I PADRI DELLA CHIESA
La speranza nella tradizione cristiana

Dalla speranza alla carità. Le parole della Scuola di comunità nascono dalla sorgente viva della tradizione della Chiesa. Proponiamo una serie di contributi di protagonisti della storia cristiana. Per aiutarci a entrare di più nel testo di don Giussani
Giuseppe Bolis

Parafrasando il dettato evangelico potremmo dire che «gli ultimi saranno i primi» (Mt 20,16). Ovvero: oggi noi, dopo duemila anni, siamo come gli ultimi garzoni della parabola del Vangelo chiamati a lavorare nella vigna e che riceviamo la ricompensa come i primi. Cioè come gli apostoli, poi gli apologisti, Ireneo... anche noi siamo inseriti nel grande solco della tradizione della Chiesa, nella sua Vigna… Ma noi, gli ultimi, siamo più fortunati («gli ultimi saranno i primi…»), godiamo di più perché ci sono duemila anni di esperienza alla spalle di questa pienezza di vita testimoniata e vissuta da «un così gran nugolo di testimoni della fede» (Eb 12,1-2). Dire tradizione significa dire questa grande massa di amici - cioè testimoni - che sono i credenti e che ci mostrano, con evidenza di testimonianza, la bellezza dell’essere cristiani. E all’interno di questa tradizione sono preziosi soprattutto coloro che - nella fede e nel servizio della Chiesa - hanno reso una testimonianza autorevole e preziosa: coloro che le sono stati Padri (1).
Sin dagli esordi del movimento di Comunione e Liberazione l’amore alla tradizione della Chiesa e ai suoi testimoni ha caratterizzato lo sguardo e i gesti della comunità dandole un respiro che raccoglieva lo stupore di grandi uomini che avevano vissuto nell’incontro con Cristo l’esperienza del proprio compimento umano. E quanto più passa il tempo e si approfondisce l’esperienza cristiana e tanto più cresce la passione per la storia che ci ha preceduto. Ovvero per la tradizione. Infatti la tradizione è la coscienza della comunità cristiana che vive ora, ricca della memoria di tutta la sua vicenda storica: la comunità cristiana, come Chiesa, può essere infatti paragonata ad una persona che crescendo prende coscienza della verità che Dio le ha messo dentro e intorno (2). La memoria è elemento fondamentale della sua personalità, così come per il singolo uomo; la mancanza di memoria al contrario costituirebbe un grave sintomo di irrigidimento mentale, di sclerosi (3).
L’unità del cristiano con la tradizione è in questo senso una delle grandi controprove della sua autenticità religiosa. Egli dovrebbe essere appassionato di quella vita e di quell’insegnamento che percorre i secoli da duemila anni, e fiero di essere l’erede di una tale tradizione perché raccoglie l’esperienza vissuta di secoli di fede e libertà in Cristo. Il termine che riassume questa posizione è quello di memoria: non semplice ricordo bensì riconoscere il contenuto di una Presenza che è incominciata duemila anni fa e riconoscerla presente ora: «La certezza della presenza di Cristo è la certezza di una cosa che è incominciata duemila anni fa, perciò non si può parlare di memoria di Cristo senza in qualche modo interessarti, meravigliarti, stupirti, vantarti, inorgoglirti, essere contento di tutto ciò che è accaduto in questi duemila anni. La Chiesa che hai davanti adesso, nella quale credi, è la Chiesa che eredita duemila anni di storia (…). La certezza della mia fede nasce da ieri, dall’altro ieri, da san Gregorio Magno millecinquecento anni fa, nasce da sant’Ireneo milleottocento anni fa, nasce da san Policarpo millenovecento anni fa, nasce da san Giovanni, nasce da sant’Andrea, nasce da Simon Pietro…» (4).
È per questa passione che vogliamo dar voce direttamente a questi Padri: innanzitutto perché, nel loro tempo, sono stati figli della Chiesa che li ha generati - continuamente - alla fede; e nello stesso tempo perché hanno generato un popolo alla fede, come testimoni e protagonisti di questa (gloriosa) tradizione. E nel dar loro voce vorremmo farli parlare direttamente senza mediazioni: come un vecchio amico che ci scrive dal luogo lontano in cui lo abbiamo lasciato anni fa. E che ci raggiunge, ora, con una lettera o una testimonianza che ci fa entrare ancor di più nelle grandi parole che stiamo imparando dalla Scuola di comunità, che sorgono dalla sorgente viva della tradizione della Chiesa e che don Giussani ha reso vive per noi. Come un Padre.

note

1- GIUSSANI L., Si può (veramente) vivere così, Milano, 1996, p. 494.
2- “La Chiesa è una vita. È la vita di uno, il mistero della persona di Cristo che si sviluppa nel tempo dentro l’organicità vivente del suo popolo” (GIUSSANI L., Perché la Chiesa, Tomo II, Milano, 1992, pp. 76-77). Cfr. anche GIUSSANI L., Il tempo e il tempio, Milano, 1995, p. 18 sg.
3- “L’importanza della Tradizione è decisiva, perché se la Tradizione ci viene attraverso la vita della comunità, essendo quest’ultima il progredire di Cristo nella storia, quanto adesso insegna non può essere in contrasto a quanto insegnava mille anni fa, non può essere come annuncio di verità, come significati ultimi - non necessariamente formulazioni o usi rituali - una decadenza dal suo primitivo messaggio” (GIUSSANI L., Perché la Chiesa, Tomo II, Milano, 1992, p. 69). Cfr. NEWMAN J. H., Lo sviluppo della dottrina cristiana, Bologna, 1967, pp. 461-462.
4- GIUSSANI L., Si può vivere così?, Milano, 2007, pp. 181-182.