Massimo Borghesi.

MASSIMO BORGHESI Montini, Giussani e il senso religioso

L'ultima pubblicazione dei “libri dello spirito cristiano”. Due testi, uno dell'arcivescovo di Milano e l'altro del fondatore di Cl, di grande attualità. Ne abbiamo parlato col curatore del libro
Lucio Brunelli

È da poco in libreria l’ultima pubblicazione dei “libri dello spirito cristiano”. Per la prima volta vengono proposti due testi sconosciuti al grande pubblico, ma attualissimi e di facile lettura. Uno è dell’arcivescovo di Milano, il cardinale Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, e, l’altro, di don Luigi Giussani. Entrambi scritti nel 1957, ruotano intorno attorno a un nucleo tematico comune: il senso religioso, inteso come «sintesi dello spirito» (Montini), «capacità della nostra natura» di domandarsi il significato esauriente dell’esistenza e della realtà, suprema categoria della ragione (Giussani). Abbiamo chiesto a Massimo Borghesi, docente di Filosofia morale all’Università di Perugia, autore dell’articolata introduzione e curatore del libro, di spiegare l’importanza e l’attualità questo testo.

Nessuno aveva mai notato il link fra la Lettera pastorale sul senso religioso scritta nel 1957 dall’arcivescovo di Milano Montini e la prima edizione del volumetto sul senso religioso di don Giussani, pubblicata nello stesso anno. Come è avvenuta questa scoperta? E cosa la rende interessante per lei?
In realtà era lo stesso don Giussani che aveva richiamato, in più occasioni, il rapporto ideale che collegava Il senso religioso del ’57 alla Lettera pastorale di Montini. Da parte mia l’interesse ad approfondire tale rapporto è nato, alla fine degli anni 90, nell’ambito di un ciclo di incontri, svoltisi a Milano, sulla formazione del pensiero e dell’opera di Giussani. In quell’occasione ero venuto in possesso del testo di Montini e della prima redazione del Senso religioso. Conoscevo le altre versioni, quelle del 1966 e del 1986, ma non questa. Mettendola a confronto con la Lettera montiniana risultavano evidenti le assonanze e le analogie. Era una scoperta che richiedeva di essere approfondita. Stabilire un legame ideale tra Montini e Giussani non è una mera operazione filologica: consente di comprendere, in profondità, la communio cattolica che unisce due protagonisti ecclesiali del XX secolo che pure provengono da storie e sensibilità diverse.

Una certa vulgata storiografica contrappone Montini e Giussani. Il primo ispirato da un’anima dialogante verso l’uomo moderno, il secondo chiuso in una posizione integralista. Schemi obsoleti, oltre che smentiti dai fatti…
Direi proprio di sì. Don Giussani, nel suo insegnamento e nel suo apostolato, era attentissimo a valorizzare ogni frammento di umana positività. Questo spiega la sintonia con Montini nell’assumere il “senso religioso”, la domanda di senso propria di ogni uomo, come il luogo della comunicazione personale. È una posizione agostiniana, molto moderna. Nel ’99 scrissi su Tracce un articolo che poneva in luce questo legame ideale che univa il futuro Paolo VI a Giussani. Mi è stato riferito che Giussani lo aveva approvato commentando: «Ora non potranno più dire che ero contro Montini».

Quali contenuti in particolare riprende, don Giussani, dalla Lettera pastorale di monsignor Montini? Un’esegesi minimalista potrebbe vedere in certi rimandi solo un atto di cortesia, diciamo così, “istituzionale” verso il suo arcivescovo…
No, la sintonia è nell’impostazione e nel metodo. L’argomento “senso religioso” era, nel panorama teologico-ecclesiale degli anni 50, un tema scottante, in odore di “modernismo”. Si temeva, nel trattare la questione, una deriva protestante, una riduzione della fede e del dogma ad una posizione soggettivistica. Per questo Montini imposta la questione distinguendo nettamente, al modo tomista, tra naturale e soprannaturale. Il senso religioso è una capacità “naturale”, una dote strutturale dell’umana natura. Esso è un bisogno di verità, non criterio di verità. Non può stabilire in via preliminare, al di fuori di una Rivelazione storica, il volto di Dio. Giussani riprenderà alla lettera questa impostazione.

Mi ha sempre colpito il fatto che persino nella predicazione degli Esercizi spirituali gli autori più citati da Giussani fossero poeti e scrittori spesso non credenti (da Leopardi a Pavese), piuttosto che teologi con il marchio cattolico doc.
Per poter comunicare Dio all’uomo moderno occorreva mostrare la sua apertura originaria ed originale, oltre le deformazioni ideologiche e i pregiudizi che hanno complicato il rapporto tra Chiesa ed umanità negli ultimi secoli. Occorreva superare l’orizzonte clericale così come quello laicistico. Andare al senso religioso consente di trovare l’umano nelle sue istanze fondamentali (la felicità, il dolore, l’amore…). Era l’apertura all’umano che Giussani aveva ereditato dalla sua personale vocazione e dall’insegnamento dei suoi maestri nel Seminario teologico di Venegono.

Apertura che non lo portava mai a confondere senso religioso e avvenimento cristiano, la natura ferita e l’inimmaginabile risposta della grazia. Nell’introduzione lei cita un brano emblematico dell’intervista di Angelo Scola a Giussani («Laico, cioè cristiano», 30Giorni, 1987). Scola domanda se non sia proprio l’educazione al senso religioso il cuore della pedagogia di Cl. E Giussani, d’impeto, accalorandosi, risponde che no, il cuore è «un avvenimento che accade, prima di ogni considerazione sull’uomo religioso o non religioso».
Sì, ricordo. La risposta sorprende perché dall’autore del Senso religioso ci si sarebbe atteso il contrario. In realtà don Giussani non vincola l’incontro cristiano a precondizioni di carattere religioso, morale, culturale. L’azione della Grazia è l’impensato che può attrarre ciò che, in sé, è massimamente distante. In questo senso l’Avvenimento cristiano è ciò che consente al senso religioso dell’uomo di passare dalla potenza all’atto. Si educa la religiosità accendendola con una Presenza, con una testimonianza vivente del Mistero. Il cardinal Hamer osservava, non a caso: «Il primato dell’avvenimento rispetto allo stesso senso religioso è una delle novità per me più importanti nel pensiero di don Giussani».