"Vita di don Giussani" a Segrate.

L'ospite che non ti aspetti (ma che vorresti)

La presentazione di "Vita di don Giussani" con un relatore d'eccezione, l'ex segretario Pd, Walter Veltroni. Arrivato lì a causa del suo film e un tassista chiacchierone. Per testimoniare «che nell'incontro con l'altro sta la bellezza della vita»
Giacomo Pizzi

A Segrate alle porte di Milano, la sera del 24 marzo, il Teatro Auditorium Toscanini di Cascina Commenda, è pieno. D’altronde, un ospite del genere non capita tutti i giorni. L’hanno scritto anche su Twitter: «Il relatore che non ti aspetti». Sul palco, infatti, a presentare Vita di don Giussani, insieme all’autore Alberto Savorana, c’è Walter Veltroni, ex sindaco di Roma ed ex segretario del Partito Democratico. È stato ad averlo conosciuto Marco Romanelli, durante la preparazione del film-intervista I bambini sanno (in sala dal 23 aprile), di cui Veltroni è regista, e da lì l’idea di invitarlo.

Il canto, Il desiderio di Giorgio Gaber, il trailer su don Giussani, la breve introduzione di Tommaso Lamperti. E poi tocca a lui, all’«ospite che non ti aspetti». «Tre sono i motivi per cui mi fa piacere essere qui», esordisce Walter Veltroni: «Il primo è l’incontro con la famiglia Romanelli. In particolare con uno dei figli, Francesco, undici anni, tra i protagonisti del film. Quando gli ho chiesto se secondo lui il futuro ai bambini mette più ansia o speranza, lui ha risposto semplicemente: “Futuro è una bella parola”». La presentazione nasce da «questa conoscenza, da questo colloquio».

Il secondo motivo è un altro incontro. Questa volta con un tassista di Milano, con cui ha viaggiato il giorno stesso. I due parlano di tutto. «Mi piace ascoltare le persone», commenta l’ex sindaco di Roma. L’autista racconta la sua vita. «Mi ha detto che da ragazzo faceva parte di un movimento cattolico: Comunione e Liberazione». Dopodiché per un suo “travaglio interiore” aveva abbandonato quell’esperienza. Ma quello stesso travaglio lo ha portato a ritrovare Comunione e Liberazione. «Io non me ne intendo» dice Veltroni, «Per chi come voi ha ragione di credere nei segni, valutate se questo è… statisticamente è abbastanza difficile che possa accadere qualcosa del genere». La platea ride. La presentazione si fa interessante.

Poi cita il tweet: «L’ospite che non ti aspetti». «Lasciatemelo prendere, anche se non è così, nella sua accezione negativa», commenta. Come a dire: l’ospite che non vorresti. Perché secondo Veltroni è questo il problema della società oggi. Non esiste più la cultura dell’incontro e, soprattutto, non c’è più rapporto tra identità e apertura. Un rapporto che invece si deve recuperare. In un momento «di transito» da un’epoca ad un’altra, la paura di perdere la propria identità, la paura dell’altro, determinano una cultura di chiusura individualistica forte. Infatti, dice, «quello che a me fa paura nel tempo in cui viviamo, è che, usciti da un mondo in cui tutti erano detentori di grandi certezze, derivanti dalle ideologie, giuste o sbagliate che fossero (per definizione le ideologie sono sbagliate, perché sono sistemi chiusi, impermeabili al dubbio, alla critica), noi siamo entrati in una stagione nella quale finte certezze alimentano una certa incomunicabilità». La conseguenza è «la pigrizia intellettuale, la presunzione, la boria… La boria delle idee fragili che è quasi più pericolosa delle idee sbagliate, ma robuste».

Al contrario, in don Giussani lui vede una «certezza invidiabile», che però non entra mai in conflitto con la ricerca, col viaggio. Per don Giussani l’altro è una risorsa. E «nell’incontro con l’altro sta la bellezza della vita» dice ancora Veltroni. Ma «si può essere se stessi rimanendo aperti al cambiamento in rapporto con l’altro?».

E la risposta è sì. Perché uno è già ciò che è prima ancora di imbattersi in qualcuno. «Tu sei già ciò che sei, perché sei il prodotto delle tue esperienze», torna a dire Veltroni. E, riprendendo la biografia, sottolinea che anche Giussani veniva da una famiglia dove convivevano due culture differenti: quella cattolica e quella socialista. Ma questo per lui era una ricchezza. Da questa impostazione gli veniva il forte interesse per i più deboli. L’altro tema su cui si sofferma l’ex sindaco di Roma, collegandolo al discorso sul binomio "io e l’altro", per cui l’altro diventa responsabilità. Alla fine, si sofferma sull’episodio dell’aereo caduto tra le montagne francesi. «Quanti di noi, sentendo la notizia, hanno pensato che il crollo dell’aereo non fosse dovuto a cause tecniche, ma alla cattiveria umana». E per un attimo torna al discorso sull’identità forte che diventa autoritarismo. Come l’Isis.

Alla fine arriva l’augurio per sé e per tutti: non perdere mai la propria coscienza e il desiderio del viaggio, della ricerca. «È l’unico modo per garantire la sopravvivenza umana», afferma, pur camminando su strade diverse che ogni tanto si incrociano. Savorana riprendendo l’intervento di Veltroni, riporta alcuni episodi raccontati nella biografia. Come ad esempio alla fine degli anni Cinquanta, quando Giussani insegnava in quarta ginnasio, e pur essendo stato in seminario, pur avendo una grande cultura, ascoltava in continuazione le osservazioni dei ragazzi, e prendeva appunti. «“Quei ragazzini, in quel momento erano mia autorità!”» ripeteva Giussani. L’incontro con l’altro era per lui davvero fondamentale. Continua Savorana: «Nello stesso modo la lettura di Leopardi gli aveva suscitato domande sul senso della vita che qualche anno più tardi attraverso il suo professore Gaetano Corti troveranno risposta nel suo incontro con Cristo». Per lui tutta la vita è stata un crescendo di curiosità. Altrimenti uno si fossilizza. Invece, come disse Giussani, «se uno ha incontrato Cristo, avanza sicuro nell’incontro con tutti, e vede nell’altro una parte di sé».

Alla fine, a sorpresa, la proiezione il trailer de I bambini sanno. È finito l’incontro, ma inizia la «sfida di sopravvivenza», la sfida dell’incontro con l’altro per rinnovare la propria certezza.