La sagra del tartufo ad Acqualagna (Pesaro Urbino).

Quella faccenda del cuore che pulsa

La spedizione di una variegata combriccola, amante di Guareschi e Jannacci, alla volta del comune marchigiano, famoso per il suo tartufo. Un viaggio nel "Mondo piccolo" e nella "Roba minima", tra sagre, partite a calcio e passatelli fatti a mano
Maurizio Vitali

Chi non sa che Mondo piccolo e Roba minima sono luoghi periferici dove il cuore grande dell’umano è custodito e infallibilmente pulsa, può farsi un viaggio della conoscenza attraverso le storie narrate da Giovanni Guareschi o quelle cantate da Enzo Jannacci, vale a dire lo scrittore italiano più tradotto nel mondo e più ignorato dalle antologie scolastiche, e il medico artista più geniale e dirompente e più ignorato dallo spettacolificio dello star-system. Il massimo sarebbe che il viaggio se lo facesse con noi, putacaso, ad Acqualagna, che non c’entra niente con la Brescello di Camillo e Peppone né con l’Idroscalo del barbone con le scarpe da tennis.
Intanto: “noi”, noi chi siamo? E perché andiamo ad Acqualagna? Noi siamo una specie di combriccola o di variegata e un po’ bizzarra compagnia di giro di persone che coltivano Guareschi e Jannacci e godono di una insospettata e bella amicizia che è nata o si è consolidata tra di loro e con altri umani da mondo piccolo e roba minima.

La spedizione alla volta di Acqualagna prende il via nella nebbietta di un mattino di buon’ora di questa incredibile estate di San Martino. L’equipaggio è composto da un professore di Statistica metodologica con antiche radici in quel di Baggio; due attori comici calabresi che hanno fatto l’Università a Bologna e la scuola di cabaret e di vita al Bolgia Umana milanese di Jannacci il Maestro; una giovane giornalista con radici tra la Sardegna e la Svizzera e il cuore conficcato nella milanesità jannacciana; un dj milanese di Dergano fatto regista e produttore tv, che comunque guida anche l’auto sulla quale ci imbarchiamo verso la meta; un artista del plettro, chitarra e mandolino, che insegna informatica e un giornalista in pensione tipo «e mo’ che ffai? vedo-ggente, faccio-cose» e che ci mette la voce per far sentire le canzoni di Enzo dal vivo. Completano la gaia brigata cinque amici del professorone, che amici ne ha di ogni ed anche, come questi, che gravitano sul periferico Circolino di Crescenzago, zona Est dove il Naviglio Martesana incontra Milano e vi penetra.

E Acqualagna che c’entra? Eh, c’entra eccome con quella faccenda del cuore che pulsa e dell’umano che fiorisce. Sono in tutto poco più di 4000 anime, ma non morte come quelle di Gogol: anime vive, di marchigiani immersi nella bellezza selvaggia, ma accogliente di una conca dominata dalla Gola del Furlo e attraversata dall’antica via Flaminia. Un mondo piccolo, che con la benevolissima ironia milanese si potrebbe proprio chiamare roba minima, da cui sono nati grandi cose e grandi uomini. Acqualagna ha ricevuto la benedizione del tartufo più pregiato del mondo, sia il nero sia il bianco, che fanno la sua fama; e ha dato i natali a un grande come Enrico Mattei, che da partigiano prima e da capitano d’industria poi con l’Agip e l’Eni ha perseguito come pochi altri il bene dell’Italia uscita stremata e sputacchiata dalla guerra, fino a perdere la vita per questo, quando il suo aereo precipitò (verosimilmente non da sé) schiantandosi sulla piccolissima, periferica e quasi sperduta Bascapé.

Ecco, ad Acqualagna ci andiamo per proporre Guareschi (abbiamo bene in mente che il Papa ha appena indicato don Camillo, prete di preghiera e di immanenza al suo popolo, compreso il sanguigno rapporto con Peppone, come modello) e Jannacci, per godere della benedizione del tartufo essendo questi i giorni trionfali dell’annuale sagra, per ricordarci con l’esempio di Mattei cos’è costruire e cos’è disfare l’Italia; per goderci la vivezza di questa gente e stragoderci l’amicizia del piccolo grande manipolo di amici che ad Acqualagna e dintorni abitano, lavorano, comunicano, costruiscono, pulsano come un cuore vivo nel cuore di questo piccolo grande popolo benedetto da Dio col dono del divino tubero, nero o bianco. Sono tutti umili e tutti protagonisti. Antonio è un manager d’azienda, nato e cresciuto in una famiglia di imprenditori, che sentendo sulla pelle l’urgenza del problema educativo dei giovani ha creato un torneo di calcio annuale con 18 squadre, oltre 300 ragazzi di 14-18 anni, dove le rappresentative tenzonano con le giovanili del Bologna, dell’Ascoli, del Perugia, e stanno insieme tre giorni in una esperienza inconsueta per quel mondo di socialità e di educazione, attraverso incontri e testimonianze extra-sportive, al fatto che vincere è bello, competere lealmente è giusto, ma il valore della persona sta in qualcosa di più grande del successo.

