Uno dei cannocchiali di Galileo.

GALILEO GALILEI «Cose mai viste prima da nessuno»

Quattrocento anni fa lo scienziato pisano per la prima volta osservava il cielo con un cannocchiale. Ne parlerà una mostra del prossimo Meeting di Rimini. Tracce.it racconta la realizzazione di questo lavoro. Ecco la prima puntata
Mario Gargantini

«Che mostra prepariamo per l’anno prossimo?». Questo interrogativo solitamente inizia a circolare tra gli amici di Euresis a metà della settimana del Meeting, mentre il pubblico continua ad affluire numeroso e curioso tra le sale dell’esposizione scientifica che l’associazione cura, ormai, da oltre dieci anni.
Questa volta, però, la domanda si è posta molto prima, quasi con un anno di anticipo. Ci eravamo accorti che per il 2009 si preannunciava un anniversario scientifico di quelli che non si possono vivere con distacco: quattrocento anni fa, tra l’autunno e l’inverno 1609-1610 a Padova, dove insegnava nella celebre università, Galileo Galilei ha condotto una entusiasmante serie di osservazioni astronomiche utilizzando per la prima volta il cannocchiale, uno strumento che iniziava a diffondersi nell’Europa dell’epoca e che lui aveva personalmente ricostruito e perfezionato. Quelle osservazioni hanno inaugurato un nuovo modo di fare astronomia e hanno consentito a Galileo di compiere scoperte che l’hanno spinto a buttarsi a capofitto in una decisa battaglia culturale a favore della visione cosmologica di Copernico il quale, cinquant’anni prima, aveva proposto un modello di universo eliocentrico, cioè con tutti i corpi ruotanti attorno al Sole.
Cosa ci ha colpito, al di là della circostanza dell’anniversario? Ci ha colpito l’esperienza umana singolare vissuta da Galileo in quei mesi: l’esperienza unica di aver visto «cose mai viste prima da nessuno», di aver sperimentato un incontro straordinario con la realtà naturale; dove fenomeni come quelli celesti, oggetto di paziente e accurata osservazione da millenni presso tutte le civiltà, dai babilonesi, ai cinesi, ai Maya, improvvisamente assumevano una nuova fisionomia, diventavano accessibili allo sguardo umano indagatore rivelando particolari e dettagli inimmaginabili. Rileggendo le vicende vissute dallo scienziato pisano in quelle “notti magiche” - da lui raccontate nel Sidereus Nuncius subito pubblicato come un moderno instant book nel marzo 1610 - vi abbiamo trovato condensate emblematicamente alcune dimensioni tipiche dell’agire scientifico: la passione per la conoscenza della natura, l’aderenza al dato, la valorizzazione dei particolari, l’ingegno nel costruire strumenti che ci permettono di “rivelare” forme e comportamenti della natura, l’entusiasmo per la scoperta, il desiderio della comunicazione.
Ripercorrere le tappe di quella storia non è quindi un’operazione “nostalgica” o freddamente storicistica, ma acquista una potente valenza attuale; e non solo per chi si occupa di scienza ma per tutti, dato il ruolo e l’incidenza che la scienza occupa nello scenario contemporaneo. Non è difficile accorgersi che, puntando la lente di ingrandimento (è il caso di dirlo) anche solo su quel singolo episodio di storia della scienza, si possono aprire squarci per approfondire:
- il “miracolo” della corrispondenza tra matematica e strutture fisiche (un punto sul quale è tornato più volte Benedetto XVI);
- similitudini e differenze tra la situazione di Galileo e quella di uno scienziato moderno che si spinge verso l’ignoto in tanti settori;
- il rischio della presunzione (allora e oggi) dello scienziato e della scienza.
Ce n’era a sufficienza per prendere la decisione di “mettere in mostra” tutto ciò. Così, a una ragionevole distanza dall’inesorabile traguardo dell’agosto 2009, e senza perdere comunque il contatto col lavoro di altri che all’interno di Euresis stavano preparando la mostra Atmosphera per il 2008, si è costituito un team che ha iniziato a delineare un possibile percorso espositivo.
L’idea base era chiara: proporre al visitatore un itinerario che gli permetta di immedesimarsi nell’esperienza di Galileo, in tutte le sue sfaccettature: quindi ripercorrere il cammino educativo dello scienziato Galileo; tratteggiare il contesto culturale, politico e religioso nel quale un uomo vivace e deciso come lui si è mosso, non senza punte di arroganza e presunzione; toccare con mano gli strumenti, come il cannocchiale o il compasso, realizzati dallo stesso scienziato; incontrare gli uomini di scienza, di cultura e di Chiesa del suo tempo, quelli dai quali ha imparato, quelli con i quali ha dialogato e quelli con i quali si è scontrato.
Con questa prospettiva abbiamo iniziato a studiare, riprendendo in mano i “sacri testi”, cioè le opere dei massimi studiosi internazionali di Galileo come Alistair Crombie, Stilmann Drake, Annibale Fantoli, William Shea, Owen Gingerich e altri ancora: con gli ultimi due citati siamo anche entrati in diretto contatto e potremo avvalerci della loro autorevole collaborazione. Abbiamo riesaminato il lavoro svolto per una precedente mostra sulla figura di Galileo allestita per il Meeting nel 2000; e abbiamo trovato illuminanti suggerimenti e indicazioni di metodo nel pamphlet Sul problema di Galileo pubblicato da Gioventù Studentesca nel 1963.
Di Galileo hanno scritto e parlato in tanti; prevalentemente in modo ideologico; col risultato che per molta parte dell’opinione pubblica i suoi contributi scientifici sono sconosciuti e la sua figura è solo il massimo simbolo della chiusura della Chiesa verso la modernità. Il blocco ideologico sembra resistere anche alle più aggiornate indagini storiche; anche dopo la valutazione sintetica aperta e apprezzata proposta da Giovanni Paolo II, e dopo i frequenti positivi riferimenti di Benedetto XVI. Di fatto, la vicenda di Galileo ha suscitato e continua a suscitare discussioni e polemiche e non c’è da illudersi che questo anniversario possa “chiudere il caso”.
Ma non è in questa direzione che ci stiamo muovendo. Ci interessa l’uomo Galileo, la sua avventura conoscitiva, la sua genialità unitamente alle sue pretese, le sue tormentate relazioni umane, la sua reazione alle circostanze, il suo attaccamento all’esperienza cristiana alla quale era stato educato.
Ne deriva un modello di mostra un po’ diversa, almeno nella forma espositiva, da quelle finora realizzate: una mostra dove vorremmo che il pubblico in qualche misura partecipasse dell’esperienza di ricerca, di visione e di sorpresa di Galileo, rendendosi conto delle condizioni che l’hanno favorita e intuendo i possibili sviluppi conseguenti.
C’è quindi la necessità di reperire oggetti, documenti, immagini, testimonianze sulle quali concentrare lo sguardo del visitatore: e questo è il più impegnativo lavoro che ci ha occupato nei primi mesi.
E c’è la necessità di trovare compagni di viaggio, che possano guidarci nel ricostruire una vicenda del passato, facendo venire a galla aspetti meno noti quando non del tutto censurati da una certa storiografia schierata; e perché no, che ci aiutino concretamente a individuare e a rintracciare quei documenti e quegli oggetti che possano portarci - e con noi portare i visitatori - “all’interno” di un’avventura scientifica di quattro secoli fa.
Su entrambi questi fronti, finora l’esperienza è stata molto positiva; e merita di essere raccontata. Lo faremo nelle prossime puntate.