La più grave mancanza è che non sentiamo l'umano

È uscito "Un'attrattiva che muove", a cura di Alberto Savorana, che raccoglie gli interventi di quarantadue personaggi alle presentazioni della biografia di don Giussani. Qui, quello del direttore di "Repubblica"
Ezio Mauro

Ho avuto l’occasione di leggere in anteprima questo immane lavoro di raccolta delle tracce e delle testimonianze relative alla vita di don Giussani. Il mio, naturalmente, è il punto di vista di un laico che ha incontrato don Giussani nel modo più semplice e più naturale possibile per entrambi, cioè attraverso l’amicizia. Abbiamo un grande amico in comune, Angelo Rinaldi, con il quale lavoro da più di vent’anni; e come ho potuto constatare quando sono andato a incontrare don Giussani, Angelo aveva un rapporto di amicizia fortissimo con lui. Quando don Julián Carrón parla del sentimento di paternità di don Giussani - nel discorso funebre nel Duomo di Milano lo definì «più padre che mai» (p. 1192) -, mi viene in mente quel giorno.
In realtà avevo incontrato don Giussani molto prima, pur senza conoscerlo di persona, quando, oltre venticinque anni fa, avevo realizzato una lunga inchiesta per «La Stampa», il giornale in cui lavoravo allora, su Comunione e Liberazione. Avevo le stesse idee che ho oggi, dunque ero esterno al mondo della Chiesa, ma guardavo con interesse al cristianesimo, cercavo di leggere, di studiare e di capire per quel che potevo. Don Giussani era dominato dalla figura del Figlio, dalla figura di Cristo, ma all’epoca del nostro incontro, il 1996, io ero interessato soprattutto alla figura del padre: avevo già dei figli, c’era ancora mio padre, ero consapevole del sentimento della generazione; mi trovavo nella situazione in cui, per la prima volta dopo gli anni della giovinezza, si pensa a dare senza necessariamente ricevere in cambio, o almeno senza chiedere nulla; in cui si cerca di educare i propri figli a dei valori, ma anche alla libertà e all’autonomia. Non sapevo ancora, l’ho scoperto dal libro di Alberto, come don Giussani parla del padre. In una circostanza si riferisce al Padre con la maiuscola: «L’Essere è cosi padre di ciò che crea che entra in familiare rapporto con ciò che crea» (p. 26); in un’altra parla invece del padre terreno, che è così piantato dentro ognuno di noi che non ha importanza se ce ne accorgiamo soltanto quando non c’è più: «Il padre [...] è il segno immediato del Mistero che ci ha fatti. [...] Questa è la forza per cui, invece, un altro ha scoperto il proprio padre man mano che il tempo passava dopo la sua morte; e adesso l’ha piantato dentro di sé, e rinascono in lui ricordi che non aveva mai avuti, particolari che non aveva mai sottolineati. E, parlasse a tutto il mondo, direbbe: “Mio papà... Mio padre...”» (p. 27); Giussani parlava del rapporto che aveva con suo padre....

SCARICA IL PDF PER LEGGERE TUTTO L'INTERVENTO

  • Scarica il PDF 118KB
    Ezio Mauro - La più grave mancanza è che non sentiamo l’umano (da AA.VV., a cura di Alberto Savorana, Un'attrattiva che muove, BUR Saggi - Milano)- PDF