Il cardinale Timothy Dolan.

«Qui si vede che cosa è la Chiesa»

Il bisogno di vivere insieme, la possibilità di essere "famiglia". Tutto alla vigilia dell'incontro mondiale con Francesco a Philadelphia. Il cardinale Dolan, arcivescovo di New York, ha aperto con un saluto la V edizione della kermesse americana
Stephen Sanchez

Il New York Encounter è iniziato con un saluto dell'Arcivescovo di New York, il cardinale Timothy Dolan (sul sito di Traces, la cronaca). In questa intervista ha parlato con Traces dell'impatto dell'Encounter sulla Chiesa in America, della generazione dei Millennials, e della visita che papa Francesco farà negli Stati Uniti quest'anno per l'incontro mondiale delle famiglie.

Eminenza, è un grande regalo averla qui all'Encounter, che è arrivato alla quinta edizione, nel cuore di quella che Giovanni Paolo II ha chiamato «la capitale del mondo». Che significato hanno eventi come questo per la Chiesa degli Stati Uniti?
Sapete di cosa abbiamo bisogno oggi? Di prendere in prestito una bella parola di san Giovanni Paolo II: solidarietà. Abbiamo bisogno di vivere insieme. Molto spesso sembra che siamo da soli, molte volte sembra che tutti ci siano contro, che i valori a cui teniamo non siano cari a nessun altro. Così abbiamo bisogno di un aiuto, e momenti come questo ce lo danno. Quando questa gente arriva da tutti gli Stati uniti e vede centinaia o migliaia di altre persone che hanno lo stesso amore e fede e speranza, questo li rincuora. Questo è ciò di cui l'intera Chiesa ha bisogno: che ci siano tanti raduni di questo tipo e assemblee di movimenti. Ci ricorda che non siamo soli. Che non solo Gesù è con noi, ma che siamo insieme con altri in questo.

Quest'anno una delle mostre dell'Encounter è dedicata ai Millennials, all'esperienza dei giovani adulti nella società e nella Chiesa. Sappiamo che statisticamente sono tra i meno presenti nella Chiesa, ma anche loro hanno una bisogno spirituale molto profondo di significato e di scopo nelle loro vite. Che cosa significa per lei, come pastore? Quale pensa che sia il modo migliore per accompagnare questi giovani oggi?
Nel nostro ministero troviamo spesso gente giovane che viene e dice: «Wow, pensavo di essere solo. Pensavo di essere l'unico credente. Pensavo di essere l'unico che cercava la virtù della grazia di Dio e di dipendere dalla sua misericordia». Quando si ritrovano insieme, vedono che non sono soli. Ma attenzione: non è solo la forza dei numeri. È qualcosa di più potente dal punto di vista spirituale. Dio ci ha rivelato che Lui preferisce avere a che fare con noi come una famiglia, insieme. L'ha fatto con Israele e lo fa adesso con il nuovo Israele, che chiamiamo Chiesa. Raduni come questi sono un'immagine di questo, un'icona. Così anche quando questi Millennials, a cui si dice sempre che non vale la pena, che i giovani come loro non vanno più in chiesa e non appartengono alla fede, arrivano in un posto così e vedono, possono dire: «Ragazzi, magari devo cambiare idea».

Il Papa potrebbe visitare New York quest'anno, nel suo viaggio negli Stati Uniti per il meeting mondiale delle famiglie a Philadelphia. Credo che lei ci stia già pensando. Che cosa pensa che dirà il Papa qui in America?
Credo che possiamo trovarne delle tracce in quello che lui ha già detto. Molta gente sta già chiamando Francesco il «Papa ecclesiale». È un Papa che ci sta continuamente richiamando alla Chiesa. Benedetto XVI e Giovanni Paolo II ci hanno richiamato a Dio Padre e a Dio Figlio, Francesco sta indicandoci la Chiesa. Volete il Padre? Volete Suo Figlio? Allora avete bisogno della Sua Chiesa. Perché non vi mettete insieme con gente che sono sullo stesso percorso, nella stessa ricerca per il volto di Dio e nella ricerca del loro stesso volto di uomini, della loro autentica umana identità - che poi è il tema di questo Encounter? Così credo che quando verrà dirà agli americani: «Benvenuti, tornate pure. Abbiamo bisogno di voi e voi avete bisogno di noi». È la Chiesa, con tutti i suoi difetti è come noi con tutti i nostri difetti. In questo siamo insieme.


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