Chi scrive era già stato ad Acqualagna nel maggio scorso, insieme con il pianista Alessandro Galassi che al Derby di Milano, negli anni Sessanta, anch’egli giovanissimo, accompagnò con le sue esecuzioni la nascita artistica della grande covata jannacciana dei Cochi e Renato, Teocoli, Boldi, Toffolo e tanti altri talenti. I 300 giovani calciatori avevano allora ascoltato cono sorprendente interesse canzoni jannacciane (anche) in dialetto milanese e guardato filmati video e fumetti delle storie guareschiane, nelle quali la dignità umana brilla anche in eccentrici (=periferici) e disgraziati (=bisognosi della Grazia) personaggi esclusi da riuscita e riconoscimento sociale.

Il manager-educatore Antonio ci si presenta all’uscita dell’autostrada in bicicletta. Ci guida alla "speedy gonzalez" alla sua casa da cui promana profumo di tartufo. Ci accolgono donne - spose, madri, sorelle, figlie - ai fornelli per un memorabile convivio: le vedi e assapori la certezza che la cura amorosa per i passatelli asciutti al tartufo che stanno preparando coincide con la cura amorosa per la nostra amicizia, e con la passione per Cristo che hanno dentro semplice, concreta e tenace. Lo vedi anche dai figli, quelli di 18-20 anni, attorno a una grappa, la sera: come sono belli e genuini, gioiosi e seri di fronte alle scelte di cosa e dove studiare, all’imbocco della strada della loro vita adulta. Lo vedi da come Morena - mamma, cuoca e prof di religione - ti parla di come sta con i suoi alunni e i suoi colleghi; lo vedi da come Susanna ti accoglie come in casa nel suo albergo ristorante. Lo vedi dalla semplice e capillare trama di rapporti che essi hanno con la gente del paese, dai saluti e dallo scambio di due parole con tanti, mentre ti aggiri ammirato tra i banchi dei produttori di delizie enogastronomiche che affollano tutte le vie e le piazzette del paese. Lo vedi da come il vivace Bruno Capanna, 10 anni da sindaco del paese, ti fa da Cicerone accompagnandoti con passione nella visita a quanto ti fa capire radici, storia e presente di questo piccolo grande mondo, questa comunità calma e operosa, il museo, le esposizioni fotografiche, la casa e l’ufficio di Mattei.

Poi la sorpresa che non ti aspetteresti mai. Andiamo a messa la domenica mattina nel vicino santuario del Pelingo. Alla fine sbuca un sacerdote, maturo ma non anziano, faccia allegra paffuta bianca e rossa, che non era il celebrante, e sappiamo poi essere il rettore del santuario, che ringrazia gli amici (di Comunione e Liberazione, dice, anche se non tutti lo siamo) per la loro presenza in paese, invita tutti a fare della quotidianità una preghiera, e definisce un regalo commovente l’iniziativa di ricordare e proporre «un grande come Enzo Jannacci». Nel breve incontro in sacrestia apprendiamo che la sua è una vocazione adulta, prima faceva il farmacista a Urbania, dove ebbe come cliente (acquirente soprattutto di Novalgina) nientemeno che Enzo Jannacci in tournée da quelle parti, con il quale - due parole oggi, un caffé domani - maturò una grande e bella amicizia.

Anche il teatro è grande e bello quanto non ti aspetteresti in un piccolo centro così apparentemente roba minima. Per l’ora della nostra performance è già pieno, gente per tutti i gusti e le età, attenta, cordiale, appassionata. Lo statistico professore li guida attraverso il senso dei personaggi guareschiani e jannacciani; l’informatico del plettro suona e il giornalista pensionato presta la voce e il dialetto milanese ai capolavori di Jannacci; gli attori calabresi mettono in campo una comicità ruspante travolgente auto-ironica e umanissima, che percorre con simpatia umana limiti, contraddizioni e paradossi della loro gente e di tutti gli uomini. Così che alla fine ci vien naturale a tutti cantare, tutti insieme, teatranti e pubblico E la vita, la vita l’è bèla. Perché se c’è gente così, che ha fatto un Incontro così... basta avere l’ombrèla.

PS - Per la cronaca, la spedizione ad Acqualagna era composta (nell’ordine sopra enunciato) da Giorgio Vittadini, Andrea Bove e Enzo Limardi, Silvia Becciu, Eugenio Bollani, Marco Giacobazzi e Maurizio Vitali.