del presepe a Como. «Da qualche anno però», spiega Pigi, «quando ci ritroviamo, mesi prima, per far ripartire la macchina, non diamo per scontato che si debba fare. Anzi, ce ne ridiamo le regioni. Ogni volta ridecidiamo di farlo, in quanto ci richiama alla presenza di Gesù, che è poi il lavoro di tutta la vita».

Pregando e cantando, la rievocazione precederà nelle vie sempre più strette della città lariana, avvolgendo progressivamente sconosciuti con in mano piantine del Lago o le borse dello shopping natalizio. Una folla crescente che lambirà il bellissimo abside di San Fedele, dove i pastori incontreranno Maria e Giuseppe, mentre più avanti, dentro al Broletto, i Magi indicheranno la stella Cometa, e un fascio di luce che punterà la croce in cima alla vicina cattedrale. Quindi davanti al Teatro sociale, sarà rappresentato re Erode: i drappi neri e le catene alle sue spalle, calati sulla facciata dell'edificio, rappresenteranno il suo odio cupo, che può essere anche il nostro.

«Affermare il contenuto cristiano sembra un dispotismo», dirà allora nei microfoni don Andrea, con le parole giussaniane de All'origine della pretesa cristiana, «ma è dispotismo dare una notizia di una cosa accaduta, per quanto grande possa essere?». E questo gruppo di amici insiste nel voler dire di quel Fatto, pubblicamente, da così tanto tempo. Di questo, li ha ringraziati per anni, l'allora vescovo della città, Alessandro Maggiolini.

«Talvolta gli sponsor, le aziende che ci aiutano coi materiali», ricorda Roberto, 50 anni, consulente, «ci chiedono: "Chi ve lo fa fare di impiegare tanti mesi di lavoro in qualcosa che si consuma in un paio d'ore?". E noi cerchiamo di spiegare che quello che è accaduto, è accaduto per sempre. E riaccade».

Riaccadrà anche nel Duomo, dove monsignor Diego Coletti, il vescovo, anche quest'anno attenderà il popolo di presepisti e di curiosi. «Stavolta sarà sulla porta della cattedrale», spiega Pigi, «che si aprirà dietro un telo bianco, dietro al quale apparirà la Sacra Famiglia». Sulle note e le parole di Aria di neve, la gente entrerà in Santa Maria Assunta: una scena che Bernardo Luini, che sotto una delle sue navate affrescò una Adorazione dei pastori, mai avrebbe potuto pensare.

«Aria di neve stasera/e nessuno/ ha il tempo di aprire la porta e il cuore», mentre per qualcuno, capitato lì chissà da dove e chissà perché, quella storia del passato, rievocata in maniera commossa, potrebbe cominciare a sembrare presente. Perché «il mondo chi sei/chi sei/non lo sa».