Ron Mueck, Couple under an Umbrella, 2013

Ron Mueck, non chiamatelo iperrealista

Lo scultore australiano espone alla Fondation Cartier di Parigi. La grande perizia tecnica e i grandi temi della storia dell'arte. Quelle figure umane "troppo" piccole o "troppo" grandi. Niente sentimentalismo né cinismo. Il segreto di un grande artista
Luca Fiore

Silicone o fibra di vetro. Ma per arrivarci ore e ore a modellare la creta. Poi la fusione, i colori e l’applicazione dei capelli autentici. Ron Mueck non scherza. È un virtuoso della scultura e le sue opere sono di una verosimiglianza sconvolgente. L’artista australiano ne sta esponendo nove, di cui tre inedite, alla Fondation Cartier di Parigi (fino al 29 settembre 2013). L’evento è abbastanza eccezionale, se si tiene conto della parsimonia con cui produce ed espone questo artista riservato e silenzioso, allergico a interviste e a feste da jet set. La coda interminabile su boulevard Raspail la dice lunga sull’attesa del pubblico verso eventi come questo.

Una delle opere nuove si intitola Woman with shopping. Raffigura una donna avvolta in un cappotto che regge due sacchetti arancioni della spesa. Dall’apertura del cappotto di lana grigia spessa, spunta la testolina di un neonato. Probabilmente è retto da un marsupio, nascosto sotto il soprabito. La madre è una donna sulla quarantina. I capelli marroni sono raccolti in una coda. Veste un paio di jeans col risvolto appena sopra le caviglie. Guarda di fronte a sé, con lo sguardo perso. Il bimbo la guarda con la bocca aperta. Il volto di lei tradisce il peso delle borse della spesa. Dov’è il padre del bambino? Si dirige verso un’auto? Dovrà salire le scale o potrà usare l’ascensore?

In Young Couple lei è una ragazza in canottiera a strisce orizzontali, jeans al ginocchio e infradito rosa. Lui le è accanto, appoggia il petto alla spalla destra di lei. China leggermente la testa guardandola. Tiene una mano in tasca. Avranno sì e no quattordici anni. Lei ha lo sguardo distratto. Lui appare più preoccupato. Lei sembra più matura della sua età, lui è ancora un ragazzino. Che cosa è successo? Cosa si sono appena detti? Cosa si stanno per dire? Andrà tutto bene?



A differenza delle prime due opere, che sono alte poco meno di mezzo metro, Couple under an Umbrella ha dimensioni monumentali. Sotto un ombrellone colorato si riparano una coppia di anziani vestiti da spiaggia. Un costume blu scuro per lei, un paio di bermuda a scacchi per lui. L’uomo appoggia la testa sulle gambe distese di lei. Lei lo guarda con tenerezza. Lui si porta un braccio sulla fronte. Non guarda nulla per riposare lo sguardo. Con l’altra mano le tiene il braccio, in un gesto di abbandono. Lei, da seduta, è alta più di due metri. Su che spiaggia si trovano? È affollata? E lui? Pensa al passato o al futuro?

Mueck proviene dal mondo della televisione e del cinema. La sua specializzazione erano gli effetti speciali. Poi un giorno del 1997, il mondo vide alla Royal Academy di Londra, nella ormai mitica mostra Sensation, il suo Dead Dad. Era il cadavere nudo di un uomo riprodotto nei minimi particolari ma in scala 1/2. L’opera conquistò soprattutto Charles Saatchi, magnate della pubblicità e collezionista supporter degli YBA (Young British Artists, tra cui Damien Hirst, Marc Quinn, Tracey Emin e i fratelli Chapman), e portò al successo Mueck che negli anni successivi espose, tra l’altro, al British Museum e alla National Gallery.

Il tema quasi esclusivo della sua ricerca è la figura umana. Per descriverne il lavoro è difficile non usare la parola “iperrealismo”. Tutti la usano, ma forse sarebbe meglio non farlo. Con artisti come Duane Hanson, Mueck ha in comune l’ossessione per la cura dei particolari. La precisione delle anatomie è impressionante. Eppure, a differenza dei grandi iperrealisti, l’artista australiano fugge come la peste l’effetto illusionistico. Questo significa che, davanti a una sua opera, non si avrà mai l’impressione di trovarci di fronte a una persona vera. Le sculture, infatti, non sono mai a grandezza naturale. Sono o “troppo” grandi o “troppo” piccole. Gli uomini, le donne e i bambini di Mueck esistono non per mostrarci come sia possibile riprodurre con fedeltà la realtà. Essi sono appena nati, appena morti, appena innamorati, innamorati da una vita, sono in transito, trasportano un fardello più grande di loro. I protagonisti del suo mondo sono fotografati in attimi intimi, di riflessione o distrazione. Mueck riesce a sottrarre alla sua rappresentazione ogni flessione di sentimentalismo, pur riuscendo a non cadere - come spesso fanno gli iperrealisti - in un cinismo soffocante. La nascita, la morte, la maternità, l’amore. Tutti i grandi temi della storia dell’arte sono affrontati di petto, senza complessi o timori reverenziali. Ma c’è anche il grande tema del corpo e della sua raffigurazione. Un buco nero della vicenda dell’arte del Novecento. Mueck trova la sua strada: una salita tortuosa e accidentata per chiunque altro. Ma non per lui, che come un ciclista sui tornanti di una tappa di montagna, si alza sui pedali e stacca tutti.